Cultura

Laboratorio Nairobi

Padre Francesco Pierli, comboniano, non crede negli aiuti calati dall’alto. Così ha chiesto alle Acli di impegnarsi in una baraccopoli dove vive un milione di persone.

di Emanuela Citterio

Padre Francesco Pierli è uno che in Kenya ci spende la vita. Ex superiore generale dei Comboniani, ha fondato nel 1994 l’Institute of Social Ministry, del Tangaza College di Nairobi, che prepara leader e animatori di comunità. «La cooperazione allo sviluppo ha fallito i suoi obiettivi», dichiara senza mezzi termini. «In questo Paese le organizzazioni non governative nascono come funghi, ma paradossalmente i poveri sono in crescita esponenziale, perché manca la visione che parta dalle cause e coinvolga direttamente la gente».
Vita: Ci fa qualche esempio?
Francesco Pierli: Prendiamo i bambini di strada a Nairobi. C?erano e ci sono più di 300 organizzazioni riconosciute che se ne occupano, ma il problema continuava a crescere. E purtroppo, non è stato certo per la pressione di tutte queste organizzazioni che, caduto il regime dell?ex presidente Moi, il nuovo governo si è impegnato ad affrontare sistematicamente il problema. Anzi, molte di quelle organizzazioni di fatto hanno opposto resistenza, non sono state capaci di convertire i propri programmi e risorse per razionalizzare gli interventi e collaborare tra loro e anche con il governo.
Vita: Eppure in Kenya la società civile e le ong radicate sul territorio hanno dato un forte contributo alla transizione democratica del Paese?
Pierli: Sicuramente il Kenya negli ultimi quindici anni è stato un laboratorio molto interessante, che ha conosciuto diverse fasi. Alla lotta per i diritti politici degli anni 80, che ha avuto per protagonisti esponenti e organizzazioni del ceto medio, si sono aggiunte nuove forme di cooperazione negli anni 90, partite da movimenti di base focalizzati su questioni precise, come i diritti per i lavoratori. Questo ha portato, grazie al collegamento con alcune ong e con la comunità internazionale, a importanti risultati. Un?altra originalissima iniziativa degli ultimi cinque anni in Kenya è la cosiddetta Ufungamano Initiative, un movimento interreligioso di cattolici, protestanti e musulmani, che ha ispirato e guidato la società civile nel passaggio nonviolento dal regime autocratico di Daniel Arap Moi, al potere gli ultimi quaranta anni, all?attuale regime democratico in carica da un anno. La Ufungamano Initiative continua ancora la sua influenza per garantire il processo di revisione della Costituzione del Kenya.
Vita: Cosa manca perché la cooperazione in Africa sia efficace?
Pierli: Il problema è fondamentalmente politico, intendendo con ciò non le dinamiche di schieramenti partitici, ma la partecipazione delle comunità e la collaborazione con le istituzioni per costruire politiche di giustizia e pace.
Vita: l’Institute of Social Ministry, da lei fondato, sta per avviare un innovativo progetto di cooperazione con le Acli. Di cosa si tratta?
Pierli: Partiremo dall?immensa baraccopoli di Kibera, a Nairobi, che recenti stime riportano avere una popolazione intorno al milione di persone. Si tratta di un grande serbatoio di mano d?opera di ogni tipo, gente che accetta di vivere in condizioni subumane pur di tagliare il costo della vita e poter campare con paghe da fame… quando ce l?ha, un lavoro! La richiesta è arrivata da noi. Siamo convinti che l?esperienza delle Acli possa contribuire significativamente alla formazione civica e socio-politica di queste grandi masse di operai.
Vita: Non sarà quindi un intervento assistenziale?
Pierli: No, vogliamo realizzare una sorta di potenziamento, che aiuti gli operai a divenire soggetto politico cosciente e sensibile al bene comune.
Vita: Come vi muoverete?
Pierli: Punteremo sulla formazione, che si baserà innanzitutto sul recupero del grande patrimonio socio-culturale dei diversi gruppi etnici che convivono fianco a fianco, e che rischia di perdersi per la frammentazione e alienazione sociale. L?idea è proporre un?alternativa costruttiva di associazione e integrazione sociale in ambienti che spesso incoraggiano dinamiche tribalistiche, prostituzione e alcolismo.

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