Non profit
Lady Alaska, l’outsider
Sarah Palin, vice di McCain e repubblicana controcorrente
di Redazione
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Sarah Palin è più giovane, è telegenica, ha un indice di gradimento vicino al 90%, parla il linguaggio della classe media, e può intercettare i voti delle clintoniane. La scelta repubblicana della vice McCain ha reso dunque la campagna elettorale più competitiva e, soprattutto, ha indotto entrambi i candidati a rivedere strategie, slogan e linguaggi.
Obama ormai non vanta più il monopolio dello slogan «Il coraggio di cambiare». Il candidato democratico ha scelto come vice uno dei più assodati insider di Washington, Joe Biden; il vecchio McCain, invece, ha messo in campo un’outsider. D’altro canto lo stesso McCain non può più sostenere che il tallone d’Achille di Obama sia la sua giovane età e l’inesperienza in politica estera; Sarah Palin non ha nessuna credibilità in materia.
Obama e la Palin hanno però dato una decisiva svolta all’elitarismo della politica Usa. Non appartengono all’establishment classico e lobbistico di Washington e non portano avanti l’eredità politica delle dinasty americane quali le famiglie Bush, Kennedy e Rommey. Obama e la Palin provengono da tipiche famiglie working class americane e molti self made americans si riconoscono nel loro percorso umano e professionale. Con la scelta di Sarah Palin non è il voto delle donne ma il voto a una donna che potrebbe cambiare l’esito delle elezioni. In base a un sondaggio della Cbs news, circa il 22 % dei sostenitori di Hilary è propenso a considerare la possibilità di un voto ai repubblicani.
Mentre l’Obamamania ha cambiato le percezioni degli europei, degli arabi, dei latini e degli asiatici nei confronti della responsabilità e della potenzialità del potere e della leadership americana nel mondo, la Palin contribuisce a mutare le percezioni nei confronti del partito repubblicano. La numero due di McCain ha la reputazione di anteporre gli interessi della gente alle ambizioni del suo partito. Non solo ha fatto dimettere il segretario del partito repubblicano in Alaska, Randy Ruedrich, coinvolto in illeciti e conflitti di interessi, ma ha adottato una posizione non del tutto ambientalista, ma almeno non succube, nei confronti delle compagnie petrolifere. La “Palinomics” non rinnega i metodi classici del drilling off shore come strategia principale per diminuire la dipendenza energetica dal Medio Oriente, tuttavia, secondo un’analisi della Cnn, a differenza degli altri amministratori repubblicani, la pasionaria dell’Alaska sarebbe decisamente più attenta al portafoglio dei cittadini piuttosto che ai ricavi privati delle compagnie petrolifere.
Tanto è vero che come governatrice non solo ha cancellato gli sconti fiscali che il precedente governatore dell’Alaska, il repubblicano Frank Murkowski, aveva concesso ai soliti noti come la ExxonMobil, la BP e la ConocoPhillips, ma ha anche aumentato le tasse sui loro profitti. E ancora, pochi giorni prima dell’investitura la Palin ha varato una legge che assegna 1.200 dollari a ogni residente dell’Alaska per compensare l’aumento della benzina alla pompa.
Ma è proprio la “Palinretoric” che dimostra come l’imprinting un po’ doppiogiochista della politica americana sia difficile da diluire: la Palin dice sì al trivellamento per trovare nuovo petrolio, ma sostiene che bisogna farlo in modo ecologico; difende il diritto della vita e contemporaneamente è a favore della pena di morte.
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