Cultura

La vita è più bella se la prendi di petto

Guédiguian torna a girare a Marsiglia. Ma in A l’attaque la città fa da sfondo a una commedia sociale.

di Antonio Autieri

Quarto film in cinque anni per Robert Guédiguian, regista francese specializzato in drammi sociali. Dopo le favole tenere di Al posto del cuore e Marius e Jeannette e il duro ritratto di Marsiglia in La ville est tranquille, è la volta di A l?attaque. Una divertente commedia a sfondo sociale: due amici soggettisti dai caratteri molto diversi devono scrivere un film di natura politica, ma le difficoltà sono troppe e le tentazioni di passare ad un cinema disimpegnato non mancano. Un film nel film, quindi, che stia dalla parte dei poveri contro i ricchi, come rivela uno dei protagonisti. Dopo vari tentennamenti e indugi, si riesce ad ambientare la vicenda nei pressi di un garage, nella periferia marsigliese. Qui vivono, come in una moderna comune, diverse famiglie: gli uomini lavorano nell?autofficina, le donne si occupano dell?amministrazione o arrotondano lo stipendio vendendo fiori al mercato. È una vita semplice e decorosa quella raccontata da Guédiguian, una vita fondata sulla famiglia allargata e sul lavoro. I problemi, soprattutto economici, non mancano: a causa del fallimento di una fabbrica creditrice, il garage rischia di cadere nelle mani di una banca senza cuore. Si dovrà finire in galera qualche giorno e prendere in ostaggio un imprenditore insolvente per avere giustizia e libertà. «Chi non combatte perde, ma soprattutto si rompe le palle», è la battuta-chiave di un personaggio di A l?attaque, film che colpisce per la naturalezza e semplicità con cui pure si parla di difficoltà di vivere. È Marsiglia, ancora una volta, lo sfondo privilegiato per questa storia solare e italianissima, percorsa da canzoni nostrane (?La società dei magnaccioni?, ?Bella ciao?) e da personaggi con nomi familiari (Gigi). Ma Marsiglia è anche il crocevia di più culture e razze, è la città del popolino, degli artigiani, degli operai e dall?altra parte dei ricchi commercianti e degli imprenditori. Guédiguian si identifica autenticamente nei primi, ma senza eccedere in patetismi di natura ideologica. Il suo popolo è fatto da gente semplice, con personaggi fuori dal tempo che preferiscono ancora cantare canzoni d?amore alle donne e raccontare aneddoti ai più giovani. È un vivere modesto ed essenziale che fa a pugni con una società improntata sulla sete inesauribile di ricchezza e di potere. Da una parte la solidarietà di un popolo che sa riconoscere l?importanza delle proprie tradizioni e che ha fame di vivere, di ballare, di amare, di recitare poesie, di gustare tutti i colori della vita. Dall?altra, piccoli personaggi dal cuore ingrato, fasciati in giacche elegantissime quanto sterili, e tristemente solitari. Sono due mondi diversi che non si parlano né si capiscono mai, anche se qualche splendida eccezione può esistere: può accadere che un direttore di banca si innamori di una meccanica, che riscopra la bellezza che ha dentro, che incominci a ballare e sorridere, che rinunci al lavoro per lei. Ma forse, questa, è solo una favola. Anzi, un film. «Ne La ville est tranquille», ha dichiarato Guédiguian, «mostravo il mondo com’è, in questo film mostro il mondo come lo vorrei, la famiglia ideale. La famiglia è un tema che mi è caro».


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