Welfare

Laboratorio Matera, la cooperazione si candida a trampolino per il domani

Per la serie dei distretti sociali, questo mese Vita ha fatto tappa nella città capitale della Cultura Europea. Tra i Sassi, il sociale in partnership con imprese profit e pubblico sta riscrivendo il destino di quel territorio. Il servizio sul numero in distribuzione propone anche due focus sulle best practice materane, le interviste al vescovo Giuseppe Caiazzo e al sindaco Raffaello De Ruggieri e una rilfessione del sociologo Aldo Bonomi

di Lorenzo Maria Alvaro

I Sassi di Matera visti da lontano somigliano molto ad un alveare. Ogni alveare ruota intorno ad una regina, il motore che crea la colonia. Poi grazie all’emulazione ogni membro, guardando i suoi pari, sa il suo ruolo e il suo posto nella comunità. Ognuno ha la propria occupazione che si interseca e amalgama con le altre mansioni e concorre al bene comune. Anche qui a Matera c’è stato questo motore ed è il Consorzio cooperativo La Città Essenziale. Composto da 25 cooperative sociali che occupano oltre 900 persone per un fatturato aggregato di oltre 23 milioni di euro generati da 30 tipologie diverse di servizi socio-assistenziali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo. Grazie all’esperienza consolidata di cooperative storicamente radicate nel territorio come Vita Nuova, Collettivo Colobrarese, CS, L’Abbraccio, Il Giardino di Alice, La Formica, Prato Verde, la rete consortile è il punto di riferimento del welfare generativo lucano.

C’era bisogno di trovare nuove energie e nuovo entusiasmo e indicare strade concrete

Giuseppe Bruno

Un esempio che ha aperto, anche e soprattutto culturalmente, nuove strade e nuove prospettive. La Capitale europea della Cultura 2019 è stata la ciliegina sulla torta. Il riconoscimento per la rinascita dell’alveare passata attraverso la comunità operosa e il fare rete. La Città Essenziale, infatti vanta oltre 150 stakeholder fra enti pubblici, organizzazioni non profit e società profit. «Tutto quello che è stato costruito in questi anni era già qui sotto forma di humus favorevole su cui il nostro impegno ha attecchito», racconta il presidente Giuseppe Bruno, «lavoro, servizi, progetti, welfare. Tutto era già sul territorio seppur polverizzato e un po’ seduto. C’era bisogno di trovare nuove energie e nuovo entusiasmo e indicare strade concrete». Il Consorzio è partito dall’esistente creando nuove dinamiche, capitalizzando le energie presenti, offrendo visione e prospettiva, e quindi stimolando di fatto un cambio di paradigma culturale.

La sorpresa è stata la compatibilità naturale tra il dna materano e l’imprenditorialità cooperativa che innescati dall’occasione dell’assegnazione della Capitale culturale hanno riacceso la città. «La vita della comunità dei “Sassi” si è storicamente sviluppata intorno a luoghi chiamati “vicinati”», spiega Bruno, «piccole piazze deputate alla vita comunitaria, dove prendeva corpo la relazione operosa delle famiglie. Passato e presente qui si fondono e la stratificazione dei tempi è patrimonio identitario. In questa era di grande trasformazione, di accelerazione digitale, dove le nuove generazioni faticano a inserirsi nel mondo del lavoro, era necessario ricomporre le fratture per innovare praticando un’azione di riconnessione diffusa».

Era necessario ricomporre le fratture per innovare praticando un’azione di riconnessione diffusa

Giuseppe Bruno

Tutto questo si sposa perfettamente nella consistenza imprenditoriale della cooperazione sociale che per Bruno «risiede nella mutualità delle relazioni, nella capacità di scambiare competenze ed energie, nell’attitudine alla gestione efficiente ed efficace delle risorse». A Matera la cooperazione è diventata il nuovo “vicinato”: è diventata il legante sociale che connette le varie anime del territorio. Ma ha anche significato un futuro possibile al di là del 2019. Se infatti i riflettori si spegneranno finita la kermesse la rete, l’alveare, rimarrà.

«Sin da prima della candidatura alla competizione internazionale avevamo chiaro che la carta vincente sarebbe stata l’immaginare Matera come un organismo unitario», racconta Salvatore Adduce, presidente della Fondazione Matera-Basilicata 2019, il veicolo scelto per costruire il programma della manifestazione. «Il coinvolgimento di tutti gli stakeholder del territorio e dei cittadini è stato il leit motiv di tutto il nostro impegno. Questa era l’unica via possibile perché questo evento potesse innescare un circuito virtuoso di ampio respiro», sottolinea Adduce, «ecco perché il titolo scelto è stato “Open Future”. L’oggi come trampolino verso il domani. L’obiettivo è stato quello di cambiare il destino di una comunità attraverso le proprie energie messe a fattor comune».

«Un’esperienza che ci lascia in dote un modello di economia sociale e culturale diffusa», aggiunge invece l’assessore alla Salute e Politiche sociali della Regione Basilicata, Rocco Leone. «Un modello fondato sulla consapevolezza che la cultura c’entra con ogni ambito ed è un fattore competitivo di sviluppo. La cultura non è solo musei e turismo. È un modo nuovo di guardare ad ogni settore economico e sociale, dai servizi al welfare, dall’impresa alla pubblica amministrazione».

Ne è un esempio il Cluster Cultura Basilicata Creativa che aggrega tre organismi di ricerca (Università della Basilicata, Consiglio Nazionale delle Ricerche ed Enea) e oltre 50 imprese del settore culturale e creativo. È uno dei cinque distretti ufficiali del la Regione su cui l’Unione Europea investe 14 milioni di euro. «Il portafoglio di cui siamo dotati è un contributo di gestione triennale di 200mila euro e un finanziamento di 4,5 milioni di euro per il progetto Basilicata Heritage Smart Lab, il più grande laboratorio italiano di sperimentazione delle nuove tecnologie applicate al rilievo, recupero, fruizione e comunicazione dei beni culturali», sottolinea il presidente Raffaelle Vitulli, «prima della Capitale era inimmaginabile che la Regione potesse ritenere questo settore strategico. Grazie alla collaborazione tra la ricerca e le imprese l’impatto degli investimenti, in particolare delle imprese sociali, è esponenziale. Stare insieme aiuta a pensare in maniera sinergica. Lavoriamo su oltre trenta siti pilota, da aree archeologiche a ex monasteri fino a centri di piccoli comuni, dove le esperienze di ricercatori, imprenditori, creativi, artisti e professioni- sti generano nuovi modelli di innovazione».

I confini però sono porosi e le iniziative sul territorio si contaminano gemmando nuove proposte. Il progetto “Idea19 – Creative Hub”, costruito da La Città Essenziale come ente promotore (insieme a Fondazione Sassi di Matera, Cofidi e Confcooperative Ba- silicata) sta già costruendo alcuni protocolli d’intesa con Cluster Cultura e Fondazione Basilicata-Matera 2019. È un incubatore culturale nel distretto socio-economico lucano che investirà e sosterrà le attività imprenditoriali e associative di giovani under 40, con particolare attenzione alle donne, volte alla valorizzazione del patrimonio culturale e alla parallela attrazione di risorse di natura filantropica e di illuminati investitori privati.

Pubblico e sociale insomma hanno preso posto nell’alveare materano. Ma ci sono anche le imprese. Che non solo fanno la loro parte ma che hanno cominciato a cooperare con il resto del sistema. Fattorie Donna Giulia, nata nel 2003, è la centrale del latte della Basilicata con una rete di distribuzione su 115 comuni della Basilicata e ulteriori 90 nelle regioni limitrofe.

Cosa differenzia Fattoria Donna Giulia dalle tante altre srl del settore caseario italiano? «Abbiamo sempre pensato che il termine competere fosse da interpretare come procedere assieme. Così fin dall’inizio siamo nati con l’impegno di non redistribuire mai gli utili tra i soci ma reinvestire tutto nel nostro territorio», spiega Paola Saraceno, socio fondatore e responsabile marketing. Il motivo è una consapevolezza forte: «Il sud è il massimo produttore di materie prime italiano, dal grano al vino fino all’ortofrutta. Ma ci siamo sempre fermati a questo. Non abbiamo mai pensato di trasformare direttamente qui i nostri prodotti. Una mancanza di ambizione che è strettamente legata alla crisi del senso di appartenenza». Così per provare a ricostruire questa identità dimenticata Fattorie Donna Giulia esce dalle mura dello stabilimento. «Siamo attivi in tantissimi territori e Comuni, in Basilicata ma anche nelle altre regioni del sud, dove sosteniamo quello che è il collante sociale specifico di ogni luogo».

Come per la Festa patronale della Madonna della Bruna che «qui a Matera è il momento più importante», spiega Valeria Piscopiello, coordinatrice didattica per la cooperativa sociale Il Puzzle, «un vero collante identitario e di fede per l’intera comunità». Grazie all’iniziativa della scuola L’Albero Azzurro, sostenuta anche dalla centrale del latte, è nata e si è consolidata negli anni quella che è diventata un evento tradizionale attesissimo da bambini e famiglie, la Bruna dei Piccoli. Una conferma dell’attenzione posta dal Consorzio al benessere dell’infanzia e dell’adolescenza, quotidianamente espresse anche dalle altre realtà dell’area educativa: Giocooperativa, Divertimente, Spes Nostra, Anthos, Pippo’s House.

Datacontact invece è «una srl che si occupa di comunicazione», racconta la presidente Laura Tosto, «siamo nati nel 2001 e a Matera occupiamo, tra dipendenti e collaboratori, 900 persone». Da sempre attenta al welfare aziendale, «abbiamo sviluppato politiche di attenzione alle risorse interne in partnership con le eccellenze associative e sociali di Matera, in particolar modo con il consorzio cooperativo La Città Essenziale».

Bonus in busta paga per matrimoni e nascite dei figli, centri estivi, doposcuola, bike sharing elettrico interno e smart working. «L’entusiasmo portato da Matera 2019 ci ha fatto fare un salto di qualità: oggi proponiamo ai dipendenti anche tipologie di attività totalmente nuove, fortemente culturali, come ad esempio la partecipazione attiva agli eventi organizzati da Fondazione Matera 2019. Nel Consorzio La Città Essenziale, ogni proposta viene coprogettata con le realà locali. Se Tutto questo esisteva già prima della Capitale, grazie a questa occasione si è potuto fare un salto culturale a partire da una diversa consapevolezza: finché non si superano gli steccati tra scienza, sociale, impresa, territori, politica e non si lavora all’unisono non si possono raggiungere obiettivi a lungo termine e sostenibili».


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