Famiglia

La vera storia che sta dietro il muro

Il caso Padova /Affitti in nero a prezzi altissimi, miniappartamenti sovraffollati. Così nasce un ghetto. L'analisi controcorrente di Steano Allievi, docente di Sociologia

di Sara De Carli

Bisognava fare qualcosa, e subito: «Se ci abitassi io, vicino a via Anelli, sarei arrabbiatissimo, e avrei ragione. Via Anelli andava per forza smantellata, non c?era altra soluzione». A parlare così è Stefano Allievi, nato a Milano ma padovano da una vita, docente di Sociologia a Padova e massimo esperto italiano di Islam. Dell?operato del sindaco Zanonato condivide le premesse e gli obiettivi, ma non il metodo. Va bene lo smantellamento del ghetto, con il trasferimento delle famiglie di immigrati in altre zone della città, ma «il muro no», qualunque cosa ne pensi il ministro Ferrero (che in un primo tempo sembrava aver ?benedetto? la barriera antispaccio, precisando poi di considerarla soltanto la risposta a un?emergenza). «I muri», spiega Allievi, «si fa presto a farli, ma poi ad abbatterli ci vuole un sacco di tempo. Il muro è stato funzionale nell?immediato – neanche nel breve termine – ma non è una soluzione. Tanto meno per gli autoctoni: perché dovrebbero vivere con un muro che li separa dal resto della città? Sono contrario ai muri per principio, sono segno di una mentalità che misura le cose sulla chiusura e non sull?apertura. Le piazze per pulirle si aprono, non si chiudono. Qui a Padova ne abbiamo un esempio, dovuto più al caso che alla lungimiranza dell?amministrazione, in piazza Prato della Valle: una piazza bellissima e piena di spacciatori, la gente non ci portava neanche il cane. Poi hanno fatto i Mondiali di rollerblade e da quando c?è quell?anello la piazza è rifiorita. È molto sicura perché è molto vissuta, non il contrario. Vita: Via Anelli è simbolo di un problema di immigrazione o di droga? Allievi: Non si può dire che le due cose non c?entrano, però bisogna distinguere. Nessuno o quasi degli stranieri residenti in via Anelli ha a che fare con la droga e lo spaccio. Gli spacciatori sono tutta gente che arriva da fuori e viene qui a pascolare. Via Anelli è una calamita per gli stranieri, la gente viene perché sa che qui trova sempre qualcuno del suo paese. Qualcuno vuole solo socializzare, qualcuno cerca la droga. La delinquenza c?è, ma in gran parte via Anelli è solo un esempio di ordinaria mal riuscita integrazione. Vita: La soluzione individuata dal sindaco è sparpagliare le famiglie immigrate in altre zone della città. Può funzionare? Allievi: Secondo me su questo dobbiamo abbandonare le ideologie. È vero che le aggregazioni monoculturali non sono un buon modello, ma di fatto nell?immigrazione di prima generazione sono necessarie. Lì dentro i nuovi arrivati trovano una solidarietà che, isolati come monadi in una città straniera, non troverebbero. In una prima fase dell?immigrazione, come è quella dell?Italia, i gruppi omogenei paradossalmente sono funzionali all?integrazione. Il problema di via Anelli è che lì c?era marginalità diffusa, affitti in nero a prezzi altissimi, sovraffollamento abitativo. Non è solo frutto del mancato controllo pubblico, ma anche delle speculazioni dei privati. Io li avrei fatti pagare: avete fatto un danno alla collettività, prendetevi le vostre responsabilità. Vita: Cosa avrebbe fatto? Allievi: Lo Stato può incamerare i beni dei privati in alcune occasioni, no? Questa secondo me è una. So che è facile dirlo, ma io via Anelli non avrei proprio permesso che sorgesse. Dobbiamo imparare a prevenire, perché poi è ovvio che in una situazione così sbagli sempre. Per esempio, nello svuotare le palazzine, perché non fare progetti pilota? Perché non partire con dieci famiglie e monitorare i risultati? Perché non c?era più tempo, si è aspettato l?ultimo secondo per intervenire. Avrei fatto un tavolo di consultazione con le istituzioni, le associazioni, la Chiesa, il privato sociale, i proprietari delle case, i commercianti. E avrei distinto i problemi: da una parte la delinquenza, dall?altra l?integrazione. Per esempio, distinguere tra famiglie immigrate e singoli, aiutando le famiglie più dei single. E le famiglie tolte da via Anelli, invece di metterle in un?altra zona di Padova, le avrei inserite nei Comuni della provincia. L?integrazione funziona meglio nei piccoli centri, non in città: lo sanno tutti, le politiche delle migrazioni dovrebbero prenderne atto.


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