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La vera adozione è più di un’adozione

I numeri del fenomeno e una proposta: aiutare i bambini a restare nelle loro famiglie con interventi delle associazioni.

di Benedetta Verrini

Come potete guardare negli occhi i vostri figli, pensando che avrebbero potuto restare nella loro famiglia d?origine, se solo non fosse stata schiacciata dalla miseria?». Marco Griffini, presidente dell?Associazione Amici dei bambini-AiBi, lancia la sua bomba a mano nell?universo adozione internazionale, per denunciare la situazione di tanti Paesi – negli ultimi anni soprattutto dell?Est Europeo – in cui la povertà della popolazione e il conseguente abbandono di minori sono stati sbrigativamente risolti, almeno in Italia, con un massiccio ricorso alle adozioni.
Un esempio? In Paesi come Ucraina e Bielorussia, dove ancora è possibile scegliere direttamente i minori dalle foto degli archivi o grazie a intermediari compiacenti, sono migliaia le coppie straniere che effettuano adozioni. In Italia, tra il 1999 e il 2000, gli affidamenti preadottivi di minori ucraini sono aumentati del 146%; del 193% quelli di minori bielorussi. E non sarà proprio un caso se, sempre in Ucraina, il numero dei piccoli che finisce in adozione all?estero è assolutamente prevalente: l?anno scorso sono stati 2200 su 2443, il 98% del totale.
«Queste sono adozioni improprie», ha detto Griffini durante il convegno AiBi sull?adozione internazionale che si è svolto due settimane fa a Folgarida, alla presenza della presidente della Commissione adozioni internazionali, Melita Cavallo, e delle autorità centrali per le adozioni di molti Paesi dell?Est Europeo, Colombia e Perù. «Dove è finito il principio di sussidiarietà imposto dalla legge? Possiamo dire di aver fatto tutto il possibile, a livello di cooperazione internazionale, per sostenere quelle famiglie in stato di indigenza o per cercare di inserire i minori presso altre famiglie del proprio Paese d?origine? O non c?è piuttosto, la presunzione che da noi ?vengono a stare meglio??», ha continuato Griffini. «La soluzione, per questi bambini, non può essere solo l?espatrio: per questo abbiamo deciso di chiedere al governo un investimento di 60 miliardi per sostenere progetti di sussidiarietà in quei Paesi dove si pratica l?adozione internazionale»
La proposta dell?associazione è già stata recapitata al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al ministro per il Welfare Roberto Maroni. Si tratterebbe di inserire i 60 miliardi – la stessa cifra che ogni anno circa 3mila coppie italiane spendono per adottare un bimbo straniero, considerando che l?adozione costa mediamente 20 milioni – in uno specifico capitolo di spesa nella Finanziaria 2002, e di affidarne la gestione alla Commissione adozioni internazionali – che attualmente dispone di un budget molto limitato, circa 13 miliardi – in modo da finanziare specifici progetti di cooperazione degli enti autorizzati.
«Non posso che condividere questa proposta, visto che la sussidiarietà è un principio rimasto sulla carta», commenta Melita Cavallo. «L?attuale governo, che ha impostato parte del suo programma sul sostegno alla famiglia e ha guardato con interesse al fenomeno adozione, dovrebbe essere particolarmente sensibile a questa sollecitazione. Per quanto ci riguarda, se avessimo i fondi necessari, potremmo fare interventi duraturi in tutte le grandi aree in cui lavoriamo e in quelle dove stiamo cercando di aprirci, come Cina e Vietnam».
Fino ad ora, i progetti di cooperazione avviati nei Paesi stranieri sono stati finanziati dagli enti autorizzati (per i quali l?attività di cooperazione è, tra l?altro, condizione per ottenere l?autorizzazione). Piccole gocce nel mare che hanno iniziato a dare frutti: il Ciai, ad esempio, con i suoi progetti di adozione a distanza ha già permesso a oltre 15mila bambini di essere vaccinati, istruiti e, soprattutto, di crescere nella propria famiglia, e oggi testimonia che il proprio impegno sulla comunità e la famiglia serve a prevenire gli abbandoni.
Dal canto loro, i rappresentanti delle autorità centrali straniere hanno chiesto di non considerare i loro Paesi come ?serbatoi di bambini? e sollecitato la collaborazione italiana per sradicare il fenomeno della corruzione. «Abbiamo messo fuorilegge la pratica dell?intermediazione nella procedura d?adozione internazionale», ha detto Eva Jecheva, presidente dell?Agenzia nazionale bulgara per la protezione del bambino, «ma i direttori degli asili, che per la nostra legislazione hanno facoltà di decidere l?abbinamento tra la coppia e il minore, sono ancora sottoposti a pressioni fortissime. Molti intermediari offrono tanto denaro, al punto che abbiamo dovuto istituire un tetto di 2mila dollari alle donazioni». Ma di chi è la colpa, allora, dei ricchi stranieri disposti a pagare qualunque cifra per avere un bambino bello, sano e piccolissimo, o dei funzionari corrotti che applicano un vero e proprio tariffario? «La colpa non è delle coppie», continua la Jecheva, «ma ci appelliamo a loro perché rispettino le nostre leggi e così pure le tante coppie bulgare che ora vorrebbero adottare ma non possono ?competere? con certe offerte. Ci appelliamo perché i diritti dei bambini vengano davvero rispettati».

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