Alessandria d?Egitto a rischio estinzione
L?ambiente africano necessita di forte intervento di cooperazione integrata. Perché? Basta qualche dato. Le coste della Guinea, del Senegal, dell?Egitto (Alessandria sarebbe destinata a scomparire), l?Africa orientale e le isole dell?Oceano Indiano, sono a rischio a causa della crescita del livello del mare. Con trend costanti, le acque finiranno per sommergere il 70% delle Seychelles.
Al di là della crescita del livello degli oceani dovuta al surriscaldamento terrestre, l?inquinamento marino sta devastando l?ecosistema delle coste. Si calcola che almeno il 38% sia attualmente a serio rischio. L?aumento enorme di porti e insediamenti costieri sta avviando a distruzione miracoli della natura, quali le foreste acquatiche di mangrovie e le barriere coralline. 126 specie animali sono ormai ufficialmente estinte, 2.018 seriamente minacciate, oltre 120 tipi di piante sono scomparse per sempre, 1.771 minacciate. La foresta della Costa d?Avorio è passata, in un secolo, da 16 milioni di ettari a meno di 3 milioni.
Pesce africano, pesca europea
Come la mettiamo con la pesca? La costa africana dell?Ovest è una tra le più pescose del mondo. Eppure gli africani non la sfruttano. Le navi europee, giapponesi e russe, invece, fanno a gara per riuscire ad avere una concessione. La competizione non esiste. Troppo poveri i mezzi dei senegalesi, per esempio, per competere con le flotte europee. Occorre, dunque, che l?Europa riduca il numero delle concessioni ittiche. Ma non è solo una questione di concorrenza economica. Molti pesci, che appartengono alla tradizione alimentare del Senegal, non si trovano più nei mercati di Dakar, mentre in quelli europei sovrabbondano.
L?Africa soffre della sindrome della baguette: se un europeo va in una panetteria per comprare il pane, chi lo vende gli dice il prezzo che deve pagare. In Africa, invece, è chi acquista che determina il prezzo. È l?Europa che determina il prezzo del pesce africano. E ciò vale per qualsiasi risorsa: diamanti, oro, petrolio, legno. Ciò che bisogna fare è ripristinare il giusto rapporto fra domanda e offerta e gli africani, in questo, devono diventare protagonisti nella gestione delle proprie risorse.
Nella grande jungla dell?urbanizzazione
Non parliamo, poi, dell?urbanizzazione. In Africa si regista l?urbanizzazione più selvaggia del mondo. E le strade sono invase da macchine vecchissime, che usano benzina ?sporca?. Il loro numero in Uganda e nell?Africa orientale si è quadruplicato negli ultimi 30 anni, e si calcola che tra motori vecchi e asfittici, e benzina quasi per nulla raffinata, tali vetture inquinino venti volte di più di quelle nuove. Del resto, basta un giro nel centro della città, da Nairobi a Kinshasa, da Maputo ad Antananarivo, per rendersi conto che l?aria è quasi irrespirabile e satura dei gas di scarico. E i problemi sanitari crescono a dismisura.
Tutto ciò è sufficiente? Per capire il problema, sì. E questo è un primo passo per tentare soluzioni innovative che vadano proprio nel senso della cooperazione integrata, business e non profit, multinazionali e ong. Insieme per sradicare la povertà e per eliminare la corruzione. Un?idea bizzarra? Forse. Ma il dramma africano non consente deroghe.
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