Welfare

L’adozione internazionale spiegata dai bambini

Una buona preparazione all'adozione è fondamentale non solo per i futuri genitori ma anche per il bambino. Arai ha realizzato un ebook in cui sono i bambini burkinabé già adottati in Italia a spiegare l'adozione a Moїse, che ha la pelle color cioccolato ed è in attesa dei suoi genitori. "Da bambino a bambino" è uno strumento in tre lingue, utilizzabile anche in famiglia

di Sara De Carli

Raccontare una storia, si sa, è il modo per insegnare ai bambini, per prendere familiarità con la vita e con il mondo. Raccontare la storia di Moїse è un modo per aiutare i bambini che stanno per essere adottati a capire ciò che li attende, a prendere familiarità con i cambiamenti in arrivo e soprattutto con le emozioni che vivranno. Moїse è il protagonista dell’ebook “Da bambino a bambino”, frutto di un progetto di ARAI, il servizio pubblico per le adozioni internazionali della Regione Piemonte. Moїse è un bambino africano, con la pelle color cioccolato, e sta per essere adottato da una famiglia bianca: come spiegargli cos’è l’adozione? Come fargli comprendere la complessità di un cambiamento così radicale e definitivo? Come spiegargli cosa sono una mamma e un papà? Che andrà a vivere altrove, per sempre? «Per spiegare l’adozione, abbiamo pensato di ricorrere alle parole di quei bambini che l’hanno già vissuta sulla propria pelle», afferma Marta Casonato, psicologa esperta di adozioni, che insieme a Chiara Avataneo ha coordinato il progetto: «Abbiamo finalmente trovato un modo per farlo “a misura di bambino”».

Sono stati proprio i bambini adottati a dare il canovaccio per storia di Moїse, e i pupazzetti animati hanno i nomi e le sembianze dei bambini in carne ed ossa adottati in Burkina Faso da famiglie italiane. I loro consigli a Moїse e a tutti gli altri bambini che stanno per vivere l’esperienza che loro hanno già vissuto, è raccontata in questo e-book illustrato e interattivo, con l’audio in tre lingue (italiano, francese e morè, il dialetto dell’etnia Mossi, la principale del Burkina Faso), che permette al bambino/lettore di diventare parte attiva della storia. «Abbiamo pensato questo progetto per i bambini in attesa, ma ben presto ci siamo rese conto che sarebbe stato utile anche per tutti quei bimbi già adottati che devono ricostruire i pezzi della propria storia. E per i genitori, gli insegnanti e professionisti che li accompagnano» spiega Anna Maria Colella, direttore dell’ARAI, che tanto ha voluto questo progetto. «Stiamo lavorando per presentare il progetto in Burkina Faso, fornendo la formazione e l’attrezzatura necessaria. Speriamo di poterlo estendere anche a molti altri Paesi, aggiungendo nuove lingue».

L’e-book è edito da Edizioni Piuma su testo e illustrazioni di Benedetta Frezzotti, è scaricabile gratuitamente dal sito di ARAI su smartphone tablet e conta 10 capitoli, uno per ogni fase del percorso adottivo: dalla notizia dell’adozione fino alla nostalgia di Moїse per il luogo in cui è nato e le persone che lo hanno accompagnato, passando per l’incontro con mamma e papà, per il volo in aereo, per l’inizio della scuola… Ogni passaggio è descritto nel suo “che cosa accade” ma soprattutto nelle emozioni e negli interrogativi che suscita «perché oltre a sapere cosa sta per accadere, il bambino deve anche essere rassicurato rispetto a ciò che pensa e a ciò che prova», sottolinea ancora Casonato. Il progetto, realizzato in collaborazione con l’Università di Torino, è stato finanziato da Fondazione CRT. Ecco l’intervista a Marta Casonato.

Nei paesi occidentali si lavora molto sul preparare le coppie all’adozione, ma altrettante energie andrebbero impiegate nella preparazione dei bambini. Lo si fa?
Non abbastanza e forse non ancora con le modalità migliori. I tempi di attesa dell’adozione internazionale possono essere anche molto lunghi e c’è la necessità di accompagnare il bambino: da quando vede foto dei genitori alla partenza per un altro Paese passa un tempo molto lungo, che per il bambino è un tempo vuoto ma insieme pieno di emozioni e di domande a cui non sa dare risposta. Se questo tempo non è accompagnato, il rischio è che il bambino perda fiducia rispetto al progetto famiglia e resti in balia delle sue emozioni e delle domane senza risposta.

Quali sono al contrario gli effetti benefici che una buona preparazione all’incontro può avere per l’esito dell’adozione e per il futuro della nuova famiglia?
Il primo è che se il bambino è preparato a ciò che accadrà, affronta l’incontro con i genitori con meno paure e resistenze, avendo già un atteggiamento di fiducia. Sarà meno spaventato rispetto all’ignoto se conoscerà qualcosa della vita che farà, della nuova quotidianità che lo attende. Nell’adozione internazionale lo sradicamento culturale in parte rimane sempre, preparare il bambino all’adozione significa rendere lo sradicamento meno traumatico e meno elementi traumatici ci sono, più si promuovono i fattori di protezione e più probabilità c’è che esito dell’adozione sia positivo.

A volte si legge, nelle storie di adozione, di famiglie e bambini che pensavano di andare all’estero per studiare e poi tornare, non certo per sempre…
Nella nostra esperienza di Arai questa comunicazione chiara sul “per sempre” c’è sempre stata, non abbiamo mai lavorato con operatori che la omettono. Certo il “per sempre” è un concetto difficile da comprendere per un bambino. Noi abbiamo cercato di lavorare molto su questo “per sempre” e abbiamo proprio chiesto ai bambini già adottati come avremmo dovuto spiegarlo. La proposta che ci hanno fatto è di dire che i loro genitori saranno lì con loro anche quando loro saranno diventati adulti.

Chi sono questi bambini? Chi ha ispirato la storia di Moїse?
Abbiamo contattato una dozzina di famiglie che hanno adottato in Burkina Faso con Arai, coinvolgendo i bambini. Siamo partiti dal Burkina perché è l’unico Paese africano con cui Arai lavora e per iniziare abbiamo pensato che parlare di Asia o di Sud America voleva dire introdurre molte complessità in più nelle storie dei bambini, le fratrie, i maltrattamenti, gli abusi oppure i bambini sarebbero stati troppo piccoli. Noi abbiamo realizzato delle interviste con questa dozzina di bambini di 6/7 anni e che avessero almeno 3 anni quando sono arrivati in Italia, in modo da avere qualche memoria del Paese di origine, ad esempio sui giochi, il clima, le case, il cibo… così da fare un confronto tra là e qua. Siamo partiti dal Burkina e dalle lingue che si parlano lì, ma l’idea è di tradurre in inglese e in altri dialetti africani. Dopo l’Africa, se lo strumento funziona, potremmo pensare di adattarlo ad altre realtà.

Il suo utilizzo in Burkina Faso al momento qual è?
Intanto abbiamo scelto l'ebook, fruibile su tablet e smartphone, perché la tecnologia ci permette di arrivare a tutti, non c’è operatore che non abbia un telefonino e così bypassiamo il fatto che ci sono operatori non sanno leggere. La carta inoltre non avrebbe avuto il vantaggio di passare da una lingua all’altra. Stiamo mandando dei tablet in Burkina Faso, cominciando da tre istituti che hanno già collaborato alla revisione del testo e che lo utilizzeranno per la preparazione bambini abbinati. In autunno faremo una formazione per tutti gli operatori degli istituti, in collaborazione con il Ministero della donna, della famiglia e dell’infanzia bukinabé e a quel punto partirà una sperimentazione per capire se lo strumento funziona, in quali momenti, con quel frequenza, da quale età è meglio utilizzarlo.

Perché può servire anche per chi è già stato adottato ed è già in Italia? Qual è il ruolo dei genitori adottivi?
Il progetto è nato pensando alla formazione prima dell’adozione ma ci siamo accorti strada facendo che avendo dedicato diversi capitoli alla vita qui, l’ebook diventa un ponte fra il prima e il dopo, uno strumento che i bambini hanno già conosciuto e che traccia un fil rouge della loro storia. Il libro a quel punto passa in mano ai genitori, per favorire la narrazione dell’adozione. Nei primi periodi è anche un modo per passare da una lingua all’altra, capirsi, imparare l’italiano. Ce lo stanno chiedendo anche alcune scuole, come strumento in più per la narrazione adottiva.

I bambini che avete coinvolto, quali suggerimenti hanno dato?
Ci ha colpito tantissimo che anche quelli più schivi, cogliendo che questo progetto poteva servire ai bambini in Burkina Faso, hanno collaborato con grande entusiasmo: qualcuno ha detto “ho tante verifiche ma ci voglio andare, per aiutare gli altri bambini”. È stato toccante. Hanno preso molto seriamente questo compiuto e il fatto che i personaggi dell’ebook siano stati costruiti con le loro sembianze e i loro nomi è un modo per ringraziarli. Nell’ebook i pupazzetti danno a Moїse il consiglio che il bambino vero ci ha dato nell’intervista, fedelmente. Abbiamo fatto domande, chiedendo loro cosa pensavano quando aspettavano i loro genitori, come è stato il primo incontro, se avevano capito che sarebbe partiti per un altro Paese… Una cosa che hanno molto rimarcato, tutti, è il concetto del non aver paura e dell’affidarsi, declinato in vari modi: dal “non avere paura, mangia pure la pizza e la pasta anche se sono rosse” fino al “fidati, i tuoi genitori arriveranno anche se ti sembra che non arrivino mai”. Tanti hanno detto che dovevamo assolutamente descrivere la scuola perché non se la immaginavano né aspettavano…

Quali sono i punti di forza dell’ebook?
È stata data molta attenzione alla sensibilità interculturale, il modo in cui è raccontato il percorso adottivo è davvero rispettoso e comprensibile per chi vive in Africa, è stato fatto un grande lavoro con i mediatori culturali e gli operatori locali, abbiamo molto rivisto la traccia iniziale del nostro testo: le espressioni sono delicate, culturalmente adatte. E poi il fatto che si raccontino tutti i passaggi, fino alla nostalgia, che viene legittimata. Se verrà utilizzato anche dalle famiglie io credo che davvero “Da bambino a bambino” diventerà un oggetto transizionale per i bambini, che li accompagnerà e che rimarrà dentro perché in Moїse si possono davvero immedesimare, rivivendo la propria storia attraverso di lui. Infine un grazie all'équipe che ci ha lavorato.

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