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La vita dopo il cancro e il diritto all’oblio

Una riflessione di Mario Tarricone, presidente di Ail Lecce Odv e referente nazionale Gruppo Pazienti Linfomi Ail – Fil sulla necessità di una normativa che anche in Italia, come avviene in altri Paesi europei, "consenta agli ex pazienti oncologici di sentirsi finalmente liberi di dimenticare la propria malattia e di realizzare le proprie aspettative e i propri sogni"

di Mario Tarricone

Il cancro entra nella vita delle persone portando con sé scompiglio, disperazione e dolore. Colpisce senza avvisare e non fa sconti, coinvolge chi si ammala e i suoi affetti più cari. E anche quando va via, lascia il segno. Uno stigma da cui può essere difficile affrancarsi perché spesso anche quando l’ex-paziente è pronto a dimenticare di essere stato ammalato a ricordaglielo sono gli altri, in particolare, le regole di una burocrazia “perfetta” sia pubblica sia privata che continua a classificarlo come una persona “debole”. Si tratta di una situazione che è verosimilmente accettata ed assorbita dai pazienti nell’ambito della loro predisposizione fisiologica a considerare sempre la qualità della vita correlata allo stato di salute e a vivere come ordinarie anche delle situazioni di effettiva o potenziale compressione dei propri diritti. Occorre dunque cercare di individuare se sussistono situazioni in cui la sfera dei diritti di una persona possa essere compressa a causa di una pregressa patologia oncologica e non già per ragioni oggettive, ma per una stratificazione di pregiudizi anacronistici che possono essere rimossi solo attraverso un cambiamento culturale che riconosca il diritto delle persone guarite dal cancro, al pari di tutti i cittadini, a soggiacere agli stessi doveri come a godere degli stessi diritti e, infine, di essere trattate senza alcuna forma di discriminazione.


Per andare in questa direzione occorre fare un passo avanti e riconoscere che dal cancro si può guarire e si può tornare ad una vita “normale”, nel senso che essa avrà un percorso che presenta le stesse opportunità e gli stessi rischi del percorso di vita di un’altra persona di pari età/sesso che non sia stata colpita da una malattia oncologica. Da questo punto di vista se in passato poteva essere forse giustificata l’associazione concettuale della malattia oncologia ad una prognosi infausta oggi l’esperienza quotidiana insegna che una diagnosi di cancro non è più una condanna. I progressi della medicina nella diagnosi e nella cura del cancro, in particolare quelli effettuati negli ultimi decenni grazie alla ricerca e allo sviluppo di nuove terapie e nuovi farmaci, hanno portato a raggiungere un numero impressionante di persone sopravvissute e lungo-sopravviventi per tante malattie oncologiche. Persone che a fatica e con sofferenza hanno “ricostruito” la propria identità e personalità dopo aver attraversato una zona grigia della propria esistenza in una “città invisibile” in cui sono stati confinati dal percorso di cura. Luoghi in cui hanno imparato a modificare i propri comportamenti acquisendo empatia, umanità, compassione e in cui hanno trovato “perle di saggezza” da condividere con altre persone. Un viaggio che molti pazienti vivono nella realtà come un reale percorso di formazione che le conduce a raggiungere un elevato livello di controllo emotivo e di resilienza. Persone che dunque, superata la malattia, ritornano alla vita normale trasformando ciò che inizialmente le caratterizzava come “deboli” in una nuova forza e voglia di fare.

I dati

Per poter percepire l’effettiva dimensione della quantità di persone che superano la malattia è necessario ricorre all’evidenza statistica dei dati. I dati dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori «indicano un costante aumento del numero degli italiani che vivono dopo una diagnosi di tumore – circa il 3% l’anno. Il numero di prevalenti, che era di 2 milioni e 244mila nel 2006, è aumentato sino a oltre 3,6 milioni nel 2020. Una frazione che si avvicina al 50% delle persone che si ammalano è destinata a guarire, e almeno un paziente su quattro (quasi un milione di persone) è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi, dunque, “guarito”». È opportuno usare le virgolette perché parlare di guarigione da un tumore non è semplice, occorre confrontarsi con la difficoltà della condivisione di una sua possibile definizione di natura clinica o giuridica e in verità anche statistica. Occorre, dunque, poter disporre di indicatori di “guarigione” da condividere. A tal proposito i ricercatori che hanno lavorato su questo tema hanno definito degli indicatori che possono aiutare a modificare i comportamenti sociali. Si tratta di indicatori di guarigione che possono descrivere sia la percentuale di potenziale guarigione per patologia, sia il tempo necessario per poterla asseverare. La conoscenza delle possibilità di guarigione aiuta certamente a superare lo stigma associato al cancro favorendo l’inclusione sociale e il reinserimento nel mondo del lavoro delle persone.
È quindi necessario che ci si ponga la questione di cosa fare per consentire alle persone che sono “guarite” dal cancro di tornare ad un mondo normale e di come aiutarle a percorrere questo rientro. Si tratta di pazienti che nel loro percorso hanno affrontato situazioni di stress le quali hanno coinvolto loro ed i loro familiari/assistenti. Nel percorso di cura, infatti, il paziente nella maggior parte dei casi ha al proprio fianco un assistente (prevalentemente un familiare), spesso indicato come caregiver, che condivide la sofferenza emotiva, i costi, le limitazioni alla vita sociale, al tempo libero, al lavoro, e infine vive in taluni casi anche effetti negativi sul proprio stato di salute.

I costi della malattia

I costi che i pazienti e i caregiver sostengono a proprio carico nel percorso di cura non sono trascurabili e riguardano principalmente: spese per trasporto, esami a pagamento, spese alberghiere e di vitto, chirurgia ricostruttiva, visite post-diagnosi a pagamento e farmaci. A questi costi diretti vanno poi ad aggiungersi tutti i costi indiretti determinati dalla malattia in particolare quelli legati alla riduzione del reddito sia del paziente sia del caregiver che in taluni casi, in particolare per i lavoratori autonomi, è determinata dalla impossibilità di continuare a lavorare. L’incidenza dei costi a carico del paziente ha portato ad analizzare anche in Italia la “tossicità finanziaria” delle cure oncologiche il che vuol dire che chi ha difficoltà economiche ha un rischio di peggioramento della qualità della vita più alto rispetto a chi non ne ha ma può anche avere un rischio maggiore negli esiti della patologia. Questo a testimonianza di quanto sia importante limitare al massimo l’impatto dei costi della malattia sulla qualità della vita dei pazienti. Per un’analisi completa dell’impatto economico della malattia sulla vita del paziente e del caregiver, tuttavia, ai costi diretti e indiretti occorre, infine, sommare anche altri costi, spesso trascurati ma ugualmente importanti, che si possono ben definire magari in forma a-tecnica, come “costi opportunità”. Si tratta di costi indotti dalla malattia i quali si manifestano anche dopo la guarigione.
Si fa riferimento ad opportunità che richiedono un finanziamento per essere realizzate: -lavorative, come avviare un’attività commerciale o professionale; – familiari, come acquistare una casa. Inoltre si pensi ad opportunità che non richiedono finanziamenti, ma sono di grandissimo valore personale e sociale come quella di adottare un figlio/a. In entrambi questi due casi non esiste una posizione tutelata degli ex pazienti e la legislazione vigente non vieta di valutare la pregressa storia clinica delle persone. In entrambi i casi la storia clinica può giustificare l’imposizione di maggiori oneri rispetto a quelli normalmente applicati (contratti bancari o assicurativi) ovvero il diniego dell’istanza di finanziamento o di adozione nel caso specifico. Ecco che la pregressa malattia diventa fattore discriminante e penalizzante e il costo può essere definito dal valore dell’opportunità persa o dei maggiori oneri sostenuti.

Sogni spezzati

Comprare casa, accedere al lavoro, adottare un figlio/a, sono una meta, un sogno ricorrente tra le persone ed in particolare tra i giovani. Si provi ad immaginare quanto possa essere concreto il sogno di comprare casa per gli ex pazienti che sono tornati a lavoro, che hanno un reddito adeguato a fornire le ordinarie garanzie a tutela dei prestiti e che necessitano di un aiuto bancario. Si provi ad immaginare quanto possa essere importante il sogno di tornare al lavoro dopo la malattia ad esempio per un commerciante, per un lavoratore autonomo che a causa della malattia ha dovuto cessare l’attività e necessita di un finanziamento per ricominciare. Si provi ad immaginare quanto possa essere importante il sogno di formare una famiglia attraverso un’adozione per persone che a causa delle terapie hanno perso la possibilità di procreare in quanto non hanno avuto il tempo o la possibilità di “preservare” la propria fertilità prima di iniziare le cure. La responsabilità sociale collettiva verso queste persone dovrebbe spingere a fare in modo di superare ogni barriera normativa o culturale per andare incontro alle loro esigenze. Ma così non è e anche qui le indagini descrivono situazioni di disparità di trattamento degli ex-pazienti rispetto agli altri cittadini per cui i sogni prima elencati si infrangono contro il muro della scarsa informazione e delle prassi contrattuali e amministrative consolidate. Quante volte si deve “pagare” la “colpa” di essersi ammalati di cancro?

ll diritto all’oblio

La soluzione al problema si chiama, nell’accezione internazionale definita dalle associazioni dei pazienti oncologici: diritto all’oblio (the right to be forgotten). Riconoscere per legge il diritto degli ex pazienti oncologici di non dover dichiarare la propria pregressa malattia per l’accesso a determinati contratti o servizi per i quali essa possa pregiudicarne l’esito.
Apripista su questa soluzione è stata la Francia che aveva previsto una specifica misura di tutela nel Plan Cancer 2014-2019 riferita alla riduzione dell’impatto del cancro sulla vita delle persone. In detto piano si legge, tra l’altro, “l’accesso all’assicurazione e al credito deve essere facilitato per i malati di cancro apportando modifiche alla valutazione del rischio da parte degli assicuratori, e affermando un “diritto all’oblio” dopo un certo periodo, specialmente per bambini e adolescenti, che non dovrebbero essere penalizzati per tutta la vita a causa di una malattia sofferta nell’infanzia.” Nel gennaio 2016 viene introdotta nell’ordinamento francese in materia di sanità pubblica una nuova norma che rafforza la tutela dei diritti dei pazienti oncologici (legge n ° 2016-41 del 26 gennaio 2016 – art. 190). La norma tutela il diritto del cittadino, in determinate condizioni, di non essere discriminato nell’accesso al credito a causa di una pregressa patologia oncologica. Il diritto all’oblio, in senso stretto nella versione originaria, riguardava le persone che desiderano chiedere un prestito e che hanno ricevuto la diagnosi di un tumore, prima dei 18 anni, 5 anni dopo la fine del protocollo terapeutico e senza recidiva e le persone a cui è stato diagnosticato un cancro da adulte, 10 anni dopo la fine del protocollo terapeutico e in assenza di recidiva. A distanza di 5 anni la Francia ha fatto un ulteriore passo avanti e il 17 febbraio 2022, il parlamento francese ha approvato definitivamente il disegno di legge di modifica della legge del 2016, fissando il diritto all’oblio a 5 anni per tutti i tumori. La legge francese ha dimostrato che si può intervenire contro la discriminazione delle persone che sono state affette da una malattia oncologica nell’accesso al credito. Sull’esempio della legge francese le associazioni dei pazienti oncologici hanno promosso a livello internazionale l’adozione del diritto all’oblio nei diversi Paesi. L’effetto di questa azione ha portato a includere il tema nell’agenda politica dell’Unione Europea.

Nell’attuale Piano Europeo per la lotta contro i tumori si afferma, infatti, che “a causa della loro anamnesi, molti sopravvissuti al cancro in remissione a lungo termine ricevono sovente un trattamento iniquo per quanto riguarda l’accesso ai servizi finanziari: sebbene siano guariti da molti anni, se non addirittura da decenni, spesso vengono loro applicati premi proibitivi”. Il diritto all’oblio oltre ad essere già stato normato in Francia nel 2016, è stato introdotto, con diverse previsioni normative, anche nell’ordinamento del Belgio (2019), del Lussemburgo (2020) e dell’Olanda (2020).
In merito è poi intervenuta la risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 – Rafforzare l’Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata (2020/ 2267(INI)) – che nella indicazione dei campi di azione al punto 125 “chiede che entro il 2025, al più tardi, tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all’oblio a tutti i pazienti europei dopo dieci anni dalla fine del trattamento e fino a cinque anni dopo la fine del trattamento per i pazienti per i quali la diagnosi è stata formulata prima dei 18 anni di età”. Anche in Italia molte associazioni di pazienti e di lotta alle patologie oncologiche hanno avviato una campagna di promozione del diritto all’oblio che ha portato, finalmente, il tema all’attenzione della politica italiana e il 28 febbraio 2022 è stato presentato al Senato della Repubblica il Ddl 2548, recante disposizioni in materia di parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche.

La proposta di legge, tra l’altro, “riconosce il diritto delle persone che sono state affette da patologia oncologica a non subire discriminazioni nell’accesso all’adozione di minori e ai servizi bancari e assicurativi”.
Dispone che “In sede di stipula di contratti di assicurazione e di contratti concernenti operazioni e servizi bancari e finanziari, non possono essere richieste al consumatore informazioni sullo stato di salute relative a patologie oncologiche pregresse quando siano trascorsi dieci anni dal trattamento attivo in assenza di recidive o ricadute della malattia, ovvero cinque anni se la patologia è insorta prima del ventunesimo anno di età”.

Un passo avanti nell’estensione dei diritti sociali che si auspica possa tradursi quanto prima in una legge dello stato che consenta agli ex pazienti oncologici di sentirsi finalmente liberi di dimenticare la propria malattia e di realizzare le proprie aspettative e i propri sogni.

*presidente Ail Lecce Odv – Sezione di Lecce dell’Associazione Italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma; referente nazionale Gruppo Pazienti Linfomi Ail – Fil. È componente della Rete Ematologica Pugliese (Rappresentante delle associazioni operanti in campo oncoematologico)

In apertura photo by Azzedine Rouichi on Unsplash

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