Politica
L’affluenza ha sfiorato il 70%
Lo ha detto il governatore di Herat. Per la Commissione indipendente sono il 58% gli afghani che hanno votato
di Redazione
L’affluenza alle elezioni presidenziali e provinciali in Afghanistan potrebbe toccare il 60 o 70 per cento. In mancanza di dati certi, è questa la stima del governatore della provincia di Herat, Ahmed Yusuf Nuristani, che ha incontrato diversi capi dei distretti della provincia. “Mi hanno riferito di una popolazione molto entusiasta e di una buona partecipazione – ha detto Nuristani – Oggi è davvero un bel giorno per l’Afghanistan”.
Nonostante le notizie di alcuni seggi chiusi per motivi di sicurezza, il governatore di Herat ribadisce spesso ai giornalisti che ai seggi “c’era una grande folla, anche molte donne”. Nuristani, mostrando il suo indice macchiato di inchiostro nero a testimonianza dell’avvenuta partecipazione al voto, non si sbilancia con previsioni
sul possibile vincitore delle presidenziali. “Spero che oggi ci sarà un vincitore e mi auguro che non si andrà a un secondo turno – ha affermato – Sicuramente ci saranno dei cambiamenti, i cambiamenti sono tutti positivi. Ci sarà un nuovo regime – ha detto – un nuovo governo che avrà molte cose da fare”.
Nuristani ha sottolineato, però, che con le sue affermazioni non intende sostenere che il presidente uscente Hamid Karzai non centrerà l’obiettivo di un secondo mandato. “Chiunque vincerà – ha commentato – sarà colui che sarà stato scelto dalla popolazione afghana e noi rispetteremo la volontà della popolazione”. In merito quindi ai rapporti con gli italiani che detengono il comando del Regional Command West con sede a Herat, Nuristani ha parlato di una “buona cooperazione” e ha chiesto ai soldati italiani di “continuare sulla linea seguita finora”.
La commissione indipendente: voto al 58%. Secondo una fonte della Commissione elettorale indipendente (Cei), rimasta volutamente anonima e citata dall’agenzia Xinhuà non più di 10 dei 17 milioni di afghani (58 per cento) che rappresentano l’elettorato potenziale si sono recati alle urne e che in ogni caso l’affluenza nelle città è stata minore rispetto a quella delle elezioni presidenziali del 2004. La Cei ha reso noto, inoltre, che in quasi il 95 per cento dei 6.519 seggi sparsi su tutto il Paese non si sono registrati episodi di violenza e le operazioni si sono svolte regolarmente. La Commissione ha poi specificato che lo spoglio dei voti inizierà successivamente alla chiusura delle urne. I primi risultati si conosceranno entro sabato, mentre per quelli definitivi bisognerà attendere il 17 settembre.
La gente non ha avtuto paura. Secondo il generale Ekramuddin Yawar, comandante della polizia dell’Afghanistan occidentale, tuttavia, nei 39 distretti del Regional Command West, sotto comando italiano, “non ci sono stati grandi problemi, grazie al coordinamento tra l’Isaf e le forze afghane”«La gente è andata a votare – ha proseguito – e non ha paura”. Problemi, tuttavia, si sono registrati nel distretto di Bala Murghab, dove sono stati aperti solo otto seggi su 33, in quello di Ghzarah, dove su una trentina di siti elettorali ne sono stati aperti i due terzi, e nel distretto di Bala Baluch, dove i seggi aperti sono 16 su 30. Dal generale Yawar è arrivato anche un “grazie” al generale Rosario Castellano, comandante di RC West e della Brigata Folgore, per il supporto fornito alle forze afghane per il trasporto con elicotteri di materiale per le elezioni in un distretto di Farah. Così è stato risolto un problema della popolazione afghana”, ha spiegato il comandante della polizia dell’Afghanistan occidentale.
Gli elicotteri di RC West sono serviti anche per il trasporto del governatore di Herat, Ahmed Yusuf Nuristani, e di altri governatori delle province afghane che hanno voluto recarsi di persona in alcuni seggi lontani dai centri cittadini. Oggi, in occasione delle elezioni, i responsabili delle forze afghane, esercito, polizia e polizia di frontiera, e i comandanti dell’Isaf si sono riuniti in una sala operativa per il coordinamento delle operazioni.
Urne aperte. Tra le minacce dei Talebani di seminare sangue e morte con 20 kamikaze disseminati in tutto il Paese, si sono aperte questa mattina alle 7 ora locale le urne in Afghanistan. Circa 17 milioni di elettori sono chiamati ai seggi per le elezioni provinciali e presidenziali. Per monitorare il voto sono stati dispiegati circa 270mila osservatori, tra cui duemila stranieri, mentre gli oltre 60mila della Nato sono in stato di massima allerta. Data l’affluenza si voterà fino alle 14.30 ore italiana.
22 attacchi nela zona controllata dagli italiani. Nelle ultime ore almeno 22 attacchi e scontri a fuoco di varia entità si sono registrati nella zona del Regional Command West, nella parte occidentale dell’Afghanistan, dove sono dispiegati circa 2.500 soldati italiani. Nella notte prima del voto odierno per le presidenziali e le provinciali si sono registrati almeno sette attacchi, che si aggiungono ai 15 di oggi. Nella notte, ha spiegato il generale Ekramuddin Yawar, comandante della polizia dell’Afghanistan occidentale, nel distretto di Muqur è rimasto ferito un soldato dell’esercito afghano, mentre in quello di Qadis, durante uno scontro “sono stati feriti due capi degli insorti”. Oggi invece, ha proseguito il generale, “gli insorti hanno lanciato razzi contro i soldati afghani e italiani”, che hanno risposto al fuoco e abbandonato la zona. Successivamente, però, in mezzo delle truppe afghane “è saltato su una mina – ha precisato il comandante – e tre soldati afghani sono rimasti feriti”. Negli episodi odierni, nessun soldato dell’Isaf è rimasto ferito, mentre si registrano feriti tra le forze afghane.
Primi scontri. E’ già battaglia tra i miliziani talebani e le forze di sicurezza afghane nel nord dell’Afghanistan. Gli scontri sono in corso a Baghlan, dove i talebani cercano di impedire che i seggi aprano e le operazioni possano procedere. “I terroristi attaccano da diversi fronti. La battaglia e’ in corso da questa mattina. Ne abbiamo uccisi ventidue. Per il momento si sono ritirati”, ha detto all’AFP il capo della polizia della provincia, Mohammad Kabir. Secondo l’agenzia di stampa afghana Pajhwok la situazione e’ difficile anche a Wardak: i talebani avrebbero chiuso le strade che dai distretti di Chak e Jaghato conducono a Maidan. A Kharwar, invece, i seggi sono stati riaperti dopo scontri con i miliziani. A Paktia, nell’Afghanistan sudorientale, trenta seggi sono rimasti chiusi: presidenti e scrutatori si sono rifiutati di aprirli nel timore di una ritorsione talebana. Una decina di seggi e’ rimasta chiusa anche nelle province di Kunar e Nuristan.
Qui Herat. Donne entrano ed escono da un seggio in una scuola. Uomini in coda all’ingresso di un sito elettorale. A Herat, nell’Afghanistan occidentale, le operazioni di voto sono iniziate alle 7 ora locale e procedono, per ora, regolarmente. Nella seconda città dell’Afghanistan per sviluppo sociale ed economico, i seggi sono tutti aperti e la popolazione riempie le strade come ogni giorno, con le donne nascoste sotto i burqa celesti, che camminano a fianco a manifesti elettorali con le candidate alle presidenziali e alle provinciali che si sono fatte fotografare a volto scoperto. Nell’area del Regional Command West, dove sono dispiegati circa 2.500 soldati italiani, sono 84 i seggi non aperti per motivi di sicurezza, dieci dei quali nella provincia di Herat, il 10% del totale dei siti elettorali della provincia. Il colonnello Michele Brandonisio, comandante del Prt, il team di ricostruzione provinciale italiano di Herat, assicura che nella sua area di competenza, il voto si sta svolgendo senza incidenti. Dall’inizio della giornata, la polizia afghana pattuglia le strade e nel cielo vola qualche aquilone, sono passati otto anni dalla caduta del regime dei talebani. Oggi le scuole sono chiuse per le elezioni e i piccoli afghani riempiono le strade della città, dove si vota anche in moschee ed edifici governativi.
I candidati. Per quanto riguarda le elezioni presidenziali, le seconde nella storia del Paese, il favorito resta Hamid Karzai, che però potrebbe essere costretto al ballottaggio dall’ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah. Tra gli sfidanti anche l’ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani e l’ex ministro della Pianificazione Ramazan Bashardost. I circa 6.500 seggi dovrebbero chiudersi alle 16 ora locale, le 13,30 in Italia, e i primi risultati dovrebbero conoscersi non prima delle prossime 48 ore. Se nessuno dei candidati dovesse ottenere il 50% dei voti – negli ultimi sondaggi Karzai veniva dato intorno al 44% – il ballottaggio potrebbe tenersi nella prima settimana di ottobre.
Karzai al voto. Hamid Karzai si è presentato al suo seggio in una scuola superiore di Kabul alle sette in punto, all’apertura delle urne, e da lì ha rinnovato l’appello agli elettori perchè vadano a votare. Dopo aver mostrato alle telecamere l’indice sporco di inchiostro indelebile – utilizzato ai seggi per impedire alla gente di votare due volte – il presidente afghano, che era accompagnato dalla moglie, ha detto: «Chiedo che il popolo afghano esca di casa e vada a votare, il loro sarà un voto per un Afghanistan più sicuro e più pacifico. Votate no alla violenza».
Proteste. Le elezioni sono state invece definite «una farsa» da uno dei candidati, l’ex ministro della Pianificazione Ramazan Bashardost, accreditato intorno al 10% delle preferenze, che ha denunciato come l’inchiostro usato ai seggi per impedire brogli sia tutt’altro che indelebile. «Fermate immediatemente queste elezioni», ha detto, rivolto alle autorità, «queste non sono elezioni, sono una commedia».
Affluenza. Intanto, fonti ai seggi nel sud dell’Afghanistan – dove più forte è l’insorgenza talebana – fanno sapere che l’affluenza alle urne è molto bassa, circostanza negativa per Karzai, originario di Kandahar, e che potrebbe favorire l’unico candidato in grado di arrivare al ballottaggio, Abdullah Abdullah, molto più radicato al nord. «Questo è il giorno del cambiamento, il giorno della speranza», ha detto l’ex ministro degli Esteri.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.