Si può studiare Plutarco di mattina e la sera portare pizze a domicilio? Si può, si può. Perché le contraddizioni, se non le si vuole guardare, non pesano. Basta concentrarsi altrove. Sull’amore o qualcosa che gli somigli. Come fa Lorenzo Baldacci, il 21enne protagonista di questo gradevolissimo romanzo di formazione che forse è autobiografico un po’ (anche l’esordiente Roan Johnson è toscano e vive da dieci anni nella capitale). Racconta dunque, Prove di felicità a Roma est, di un giovanottino renitente al latino e greco che, per recuperare gli anni perduti, si iscrive in un liceo privato di Roma, dove c’è – ed è per lui un complimento – «il casino serissimo». La capitale vista dalle nebbie della provincia è così. Magica. Inafferrabile. Piena di occasioni. Con le starlette tv a portata d’acchiappo… Fantasie, va da sé. La realtà è dura come il sellino della Vespa con cui Lorenzo consegna pizze e birre. Spigolosa come Samia, fascinosa e ribelle marocchina di seconda generazione che gli è collega e amante. Esosa come una stanza a 400 euro nella popolare via Tuscolana, teatro delle prove di felicità appunto. Quanto quest’ultima sia raggiungibile, ciascuno lo immagini. «Il» Baldacci lo capirà poco a poco. Senza drammi, mantenendo un suo distacco ironico, registrando le storture e le follie del mondo quale è, come gli adulti siano distanti (e non è sociologismo) e quanto lontano sia quel loro riflettere novecentesco e inattuale (sfumature, sì, ma interessanti; leggere per credere). Paesaggi urbani ed esistenziali che si susseguono fino al giorno della maturità, il rito che si comprende solo a cose fatte. In fondo, come da copione.
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