Politica

L’agenda Becchetti una piattaforma per un dialogo riformista tra partiti diversi

Ho letto con immediata simpatia, nel senso etimologico del termine, il Manifesto promosso dal Next Nuova Economia e dal professor Becchetti. A partire dalla centralità della società civile e della sussidiarietà che come dimostra l'Intergruppo ad essa dedicata ha reso evidente nella collaborazione tra esponenti di diversi partiti come sia un errore considerare che i riformisti stiano da una parte sola

di Antonio Palmieri

Per storia e cultura personale, la parola sussidiarietà evoca in me sensazioni positive. Non a caso sono stato tra i primi aderenti all'intergruppo parlamentare per la sussidiarietà.

Lo stesso dicasi per il desiderio di costruire "un rapporto migliore tra cittadini e politica". È parte del mio agire quotidiano, anche tramite l'attività nei social, che non sono solamente una giungla popolata da "impavidi" leoni da tastiera, ma luogo di ascolto e di costruzione di un rapporto positivo tra elettori ed eletti.

Per questi motivi ho letto con immediata simpatia, nel senso etimologico del termine, il Manifesto promosso dal Next Nuova Economia e dal professor Becchetti.

Vi hanno aderito diverse persone che non esito a definire amici, con le quali spesso ci siamo confrontati sui temi indicati nel testo. Con alcuni di loro, Bobba, Patriarca, Preziosi, abbiamo anche condiviso l'esperienza parlamentare. Loro nel PD, io in Forza Italia, eppure uniti da un comune sentire sui temi proposti dalla "agenda Becchetti". Questo mostra che sarebbe un errore considerare che i riformisti stiano da una parte sola. Nei suoi anni di governo, la mia forza politica ha realizzato leggi come il 5×1000 o la "più dai, meno versi", oppure la prima legge sull'impresa sociale o anche leggi regionali a favore della libertà di educazione (quelle nazionali furono bocciate dalla Consulta per i ricorsi delle regioni rosse) o l'introduzione prima e ora la riforma degli ITS.

Tornando all'oggi, gli obiettivi del Manifesto sono assolutamente condivisibili. Lo è quello di base, mobilitare nel segno della sussidiarietà quella "società civile che è la spina dorsale di questo paese ed ogni giorno affronta la sfida di creare valore e valori". Lo sono gli obiettivi specifici declinati nel testo, perché puntano a costruire una società a misura di essere umano, dove ciascuno può essere protagonista della propria vita all'interno di un tessuto di realtà in azione e dove le istituzioni svolgono il ruolo di favorire questo protagonismo generativo.

In questa prospettiva, però, nel Manifesto manca un punto fondamentale. La società liquida produce non solo elettori "liquidi" e disamorati della politica, ma anche il tentativo di minoranze organizzate e forti mediaticamente di imporre una visione di uomo come individuo slegato da ogni relazione, teso solo ad affermare se stesso e i propri “diritti”, che devono essere riconosciuti per legge. Proposte come la legge Zan o il suicidio assistito o la cannabis libera vanno in questa direzione. Tutto questo è contro la sussidiarietà, che si fonda invece sull'idea di uomo come essere in relazione e che nella relazione con gli altri trova la propria piena e feconda realizzazione. Non per nulla, questa visione di uomo si accompagna alla richiesta di un forte ruolo dello stato nell’economia e nel welfare: la totemizzazione del reddito di cittadinanza come unica forma di risposta alle povertà materiali ed educative ne è la spia più evidente.

Ci sarebbe ancora molto da dire, ma, in conclusione, ben venga la mobilitazione messa in moto dal Manifesto. A tal proposito, credo che la campagna elettorale possa essere un utile "primo tempo".

La prospettiva indicata nel Manifesto si giocherà compiutamente non solo nel fare scelte oculate al momento del voto, ma anche nella capacità di stabilire un rapporto forte e autentico con il governo che verrà. Qui si parrà la nobilitate dei promotori e dei politici.

*deputato di Forza Italia

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