Sostenibilità

La vendetta del pollo

Rischi/1.Logiche aziendali e cibo: siamo ormai al cortocircuito.

di Redazione

Dalla brucellosi all?afta, dalle micotossine all?ultimo tipo di marciume della patata, per secoli gli agricoltori hanno dovuto combattere malattie che colpiscono bestiame e colture. Nell?ultimo secolo, però, con l?intensificazione dell?agricoltura e la sua diffusione in aree sempre più vaste, la natura di tali malattie è cambiata.
Grandi aziende agricole industriali stipate di animali e traboccanti di concime, monocolture invece che sistemi a coltura diversificata, carcasse e scorie riciclate in zootecnia come mangimi, impianti industriali di macellazione e abuso di antibiotici: questi fattori tipici dell?agricoltura industriale regalano una vita facile ai patogeni, che possono infettare ogni anello della catena alimentare e quindi mettere a rischio la salute umana.
Prendiamo l?esempio dell?influenza aviaria. Secondo la Fao, la sua diffusione dal Pakistan alla Cina può essere stata facilitata dai cicli di filiera sempre più rapidi e ravvicinati di questo tipo di allevamento, oltre che dalla concentrazione geografica di questi animali in Thailandia, Vietnam e Cina. Gli allevamenti industriali degli Stati Uniti sono uno degli anelli deboli del sistema, perché più vulnerabili alle malattie grazie alle condizioni tipiche dell?allevamento intensivo. Inoltre, poiché ogni allevamento è costituito da decine di migliaia di capi e il personale non può controllarli tutti con regolarità, può accadere che un?epidemia sia rilevata solo quando è diffusa. Nella sola Asia orientale e sud-orientale si allevano a scopo alimentare circa sei miliardi di uccelli, concentrati nelle megalopoli a rapido sviluppo. Questa crescente produzione di animali, oltre alla loro sempre maggior vicinanza alle case, ha cominciato a produrre conseguenze inattese e pericolose per la salute umana.
Dal 1977 l?influenza aviaria è passata agli umani almeno in tre casi e, a ottobre del 2004, in Thailandia, è stato segnalato il primo caso di probabile trasmissione da persona a persona. L?ultima epidemia si è diffusa in Asia tra il 2003 e il 2004, infettando migliaia di uccelli e sono stati abbattuti 100 milioni di capi.
Recentemente una ricerca cinese ha concluso che a ogni nuova epidemia il virus diventa più letale. Nel 2003-2004 il ceppo virale H2N51, particolarmente virulento, ha ucciso almeno 30 persone. Il virus Nipah, scoperto nel 1997 in Malesia, ha causato una grande epidemia di encefalite dopo essere passato dai maiali all?uomo. Il 93% delle persone colpite lavorava negli allevamenti: 105 sono morte.
L?industrializzazione degli allevamenti comporta altri problemi di cui si parla meno, come la comparsa di malattie di origine alimentare che secondo l?Oms sarebbero fra le 300 e le 500 volte più frequenti di quanto segnalato. Secondo la Fao, ogni anno si trasportano da un capo all?altro del mondo 44 milioni di animali tra bovini, ovini e suini. Uno studio del 2002 dal Journal of Food Protection ha scoperto che il trasporto di bovini agli impianti di macellazione accresce la presenza di salmonella sulla pelle e nelle feci degli animali. Gli allevamenti industriali usano dosi massicce di antibiotici, ma questo può avere conseguenze disastrose. I residui di tali sostanze finiscono nei nostri alimenti e nell?ambiente, contaminando le acque. Questo uso o abuso continuo di farmaci, tra cui alcuni antibiotici importanti in medicina umana, sta generando fenomeni di resistenza agli antibiotici, rendendo difficile la lotta a infezioni dell?uomo e degli animali.
sunto da:
state of the world 2005op. cit., pagg. 113 e segg.

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