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Morning future

L’accoglienza non è solo offrire rifugio, ma dare opportunità

Le migrazioni sono un fenomeno strutturale e vanno affrontate come tali: le persone che chiedono asilo nel nostro Paese vanno aiutate a inserirsi nella società, soprattutto attraverso l'apprendimento della lingua e l'avviamento al lavoro. Ci sono organizzazioni e realtà del Terzo settore che lavorano in questo senso, con progetti pensati proprio per rendere autonomi gli ospiti delle loro strutture

di Redazione

Un balcone con a sinistra appeso alla ringhiera un cartello "refugees welcome", con un cuore al posto della o e una rosa appesa vicino

Le migrazioni non sono un fenomeno emergenziale. Sono un fenomeno strutturale e come tale vanno trattate. Non è più possibile, quindi, gestire i flussi in arrivo tramite misure contingenti: è necessaria un’accoglienza pensata non solo per offrire un tetto e un pasto caldo, ma soprattutto per includere e inserire all’interno della società le persone che richiedono asilo e protezione nel nostro Paese. Fortunatamente, le realtà del Terzo Settore che lavorano in questo ambito in maniera professionale e appassionata, fornendo possibilità di inserimento lavorativo e di formazione lavorativa, così come corsi che consentano di comprendere e comunicare – primi tra tutti quelli di italiano – sono molte.

Tra queste l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – UNHCR che ha instaurato collaborazioni con diverse organizzazioni, proprio per garantire questo tipo di approccio. Per esempio, l’Agenzia lavora ormai da anni con Fondazione Adecco, con cui realizza progetti di inclusione sociale e lavorativa. Una delle iniziative in corso, di cui la Fondazione è implementing partner, è “W.I.R.E.D. – Welcome Innovation 4 Refugee Employability through Digital Network”, che mira ad aumentare l’occupabilità e le opportunità di impiego delle persone richiedenti asilo, beneficiarie di protezione temporanea e internazionale e apolidi attraverso lo sviluppo e l’implementazione di una piattaforma digitale di inclusione lavorativa.

Tra gli enti del Terzo Settore che ogni giorno sono impegnati a creare un modello di accoglienza che accompagni le persone rifugiate e richiedenti asilo verso un percorso di autonomia sul nostro territorio, anche l’impresa sociale udinese Oikos, da anni impegnata nell’ambito della cooperazione internazionale. I suoi beneficiari sono sia adulti sia ragazzi, provenienti da diverse zone del mondo, dal Medio Oriente all’Ucraina. Abbiamo chiesto ai referenti di questa realtà come, nella pratica, si possa attuare un’accoglienza che offra gli strumenti per inserirsi nella società italiana.

«Il primo passo verso l’inclusione è sempre la creazione di una competenza linguistica», afferma Ruben Cadau, responsabile del settore accoglienza dell’impresa sociale. «Per questo si fa un primo grande lavoro su questo, attraverso un protocollo definito “di accoglienza linguistica”, che riesce a valutare il grado di alfabetizzazione del futuro discente e permette agli operatori che si occupano dell’insegnamento dell’italiano di inserirlo nella classe del livello adeguato». Non appena lo studente raggiunge un livello A1 – quindi un livello base –inizia anche a partecipare a un laboratorio di educazione civica, utile a comprendere i codici socioculturali del Paese che lo ha accolto.

Quando poi si parla, nello specifico, di orientamento al mercato del lavoro, ci sono percorsi diversi per i minori e per gli adulti.

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Foto in apertura da Unspalsh


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