Welfare
L’Africa in Italia, al di là dei miti
Presentato oggi il dossier della Caritas
“I rifugiati e i profughi dall’Africa arrivano in Europa”. Falso: la maggior parte degli sfollati restano all’interno del continente africano. “Molti africani sbarcano sulle coste italiane”. Falso: in Italia un milione di africani sono registrati e gli sbarchi sulle coste sono una piccola percentuale rispetto alle persone che arrivano attraverso canali regolari. Dati contro miti. Il rapporto Caritas “Africa-Italia. Scenari migratori” contiene una miniera di informazioni utili a disegnare in modo corretto la presenza degli immigrati in Italia. La ricerca, condotta dall’equipe del “Dossier statistico Immigrazione” esamina il fenomeno, traccia gli scenari futuri e propone percorsi di integrazione. «Il rapporto ha un duplice focus» spiega Maria Paola Nanni, ricercatrice che ha contribuito alla realizzazione del volume. «Siamo andati in Africa per osservare il flusso migratorio là dove parte e lo abbiamo studiato insieme a ricercatori africani durante una serie di seminari che si sono tenuti quest’anno a Capo Verde. Poi abbiamo esaminato la presenza africana in Italia e in Europa».
Qualche scenario futuro: secondo le statistiche Onu nel 2050 gli abitanti dell’Africa raggiungeranno quota 2 miliardi, mentre la popolazione europea rappresenterà solo il 7% della popolazione mondiale e per un terzo sarà composta da anziani. Gli africani invece saranno in gran parte giovani. «Già oggi l’età media degli africani è di 18 anni, mentre quella degli europei è di 43» afferma la ricercatrice Caritas.
Le migrazioni degli africani verso l’Europa sono inevitabilmente destinate ad aumentare, ma anche qui il rapporto sfata un mito: oggi le migrazioni più rilevanti rimangono interne al continente africano. Il Sudafrica da solo quest’anno ha accolto 200mila richiedenti asilo, nel 2008 le richieste accolte dall’Italia sono state 17.600. La maggior parte dei profughi e sfollati a causa di guerre e persecuzioni si spostano quindi da un Paese all’altro dell’Africa per il semplice fatto che non hanno abbastanza risorse per andare altrove.
Il rapporto evidenzia come la crisi economica in Italia abbia colpito in modo rilevante gli immigrati africani che, più di altri, sono inseriti nel mondo dell’industria (41,7% dei casi). «Essendo il permesso di soggiorno legato all’impiego, la crisi ha ricacciato nell’irregolarità molte persone che non sono riuscite nell’arco dei sei mesi previsti dalla legge a trovare un’altra occupazione regolare» afferma Nanni. «E viste le ultime normative, da lavoratori regolari si sono ritrovati addosso il reato di clandestinità».
Per quanto concerne il mondo del lavoro, una novità contenuta nel rapporto è che gli immigrati – non solo africani – iniziano ad essere ben rappresentati anche nel settore cooperativo, «un modello organizzativo che attira per i suoi valori di uguaglianza, solidarietà e partecipazione» si legge nel rapporto. «La presenza è maggiore nelle cooperative sociali e in quelle di servizio, sia come dipendenti che come soci. Nella Lega Coop Lombardia, ad esempio, vi sono 7.200 stranieri tra soci e non soci, specialmente nelle cooperative di facchinaggio, di trasporti, di servizi alle persone e in edilizia. Manuntecoop, azienda leader nel suo settore, ha considerato la diversità come un fattore competitivo e annovera 8.700 dipendenti, dei quali 1.600 non comunitari di 65 diverse nazionalità, nel 90% dei casi donne. Non mancano i primi esempi di coinvolgimento dei Paesi di origine, come quello di Ghanacoop, che ha creato occupazione anche nel Paese africano, favorendone la commercializzazione dei prodotti».
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