Musica

La violenza della trap non è nata con la trap

Dopo il suicidio in carcere del trapper Jordan Jeffrey Baby, torna sotto accusa la musica trap, con i suoi testi sempre più espliciti nel fare riferimento a droghe, sesso e violenza, soprattutto contro le donne. Sette canzoni su dieci parlano di rabbia, sei di violenza, le droghe compaiono nel 58% dei casi. Modelli che rischiano di essere copiati? «Questi contenuti possono portare a una maggiore tolleranza nei confronti di alcuni comportamenti», spiega la psicoterapeuta Lucia Beltramini. Ma se questo fosse in fondo solo lo specchio del mondo adulto?

di Sabina Pignataro

Dopo il suicidio in carcere del trapper Jordan Jeffrey Baby, la musica trap è finita di nuovo sotto i riflettori, attirando critiche e condanna da parte degli adulti (soprattutto dei genitori) e dei media a causa dei temi e dei toni utilizzati.

«Misoginia, sessismo, oggettivazione della donna, cultura dello sballo (esaltazione di alcool e droghe), materialismo, individualismo, narcisismo, perfezionismo estetico, criminalità, ossessione per la moda,  ricchezza e celebrità». L’intero inventario delle tematiche dei testi trap è così riassumibile. Lo spiegano Silvestro Lecce e Federica Bertin, autori del libro “Generazione trap. Nuova musica per nuovi adolescenti” (Mimesis, 2021). Sebbene vi sia  un continuo proliferare di nuove leve di trapper, l’esagerazione sembra il fil rouge: «Le storie ricordano lo stile di un preadolescente maschio, spavaldo, senza limiti e senza legge».

L’analisi di 500 testi

Secondo una recente ricerca condotta da Libreriamo, un social media italiano dedicato alla cultura, che ha analizzato attraverso un software quasi 500 testi di canzoni interpretate da diversi rapper e trapper, i temi più ricorrenti sono l’autocelebrazione (81%), la rabbia e la delusione (77%), la violenza (61%), le droghe (58%), la disparità di genere (55%). E quasi 6 canzoni su 10 contengono espressioni violente contro le donne.

Le sostanze  (58%) sono un altro tema sempre più presente nei testi (ma anche nei video), soprattutto la cannabis (71%) e altre droghe (35%). «La mia ragazza segue la moda/Io seguo i soldi e la droga», cantano la Dark Polo Gang nella canzone intitolata Diego Armando Maradona.

Il senso di inadeguatezza che si prova nei confronti della società attuale porta molti trapper ad esprimere quella frustrazione e quel disagio generazionale che ricorre con frequenza all’interno dei loro testi (61%) e che porta molti giovani a ritirarsi dalla vita sociale standosene in disparte. «Nell’abisso di Xanax per dormire e cancellare/ E allora casco giù perché / Se ci fosse una strada per risalire / Io la vedrei / E invece», scrive il trapper Chiello  in Abisso di Xanax, un titolo che affronta il tema del disagio mentale vissuto dai giovanissimi. Molti brani trap mescolano delusione e rabbia (77%). 

Ma cosa genera tali sentimenti negativi? Principalmente i trapper nei loro testi riversano tutta la rabbia dovuta a delusioni d’amore (65%), conflitto generazionale in famiglia (54%), rabbia nei confronti dei poteri forti (47%) o alla scomparsa di un loro amico (34%). Anche i cosiddetti “fratelli”, o meglio “bro” nel linguaggio trap, sono quasi sempre al centro (64%), ma quali elementi fondamentali per celebrare ancora di più il proprio status di star. La violenza verbale e fisica (61%) fa parte delle canzoni della trap. I rivali (ovvero gli altri trapper) vengono offesi e derisi (58%). La forza è l’unico elemento per dirimere le controversie (51%)un tassello tipico della cultura mafiosa in cui l’affermazione del clan diventa fondamentale per garantire l’ordine.

La violenza verso le donne

Le ragazze vengono spesso etichettate come “ragazze facili” che meritano di  essere sessualmente umiliate, usate, disprezzate. «Preferisco vederti morta che con un altro» dice un verso di Emis Killa. Nei testi spesso c’è una costante esibizione di una sessualità maschile predatoria, in cui le donne, ad eccezion fatta della propria madre, sono trattate come semplici oggetti sessuali. «L’universo femminile, quando non declinato in termini sessuali, è spesso ridotto a terreno di scontro sul quale fare conquista di trofei da ostentare ai propri interlocutori o, sarebbe meglio dire, ai propri rivali», spiegano Lecce e Bertin.
“Sei soltanto mia, mai più di nessuno/Odio chi altro ti ha avuta o fatta sentire al sicuro/ per te vado in galera e se domani finisce è un problema”, canta Sfera Ebbasta con Elodie nel brano Anche stasera.

Quali effetti sui più giovani?

«Questi contenuti e immagini non hanno un impatto neutro in chi ascolta i testi e guarda i video», osserva Lucia Beltramini, psicoterapeuta autrice del libro “La violenza di genere in adolescenza” (edizioni Carocci 2020). È stato ad esempio osservato un legame tra l’ascolto di canzoni dai testi misogini e un rischio aumentato di risposte aggressive verso le donne, così come una percezione più negativa delle donne stesse». Questo non significa, aggiunge, «che la semplice esposizione alla violenza nei media determini automaticamente un cambiamento nei comportamenti delle persone, tuttavia ciò può portare a una maggiore accettazione e tolleranza nei confronti di alcune forme di violenza».

A destare preoccupazione non sono solo i testi, ma anche i video. «L’American Psychological Association sottolinea come il mondo dei video musicali presenti molto materiale sessualizzante. In particolare, dal 44 all’81% dei video musicali contiene immagini sessuali, soprattutto di ragazze e donne vestite in maniera provocante, e spesso le inquadrature vengono fatte ad hoc per enfatizzare i loro corpi, le caratteristiche del volto, la disponibilità sessuale».

Se fosse una fotografia del mondo adulto?

Eppure, osservano Silvestro Lecce e Federica Bertin, la musica riflette gli aspetti sociali ed economici di un luogo: viviamo in una società dove farsi forti, fare soldi, essere sessualmente attivi, viene giudicato vincente.  In questi casi «sembra proprio che i giovani non abbiano fatto altro che appropriarsi dei valori egemoni della nostra epoca storica e ne abbiano tratto le logiche conseguenze sfruttando una visibilità impensabile in altre epoche grazie al diffondersi dei nuovi media».

Sembra proprio che i giovani non abbiano fatto altro che appropriarsi dei valori egemoni della nostra epoca storica e ne abbiano tratto le logiche conseguenze

Silvestro Lecce e Federica Bertin

Ricchezza e celebrità

L’analisi di Libreriamo in parte conferma questa riflessione. Le figure più frequenti nei testi dei trapper analizzati, oltre a spacciatori e altri piccoli criminali, sono ragazzi e ragazze che ostentano la propria ricchezza indossando vestiti o gioielli di lusso. Il lusso sfrenato legato alle griffes della moda è, infatti, un elemento fondamentale nei testi dei trapper (63%). I marchi vengono citati ed esibiti attraverso i profili social. La Lamborghini emerge spesso nei testi come l’auto dei sogni (47%). E un altro desiderio (poco nascosto) è potersi ritrarre mentre si è a mollo nella piscina della propria villa (35%), simbolo massimo della ricchezza raggiunta.
Tornare da ricchi nel quartiere di origine (65%) e affermare alla propria mamma che sono riusciti (64%) sono argomenti ricorrenti.  I trapper arrivano quasi tutti dalle periferie delle grandi città, spesso hanno una famiglia a pezzi, con poche opportunità di lavoro e di crescita. Nelle loro canzoni evidenziano la scalata al successo. «Mamma, hai visto che ce l’ho fatta» canta Lazza in Million Dollar

Cosa fare?

«Sarebbe importante confrontarsi con i più giovani sui testi delle canzoni, anche ascoltarli insieme se serve, per capire cosa si sta realmente ascoltando. A volte, infatti, siamo talmente immersi in quello che facciamo, che parole e immagini – anche molto forti – ci passano nelle orecchie e davanti agli occhi senza che ci sia una reale attenzione», suggerisce Beltramini. «Al contrario, portare consapevolezza (“Cosa si sta dicendo in questa canzone?”), lasciare spazio di riflessione (“Tu cosa ne pensi?”), sviluppare senso critico (“Sei d’accordo?”) possono già essere elementi importanti per lasciare aperto il canale del dialogo. Questo può permettere agli adulti di discutere con ragazze e ragazzi anche dei contenuti problematici che certi testi o video musicali possono trasmettere e accompagnare ragazze e ragazzi nella decodifica di quanto ascoltano e vedono».  
Se infatti censurare e far sparire le cose sbagliate non elimina il problema, contestualizzare il contesto, sottolineare quali siano gli errori, le mancanze e le discriminazioni invece va nella direzione giusta per superarlo, per prestare maggiore attenzione al linguaggio che si usa, in qualsiasi situazione e ambiente, sia con i propri familiari e conoscenti, sia sul lavoro e sia nei prodotti creativi quali canzoni, quadri, libri.

Uno sguardo al passato

Ben prima della trap, alcuni temi misogini e violenti erano ben rappresentati dalle canzoni pop, quelle che da Sanremo e nei falò sulla spiaggia sono diventate patrimonio emotivo comune per generazioni di italiani. Lo spiega il filologo Riccardo Burgazzi nel libro “Maschilismo orecchiabile” (Prospero editore, 2021), mostrando, attraverso l’analisi di oltre 170 testi di canzoni in voga dalla fine degli anni Cinquanta alla fine degli anni Zero, come abbiamo per anni canticchiato canzoni pop che in qualche modo hanno contribuito alla cultura sessista e violenta. «Ti seguo ti curo, non mollo lo giuro» (Adriano Pappalardo), «Mi verrebbe di strapparti/Quei vestiti da puttana/E tenerti a gambe aperte/Finché viene domattina» (Marco Masini), «Se tu mi guardi non rispondo / Davvero non rispondo di me, io non ti voglio / Ti pretendo, è inutile che dici di no» (Raf): gli esempi si sprecano.

Foto in apertura, audience by pixabay

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