Cultura

La vita intermittente

teatro. Uno spettacolo di Ascanio Celestini sui “flessibili” - di Chaira Cantoni -

di Redazione

è senza dubbio l?affabulatore più seducente dell?ultima generazione, voce narrante di una memoria collettiva che sottrae al flusso impietoso della storia episodi di sapore popolare, cartoline in bianco e nero di laconico eroismo quotidiano. In tour nazionale con gli spettacoli Scemo di guerra e La pecora nera, Ascanio Celestini aggiunge al suo ricco repertorio di personaggi minimi e atmosfere familiari un nuovo affondo sugli avvenimenti del presente con il suo nuovo spettacolo, Live – Appunti per un film sulla lotta di classe. Accompagnato da Roberto Boarini al violoncello, Gianluca Casadei alla fisarmonica e Matteo D?Agostino alla chitarra, Celestini tratteggia, in un mix di musica e parole, la poetica di una compagine sociale senza volto, abbagliata da sogni di ricchezza e frustrata da realtà di precariato. Un viaggio nel mondo del lavoro che comincia a gennaio, quando un gruppo di operatori telefonici chiede aiuto a Celestini per raccontare le condizioni di vita nei call center. L?autore intervista, registra, compone il materiale nella forma in progress di Live, contributo per i 100 anni della Cgil che, nell?intenzione, sarà spunto per un film. «Ci sono interinali che vanno al lavoro come si va a visitare una città bombardata», racconta. Voci di automi resuscitate dal mondo delle ombre per i due minuti e 40 secondi di telefonata necessari a guadagnare 85 centesimi lordi, oltre i quali è di nuovo silenzio. «Ma per uscire dal mondo delle ombre bisogna imparare ad attraversarle». Ancora una volta, Celestini si conferma vate della polis, non solo per il valore civile dei suoi contenuti – la denuncia della macchina sociale che mortifica l?individuo nelle sue aspirazioni, il rimpianto per un?identità di classe che era innanzitutto espressione di cultura, l?auspicio di un ritorno al lavoro come tratto fondante della dignità personale – ma anche, e soprattutto, per la forma unica della sua narrazione, teatro che sconfina nella chiacchiera di quartiere, sintesi compiuta di cronaca e leggenda in cui le dimensioni di realismo e favola si fondono con suadente naturalezza. I tempi lunghi e circolari, il ritmo serrato dell?esposizione, la delicatezza dei ritratti picareschi sono contemporaneamente forma e materia di una tradizione palpabile. La chiave del suo successo? «Saper raccontare il presente della memoria e non soltanto il passato della letteratura. Dico il bisogno universale di condividere il vissuto personale. È senz?altro più costruttivo guardarci di fronte che alle spalle!». Parola di Ascanio Celestini.

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