Incontri

La volta che conobbi Sammy, gigante in un corpo fragile

Allegro, vitale e pieno di progetti. Questo era Sammy Basso il giovane di Tezze sul Brenta mancato lo scorso 5 ottobre. Sammy era affetto da progeria, una malattia rara che causa l'invecchiamento precoce. Ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca medica e a costruire un mondo più inclusivo

di Rossana Certini

L’apparenza inganna. Questa la prima cosa che pensai intervistando Sammy Basso nel 2017. E subito dopo realizzai quanto certi adagi, che consideriamo ormai banali, possano davvero nascondere grandi verità: in quel corpo, piccolo e fragilissimo, viveva un gigante.

Accadde in occasione della presentazione di un progetto a lui molto caro: attrezzare due aule didattiche dell’università di Padova affinché gli studenti con disabilità potessero seguire i corsi in streaming da casa o dai luoghi di ricovero.

Sammy era seduto al centro del lungo tavolo della sala della Nave di palazzo Bo a Padova. La sua figura minuta contrastava con le dimensioni immense dello spazio che lo circondava. Appena Sammy iniziò a illustrare il progetto che voleva realizzare la sua personalità, mite e al tempo stesso decisa, riempì la sala e nessuno dei presenti face più caso al suo volto segnato dalle rughe, alle sue mani grandi ed esili e alla sua voce un po’ rauca. L’apparenza non c’era più perché aveva lasciato il posto alla persona che era Sammy Basso.

La prima domanda che gli rivolsi fu spontanea e forse anche un po’ ingenua: «Sammy ma perché ti stai impegnando a raccogliere fondi per aule didattiche per studenti con disabilità?». Mi guardò con i suoi occhi nocciola che sembravano due fari nel volto segnato dagli effetti della malattia, sorrise e mi spiegò che quando l’anno prima si era iscritto alla facoltà di scienze naturali si era accorto che per lui era troppo faticoso arrivare all’università ogni giorno per seguire le lezioni. Aveva provato un forte senso di frustrazione, temeva che il suo sogno di laurearsi fosse irrealizzabile. Capì che quella frustrazione la provavano, anche, tutti quei ragazzi costretti a stare in ospedale, per cure mediche o a casa, perché attaccati a macchine salva vita, oppure, semplicemente, perché abitando lontano dall’università non potevano prendere mezzi pubblici per arrivare a seguire le lezioni in sede. Allora l’idea: «attrezzare un’aula della facoltà per seguire le lezioni in streaming da casa e frequentare soltanto i laboratori in presenza».

Sammy Basso e un amico (Foto: Progeria Italia)

Questo era Sammy Basso. Una persona che non si arrendeva mai e che, nel cercare soluzioni per migliorare la sua vita, costruiva un mondo migliore anche per tante altre persone con disabilità. Affetto da progeria, una malattia rara che causa l’invecchiamento precoce, Sammy era uno dei pazienti più longevi del mondo. Nel 2005 insieme ai suoi genitori aveva fondato l’associazione Progeria Italia (Aiprosab) per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti di questa malattia genetica che, nella maggior parte dei casi, provoca la morte del paziente entro i 20 anni di vita a causa di cardiopatia, infarto o ictus.

Sammy era consapevole della gravità della malattia. Non nascondeva nulla della sua situazione ma riusciva a trasmettere serenità al suo interlocutore. Nei suoi 28 anni di vita ha sempre voluto essere testimonianza per gli altri. Parlandogli si avvertiva chiaramente il suo bisogno di impegnarsi per la ricerca. Era convinto fosse l’unico modo per aiutare veramente chi ha una disabilità. A 26 anni il giovane, originario di Tezze sul Brenta, dopo la triennale conseguita due anni prima e la nomina a cavaliere della Repubblica, aveva preso la specializzazione in ingegneria molecolare diventando così ricercatore medico-scientifico affetto dalla stessa malattia che studiava.

Sammy Basso durante uno dei suoi viaggi (Foto: Progeria Italia)

In queste ore in cui si susseguono i messaggi di cordoglio dei tanti amici che gli volevano bene è, forse, quello di Lorenzo Jovanotti a sintetizzare al meglio chi era Sammy dicendo che: «era davvero difficile incontrare qualcuno di più vivo di lui quando era in giro».

Quando a 17 anni Sammy aveva mandato una lettera a papa Francesco per dirgli che lo apprezzava per i modi schietti e diretti che aveva con la gente, il pontefice era rimasto così colpito da quello studente dal fisico fragile ma dalla tempra d’acciaio che aveva voluto chiamarlo a casa e tra i due era scattato un rapporto di affetto.

Credo che tutti noi che abbiamo avuto modo di conoscere Sammy non dimenticheremo mai l’eredità che ci ha lasciato: non importa il nostro aspetto ma cosa facciamo per gli altri.

Nella foto di apertura Sammy Basso durante uno dei suoi viaggi (Foto: Progeria Italia)

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