Non profit
La vendetta di Facebook
Brunetta blocca i social network nella P. A.? Loro si vendicano e si fanno trovare tramite altri siti
Prima i tornelli. Poi la riforma (che ha colpito, ops, anche le persone con disabilità). Quindi la battaglia mediatica, svoltasi nel paese dei buoni (molti) e dei cattivi (pochi). L’avrete capito. Parliamo della lotta brunettiana e ai lunghi coltelli contro i fannulloni. Di recente c’è stato il salto di qualità, verso il virtuale: non è più sufficiente bloccare i pigroni in ufficio, impediamo loro ogni evasione anche digitale. È arrivato così il blocco dei social network. Pericolose distrazioni al lavoro ovviamente.
Lavorare stanca
Dunque da qualche settimana i computer degli uffici pubblici, di molte aziende e dei ministeri sono stati regolati in modo da bloccare l’accesso a Facebook, Linkedin, Myspace e via socializzando. Una iniziativa che, come spesso accade, ha trovato il sostegno di alcuni e il discredito di altri. Suvvia, hanno pigolato questi ultimi, che male facevamo… Qualche minuto di socialità, un po’ di ossigeno per poi rituffarsi nell’apnea di un lavoro non sempre gratificante. Si consolino gli orfani di Facebook: la legge è legge, ma proprio per questo un modo di aggirarla lo si trova sempre. E il soccorso (rosso?) viene in questo caso dalla tecnologia. Perché bloccare un sito non è facile come dirlo. È come voler afferrare un’anguilla che, come sa bene il veneziano Brunetta, non è che proprio sia in attesa di finire in padella. Dunque si agita, si muove, guizza via.
Tecnologia & fannulloni
Esattamente come il web. Che in poche settimane ha trovato l’anticorpo alla severità ministeriale nella forma di alcuni siti, collegandosi ai quali è possibile dribblare il brunettiano volere. Sono i cosiddetti siti-ponte: tu vai lì e loro, gentili assai, ti mettono a disposizione un collegamento che non comparirà nell’austero server ministeriale. Il quale è si chiamato cervellone ma tanto intelligente non è. Ricerca e blocca esattamente il sito http://www.facebook.com, senza accorgersi che esiste anche un lievemente differente http://it-it.facebook.com, tramite il quale l’impiegato in astinenza potrà infine chattare con i virtuali amici di mouse. Siti di questo genere ce ne sono molti. Su http://accesstofacebook.com per esempio l’home-page informa che sarà possibile non solo aggirare il fermo di Facebook, ma che soprattutto lo si potrà fare inosservati e indisturbati. E senza che rimanga traccia alcuna. Furba la tecnologia, vero? Furba e sfacciata. Almeno tanto da titolare uno di questi siti ponte con un ironico http://www.youarehidden.com (come a dire: sei nascosto.com). Se poi il trasgressore ama la musica può sempre cliccare ThriveHive.com: oltre ai social, troverà anche il principe del music-network. Con un paio di cuffie, sembrerà concentrato sulla sbobinatura affidatagli… Insomma Facebook è come l’araba fenice: rinasce sulle sue stesse ceneri, si trasforma (oggi un sito ponte ha un nome, domani un altro), vanifica il meritorio diktat del lavorare diffuso e suggerisce di indagare altri modi per raggiungere il pur giustissimo obiettivo.
La gara dei politici
Il paradosso è che i politici, smessi il mantello del controllore e indossati quelli di chi cerca e apprezza il favore popolare sotto forma di voti, Facebook lo corteggiano eccome. Non è un caso che ministri e premier di mezzo mondo abbiano il loro bel profilino. Di Obama e del ruolo di Internet nel suo successo elettorale si è letto ovunque. Meno noto è che persino l’iraniano Ahmadinejad ha la sua bella paginetta. L’ultimo presidente che si è affacciato, proprio in queste ore, sulla scena virtuale si chiama Nicholas Sarkozy (e non è un caso: nel 2012 ci sono le elezioni in Francia). Quanto al Belpaese non c’è politico di spicco che non abbia un profilo. Da noi anzi c’è piuttosto una gara a chi ha più fan group, più sostenitori e (persino) più detrattori. Cliccare per credere. Gelmini, presente. Alfano, presente. Tremonti, presentissimo. Solo che nei loro profili puoi diventare fan, sostenitore ma non amico. E qualcosa vorrà pur dire…
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