Formazione
La vigilia di Napoli. «Gratuità e pragmatismo»
A due settimane dallinizio della Conferenza sul volontariato, Vita dà la parola ad alcuni leader di grandi associazioni...
Quando si decide di essere volontario, si accoglie la dimensione dell?attesa. I problemi altrui non si risolvono di colpo, con la bacchetta magica. Ci vuole tempo. Tempo e pazienza. Che insieme fanno apparire le luci della ribalta ancor più evanescenti. E le mostrano per come sono: mai così affascinanti? Sarà per questo che la Quinta conferenza nazionale del volontariato, dal 13 al 15 aprile a Napoli, non sembra riscaldare troppo i cuori? Giacché i dirigenti delle associazioni cui abbiamo chiesto quali aspettative nutrono nei confronti di questo appuntamento, sono apparsi piuttosto tiepidi. Li abbiamo trovati cauti, anche se non indifferenti. Ragionevolmente interessati, ma non entusiasti: questa iniziativa potrebbe rivelarsi una passerella, un rito un po? inutile, o al più avvicinare al nocciolo della questione, che è pur sempre un altro, ovvero «condividere il bisogno dell?altro» (don Mauro Inzoli, presidente dell?Associazione Fraternità di Monte Cremasco e del Banco alimentare).
Comunque una ripartenza
Pragmaticamente però quasi tutti gli interpellati riconoscono che così può ripartire il dialogo, dopo ben cinque anni di silenzio (la precedente conferenza ebbe luogo ad Arezzo, nel 2002). E proprio per questo – aggiungono – sarebbe stato meglio arrivarci mediante un percorso più curato. Magari mediante un tavolo di discussione, utile per qualificare la partecipazione a Napoli, suggerisce Mirella Savegnago dell?associazione Arché (che si occupa di bambini sieropositivi). Oppure dopo aver finalmente avviato quel confronto interno che permetta al non profit di abbandonare un atteggiamento autoreferenziale, di smettere di guardare al passato, come suggerisce Gustavo Modena, presidente di Aiutare i bambini.
Certo ricominciare a discutere male non può fare. L?essenziale, sottolinea Amedeo Trentini, direttore di Villaggi Sos, è che «il confronto con le istituzioni presenti a Napoli sia improntato a vera disponibilità e soprattutto produca una coerente assunzione di responsabilità, magari con una svolta verso un atteggiamento che premi il volontariato».
Perché il volontariato sa di meritare di più. Sa di non essere un serbatoio per la politica, o meglio per partiti in crisi di astinenza da realtà. «Capita», ricorda Modena, «che qualcuno usi il terzo settore come strumento per fare carriera politica. Sono esempi che non aiutano, ma poi il volontariato ha dimostrato di andare avanti lo stesso».
Le questioni di sempre
«Già, va avanti lo stesso, anche perché», spiega Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo d?oro , «la crescente difficoltà dello Stato a stanziare risorse sollecita una maggiore responsabilizzazione del non profit». Cresce così l?esigenza dei volontari di essere trattati come una risorsa per il Paese, capace di fornire risposte e perciò da sostenere. E qui entriamo nel campo delle richieste più concrete che sono soprattutto (e da tempo) di due tipi. Le sintetizza bene Regina Sironi, segretario generale Abio: maggior condivisione e concertazione da una parte; soluzione di problemi di carattere legislativo dall?altra.
Quanto al primo punto, la persuasione diffusa è che sarebbe più agevole individuare soluzioni e certi servizi sarebbero più efficaci, se vi fosse una maggiore concertazione, a tutti i livelli. «Invece spessissimo il volontariato è chiamato in causa, a giochi fatti. Quasi a tappare i buchi. Essendo perciò costretto ad andare sempre in salita, a rincorrere problemi che era possibile anticipare», spiega Sironi.
L?altro filone è quello legislativo: è urgente, secondo molti, un riordino del quadro giuridico, per renderlo più coerente e più semplice. Ancora una volta in nome di un sano pragmatismo. Due esempi.
Il primo lo fornisce Sironi: una realtà come la Fondazione Aibo si impegna per alleviare il ricovero dei bambini in ospedale, ma si trova a pagare sui giocattoli donati agli ospedali ben il 20% di Iva. «Lo Stato ruba ai bambini» si intitolava un articolo apparso tempo fa su Vita, «ma da allora non è successo niente».
Il secondo esempio viene da Mario Battaglia, presidente Aism – Associazione italiana sclerosi multipla: «Ci sono diverse distorsioni e anomalie. Ad esempio una realtà come Aism è esclusa dai registri regionali di volontariato in quanto organizzazione iscritta al Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale. Non si capiscono però le ragioni di questa presunta incompatibilità».
Organizzare una testimonianza
Quanto a uno dei temi proposti dalla Conferenza, la gratuità, la convergenza è netta: è un valore specifico del volontariato e va difesa. Sapendo che il dono, la relazione, la disponibilità continuano a costituire quel famoso valore aggiunto di cui si parla da tanti anni (e su cui, secondo Battaglia, «sarebbe bene ritornare, anche per contrastare pratiche diffuse che intaccano il principio di gratuità»).
Parallelamente però si sta facendo sempre più strada l?idea che «a fianco di un volontario che si impegna senza compenso, occorre riconoscere che il meccanismo del volontariato ha un costo», come ricordano Savegnago e Inzoli: «Nessuna opera che voglia sfidare il tempo può fare a meno di organizzazione».
Questo da una parte interpella sviluppi possibili (ad esempio il percorso dall?associazione all?impresa sociale) ma dall?altra chiama in causa il capitale umano, e cioè gli stessi volontari. Un esercito che continua a essere in prima linea, che non smette di proporsi e impegnarsi. Ma anche un esercito che sta cambiando. Anche su questo andrebbe aperta un discussione: ha senso pensare al volontariato nei termini che si usavano 30 e più anni fa?
A Napoli sarebbe senz?altro opportuno ragionarne, magari tenendo conto del monito di padre Vittorio Arrigoni dell?Opera San Francesco: «Nell?eccesso di formazione si nasconde un equivoco della modernità. Viene accantonato il discorso sul valore e si trasforma tutto in tecnica, da apprendere appunto in un corso. Ma le motivazioni profonde per un volontario non arrivano da un percorso formativo».
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