Verso l'8 marzo

La violenza di genere sul lavoro deve fare allarmare. Non solo le donne

Circa 7 donne su 10 si sono dichiarate vittime di molestie, avendo ricevuto complimenti, allusioni e osservazioni sul proprio corpo che le hanno messe a disagio. Soprattutto le donne con ruoli di potere. Sono i dati di Fondazione Libellula. Secondo l’Istat meno dell'1% delle vittime ha avviato un procedimento giudiziario. Per paura. Il progetto di legge su “Norme penali e processuali contro le molestie sessuali”, presentato in Parlamento nel 1996, è ancora lettera morta

di Sabina Pignataro

MMiriam trovava bigliettini ovunque: sotto la tastiera del computer, sul cruscotto della macchina, tra il block-notes degli appunti. “Sei bellissima”; “penso sempre a te”; “vorrei svegliarmi e averti accanto”. All’inizio faceva finta di nulla, appallottolando con furia i foglietti gialli, sperando che nessuno notasse le sue gote infuocarsi. Poi il suo capo si era fatto più insistente, inviandole mail e messaggini anche di notte. Lei provava disagio, vergogna, rabbia, senso di impotenza e di ingiustizia. “Non è colpa tua”, “adesso la smette” si ripeteva mentre percorreva con gli occhi bassi il corridoio, tirando i lembi delle maniche sempre un po’ più giù e il colletto della camicia un po’ più su. “Se io non ti guardo tu non mi vedi”: era un gioco che faceva con la sua bambina e sperava funzionasse anche con gli adulti. Ma lui continuava senza riguardi. Dopo sei mesi Miriam ha iniziato cercare un nuovo lavoro e alla fine si è licenziata. Non ha confessato a nessuno quale fosse il motivo. Ma nulla si dimentica. E quando sua figlia ha raggiunto l’età per iniziare a lavorare, tutto il dolore che le si era annidato dentro è tornato a darle assedio. Ha provato paura per sua figlia e tenerezza per se stessa.

Poche denunciano

Molte sono le donne che vivono queste esperienze, anche se al momento sono ancora poche quelle che denunciano. Per paura. Di perdere il lavoro. Di non essere credute. Di dover affrontare conseguenze che sono ancora più grandi degli abusi subiti. Secondo l’Istat la maggior parte delle vittime ha taciuto e quasi nessuna ha avviato un procedimento giudiziario (meno dell’1%). Un freno alla segnalazione o alla denuncia è spesso rappresentato dal timore di non essere credute o di subire ritorsioni, che possono consistere nell’esser messe in ridicolo o considerate come delle rompiscatole, nell’essere emarginate dal gruppo, fino a subire bullismo o mobbing da parte del molestatore e dei suoi complici.

Legislazione latente

Sul piano legislativo, infatti, il ritardo nell’affrontare queste problematiche è ormai cronico. Un esempio su tutti: il progetto di legge su “Norme penali e processuali contro le molestie sessuali”, presentato in Parlamento nel 1996, è ancora lettera morta. Alcuni gruppi parlamentari, nella passata legislatura, hanno proposto di introdurre un reato “ad hoc” per le molestie, senza raccogliere i consensi necessari. Sebbene esistano strumenti di tutela civile e lavoristica (art. 2087, art. 2043, art. 2049 così come il d.lgs. 198/2006), i comportamenti molesti connotati sessualmente non costituiscono una fattispecie di reato penale autonoma.

I dati di Fondazione Libellula

Per cambiare questa cultura, dicevamo, allora partiamo dai numeri.
La Survey L.E.I. (Lavoro, Equità, Inclusione) 2024, dal titolo “Ti Tocca”, condotta da Fondazione Libellula tra dicembre 2023 e gennaio 2024, ha coinvolto ben 11.201 donne rivelando dati allarmanti circa la violenza di genere sul posto di lavoro.

Circa 7 donne su 10 infatti si sono dichiarate vittime di molestie, avendo ricevuto complimenti, allusioni e osservazioni sul proprio corpo che le hanno messe a disagio. Inoltre, sempre circa il 70% del campione ha dichiarato di aver ascoltato battute sessiste o volgari, rivolte a loro stesse o ad altre donne, sul posto di lavoro: quest’esperienza è stata sperimentata soprattutto dalle lavoratrici che non hanno un partner stabile o che lavorano in aziende con meno di 49 dipendenti.

Ma non è tutto: il 40% ha subito contatti fisici indesiderati, un dato in netto aumento rispetto al 2022 (+81% circa),mentre il 43% ha ricevuto avance esplicite indesiderate e il 27% ha segnalato richieste e comportamenti di natura sessuale non graditi o non sollecitati.

«I dati sottolineano la diffusa normalizzazione della violenza di genere anche nei contesti lavorativi, richiedendo un’azione immediata e risoluta per prevenire e contrastare queste situazioni», ha commentato Debora Moretti, Presidente di Fondazione Libellula.  «Pertanto questi episodi impattano in maniera significativa sul benessere di chi li subisce e anche di chi vi assiste».

Il Network di Fondazione Libellula, di cui fanno parte oltre 80 aziende, (tra cui Alleanza Assicurazioni; Banca Etica; Barilla; Decathlon; E.on; Equita; Esselunga; EssilorLuxottica; Generali; Heineken; Lombardini22; Randstad; Sodexo; UNI; Unipol; Vodafone; Zeta Service; Zurich), sta sviluppando una serie di progetti per aiutare le donne a reagire. Ne abbiamo scritto qui

La violenza sulle manager

Se poi prendiamo in considerazione dati analoghi riferiti alle donne che occupano posizioni manageriali, si riscontrano degli aumenti importanti rispetto alla media: ad esempio, il 77% delle manager e il 75% delle dirigenti ha sentito spesso o a volte commenti sul proprio corpo che le hanno messe a disagio.


Ugualmente, il 79% delle dirigenti e il 76% delle manager è stata oggetto o ha ascoltato delle battute sessiste o volgari verso altre donne, rispetto alla media di circa il 70%. E se parliamo poi dei contatti fisici indesiderati, la percentuale media del campione (40%) cresce fino al 47% per le dirigenti e al 54% per le imprenditrici.

Ma forse l’aumento più significativo si riscontra sui dati riguardanti le avance esplicite indesiderate (43%), di cui sono state vittime il 64% delle imprenditrici e il 54% delle dirigenti, e le richieste di natura sessuale non gradite o non sollecitate (27%),che hanno riguardato il 45% delle imprenditrici e il 35% delle dirigenti.

Come mai?

Ci sono due ipotesi che potrebbero spiegare perché i dati riguardanti le donne con ruoli di potere sono peggiori della media.
La prima ipotesi suggerisce che queste donne siano più consapevoli della situazione; l’alternativa ipotizza che, occupando posizioni storicamente riservate agli uomini, siano soggette a comportamenti che le depotenziano, le sminuiscono o le “oggettificano”, come se venissero “rimesse al loro posto di donna“. Quest’ultima troverebbe conferma in un altro dato significativo emerso dal report, secondo cui l’88% delle dirigenti e delle manager vede gli uomini crescere professionalmente più velocemente delle donne.

Problema culturale e strutturale

La persistente discriminazione e molestia sul posto di lavoro nei confronti delle donne con ruoli di potere evidenzia un grave problema culturale e strutturale: l’Italia si attesta stabilmente all’ultimo posto in Europa da oltre un decennio per quanto riguarda la parità di genere, in relazione ad esempio alla segregazione lavorativa o alla partecipazione ai processi decisionali.

I 5 consigli di Fondazione Libellula

  1. Chiedi che vengano attuati progetti di sensibilizzazione e formazione per tutto il personale su come riconoscere gli stereotipi e le discriminazioni che abbiamo interiorizzato e su come queste possano tramutarsi in micro-aggressioni più o meno consapevoli.
  • Informati su quali sono gli strumenti a disposizione in azienda: esiste una policy anti-molestie? È stata condivisa? C’è uno sportello o una Consigliera di Fiducia da poter contattare in caso di dubbio o segnalazione?
  • Fai sentire il tuo sostegno a una neo-mamma che ritorna al lavoro dopo il congedo di maternità, fai lo stesso con un neo-papà. Proponi un’attività per supportare la genitorialità condivisa.
  • Viviti come parte attiva del cambiamento: in alcune aziende, come quelle del Network Libellula, è possibile ricevere una formazione specifica su queste tematiche per diventare ambassador.
  • Contatta lo Sportello L.E.I. che Fondazione Libellula ha dedicato alle lavoratrici in cerca di ascolto e orientamento per casi di discriminazioni, molestie e violenze.

Foto in apertura, Mohamed Assad su Pixabay

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