C’è voluto uno scatto di orgoglio professionale da parte di un vasto schieramento di testate giornalistiche e televisive, di colleghi, di commentatori, di esperti, per modificare radicalmente in pochi giorni l’atteggiamento dell’opinione pubblica, fortemente influenzata dalle immagini delle persone malate che protestavano reclamando la possibilità di accedere, a carico del servizio sanitario nazionale, alle supposte “cure” del metodo Stamina. Senza questo lavoro di approfondimento, di verifica delle notizie, delle fonti, di acquisizione di pareri competenti al di là e indipendentemente dalla deplorevole vicenda della commissione ministeriale sconfessata in modo ridicolo, oggi la stessa indagine della procura di Torino, e gli altri filoni di carattere giudiziario che potrebbero svilupparsi nelle prossime settimane (magari a Brescia) apparirebbe ai più come una vessazione del potere, al servizio di una fantomatica lobby delle grandi aziende farmaceutiche (sic!) che si augurano una popolazione mondiale sempre più malata e quasi incurabile.
Anche io, nel mio piccolo, ho cercato di arginare la follia fideistica costruita attorno a un personaggio triste e mediocre come il “professore” (!) Davide Vannoni. Il mio intervento nel blog InVisibili di corriere.it ha creato anche più di una reazione negativa nel mondo delle persone con disabilità che in questi mesi si sono avvicinate speranzose alla promessa del miracolo di cure attraverso il miscuglio misterioso, reso affascinante dalla parola magica “staminali”. Ho particolarmente apprezzato, perciò, l’insolita citazione del mio post da parte dell’editorialista de La Stampa, Giovanni Orsina, nel suo bel commento “Lo specchio di un Paese fragile”, non per narcisismo personale, ma perché anche questo è il segno di una presa di coscienza trasversale e molteplice: non possiamo permetterci il lusso, per paura di essere criticati o incompresi, di girarci dall’altra parte o di limitarci a una generica compassione nei confronti delle famiglie finite in questa spirale perversa di disperata speranza.
La verità, detta con amore e sincerità, è l’unica autentica cura compassionevole. Ricordo Renato Dulbecco (altro che Vannoni) confidarmi, tanti anni fa, in una pausa della maratona di Telethon, che occorre grande cautela nell’annunciare i possibili progressi nella ricerca sulle malattie genetiche, specialmente adesso, che la frontiera delle cellule staminali sembra aprire scenari impensabili di guarigione, e non solo di conoscenza dei meccanismi inceppati del dna. Eppure la scienza “ufficiale”, faticosamente ma con costanza, attraverso il finanziamento di tanti progetti e di centri di ricerca, quasi sempre grazie alla generosità dei donatori, e dunque senza gravare sulle finanze pubbliche (anche troppo poco, in verità) è riuscita a raggiungere molti risultati, tutt’altro che modesti, in Italia e nel mondo. E questo anche grazie alla pazienza tenace delle famiglie che si sono riunite in associazioni, magari piccole o piccolissime, riuscendo a individuare obiettivi raggiungibili, in modo serio e trasparente, e facendo poi rete, buona comunicazione, ottimi progetti.
La ventata violenta e ignorante che si è sollevata attorno a Stamina ha rischiato seriamente di vanificare questo lavoro complesso di costruzione di un modello di collaborazione tra non profit e mondo della ricerca e delle istituzioni sanitarie del Paese. Un patrimonio del quale possiamo e dobbiamo essere orgogliosi, anche nella consapevolezza che non sempre si è in grado di fornire risposte consolatorie, di fronte a situazioni drammatiche, non solo per la gravità di patologie sconosciute, ma anche per la distanza abissale tra il tempo della ricerca e il tempo della vita.
Mi auguro che questo Natale porti consiglio, un po’ di serenità e di riflessione. Ma non abbassiamo la guardia, e stiamo attenti ai mostri che i media possono costruire, magari solo per vincere una battaglia di audience, o per sentirsi, per un giorno, i paladini di una causa apparentemente giustissima. Le vittime sono le famiglie, a loro, di cuore, il mio augurio di trovare, nel tempo, la serenità che oggi non possono avere. Solo il tempo restituirà, forse, il senso della verità.
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