Famiglia

L’affido e i buchi di mio figlio

Il racconto di una mamma affidataria: «Mio figlio è arrivato da noi che aveva 6 anni. Ma io so quello che ha vissuto prima. E allora mi faccio e vi faccio delle domande»

di Angela Diamante

Per chiunque sia interessato/a invito a leggere un momento di quello che fu il personale “buco” di mio figlio maggiore. I “buchi” sono gironi dell’inferno fisici e dell’anima per molti, troppi minori in Italia ma anche nel mondo, sono milioni. In Italia i servizi sociali e i Tribunali dei minori sono in prima linea in una lotta impari per i minori vittime di raccapriccianti abusi.

C’è stato mio figlio, suo fratello, ma potrei raccontare altre mille storie quella del “bambino delle cinghiate”, una bimba che se voleva mangiare doveva rubarlo il cibo necessario alla sua sopravvivenza e che difendeva il suo tesoretto con le unghie e con i denti, un bambino che prima dei 6 anni era già in comunità per abusi sessuali avvenuti in famiglia bio, c’è stata Luna che è nata disabile (ritardo cognitivo grave) perché sua madre quando era incinta usò e abusò di droghe e alcool. Sono tutti abusi illeciti da parte degli addetti ai lavori in tutta Italia? Sono tutte menzogne? Sono tutti casi limite? A ciascuno l’arduo giudizio.

UNO SGABELLO SI FRANTUMA

Mio figlio ha meno di 6 anni e vive in un appartamento terrorizzato dal compagno di sua madre che non è il padre bio. L’essere (non si può definirlo uomo) è drogato, alcolizzato e violento. E’ dedito ai più illeciti traffici, uno su tutti lo spaccio di droga. E’ un criminale incallito che le forze dell’ordine della città ben conoscono. Mio figlio assiste quotidianamente a scene di violenza domestica su sua madre che di solito si concludono con lei che stramazza al suolo nel sangue per le percosse. Ogni tanto la polizia fa capolino sulla porta di casa, ma purtroppo nulla di più e mio figlio è ormai schiacciato nel suo “buco” di terrore e orrore che sono da sempre il suo pane quotidiano. La quotidianità di mio figlio è fatta di occhi pesti, lividi, dita rotte e lesioni di vario tipo perpetrate dall’infame sulla persona che mio figlio ha di più cara e preziosa al mondo, cioè sua madre. Nell’appartamento c’è sempre un via vai di persone, una girandola vorticosa di individui che non si arresta mai e ci sono anche altri piccolini, ma anch’essi vivono in altrettanti “buchi” una vita interrotta costretti a piegarsi alla volontà di una Medusa il cui sguardo micidiale impietrisce, istantaneamente, il germogliare alla vita di ogni creatura infantile che abbia il malaugurato destino di trovarsi in quell’appartamento d’infinite pene, governato dall’oscuro signore e padrone il cui giudizio è inappellabile. In uno dei quei tremendi giorni mio figlio prende coraggio e afferrando un polpaccio dell’oscuro signore lo implora di avere pietà per la madre e almeno per quel dì risparmiarle i colpi. L’infame, sorridendogli, lo rassicura che sua madre, almeno per quel giorno, sarà salva e l’innocente crede ciecamente alla menzogna indegnamente propinatagli, ma poi l’infame afferra uno sgabello e lo frantuma sulla madre di mio figlio.

Mio figlio alla visione di sua madre stramazzata a terra, in un tonfo assordante, temendo il peggio per lei, sviene per poi riaversi falcidiato dal dolore. Un ricordo sempre vivido che tormenterà negli anni avvenire le notti di mio figlio che si portò con lui in affido il suo “buco”, urlando nel cuore di tante notti con pianti disperati la sua rabbia. Ingaggerà con i suoi ricordi anche una battaglia fisica, alla ricerca della calda e rassicurante luce che gli fu crudelmente negata nei primi anni dell’infanzia. In quelle tormentate notti io e il mio compagno fummo risucchiati nel “buco” nella battaglia per cercare uscire dal “buco”.

Mio figlio non ha conosciuto alcun perdono per l’infame compagno di sua madre, non ci può essere alcun perdono anche per averlo costretto ad assistere a rapporti sessuali completi. Sulla psiche di mio figlio che al suo arrivo da noi appena compì 6 anni che sapeva tutto sul sesso, ebbe una portata devastante. Ci volle tempo e pazienza per uscire definitamente tutti dal “buco”. Solo l’affido fu la sua unica e più vera opportunità di rinascita. I vincoli della violenza, qualsiasi essi siano debbono essere sempre recisi, per impedire che il male brutale si tramandi da una generazione all’altra, perciò vale sempre la pena d’ipotecare una vita per la salvezza di un’altra vita tramite l’affido familiare.


*mamma affidataria dal 2005

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