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La via del fuoco: Bernardino da Siena contro il gioco d’azzardo

La storia del Santo che per primo nella storia fu anche fervente no slot. «Non serve limitare il gioco», diceva, «bisogna “levar via” gli strumenti del gioco»

di Marco Dotti

Bologna, 1423, giorno di Quaresima. Davanti alla chiesa di San Petronio si accese un falò dentro il quale finirono carte, dadi, tavole: gli strumenti dell’azzardo. Tra l’ira e gioia, la popolazione- anche quella parte che vi traeva lucro e non perdita –  li scagliò tra le fiamme.  Con un misto di ammirazione e sgomento, le cronache ricordano che ad accendere gli animi della ricca e opulenta popolazione fu una predica. L’oratore ha un nome anch’esso ammirato e temuto, celebrato dal calendario liturgico il 20 maggio di ogni anno: Bernardino da Siena.  

Alla fine dei quaresimali era consuetudine accendere fuochi – i cosiddetti falò delle vanità – e buttarvi dentro gli arnesi del diavolo e di quello che a ragione veniva considerato un “turpe lucrum”.

L’azzardo, andava predicando frate Bernardino, induce al peccato mortale. L’azzardo attiva controdesideri nefasti che conducono a un’ancor più nefasta rovina. Quali? Ecco le parole di Bernardino:  «il primo è il desiderio di lucro, il secondo è la volontà di predare, il terzo è l’usura al massimo grado, il quarto è la moltitudine dei bugiardi, il quinto è la fonte di blasfemia e di spergiuro. Se ne aggiungono altre cinque: il primo è la corruzione e deviazione della gioventù, il secondo è lo scandalo degli uomini giusti, il terzo è il disprezzo per la proibizione ecclesiastica, il quarto è la perdita di tempo, il quinto sono le frodi e le truffe. Ancora cinque vi si sovrappongono. Il primo è l’ira e le risse, il secondo la disperazione insana, il terzo l’adorazione stolida, il quarto è il nutrimento dell’ozio, il quinta la vita turpe e infame». L’azzardo è un idolo: se interrogato, un idolo risponde sempre, non si cela nel silenzio o nel mistero. Risponde sempre, ma mente. Per questo richiede “adorazione stolida”.

(Oggi ci arrivano voci di persone che si danno fuoco – l’ultima notizia in cronaca, proprio nel giorno in cui si celebra il Santo: Meglio bruciare le cose).

Benché avesse licenza del Vescovo per appiccare il fuoco, più per invidia che per sostanza su Bernardino cominciarono a circolare voci di eresia. Ma il santo non dovette perdersi d’animo se quattro anni dopo lo ritroveremo a Siena, animato dallo stesso furore.

Nel 1427, nel Quaresimale di Siena, Bernardino rincarò infatti la dose: «O così anco colui che dice: “Oh che bisognava ardere i tavolieri? Elli bastava a levar via il gioco senza ardarli, e conduciare che chi giocava, si rimanesse [astenesse] di quello e d’ogni suo malfare”.  Tu dici: – Oh si giuoca in segreto! – Io ti domando se tu ha’ memoria di quello che io ti dissi. Io so’ bene ch’io non t’ho detto che tu arda e’ tavolieri, e poi giochi; so’ io ch’io ti dissi, che tu ti rimanesse del gioco, che non n’è boccone di buono; e perché non te ne venisse voglia, che tu ardesse e’ tavolieri e l’altre cose che ti davano cagione di giocare».

Non serve limitare il gioco – suggerisce il Santo – bisogna “levar via” gli strumenti del gioco.  Ne va della salute di tutti, di un’intera società – anche dei non giocatori – non della “malattia” di pochi…

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