L’atto finale della crisi ha il merito di andare al cuore del problema. Il debito sovrano corrisponde alle spese per il welfare e non essendo il debito onorabile o si fallisce o si ridimensiona (e di molto) la voce di costo. Da questo punto di vista i tagli dell’ultimo biennio potrebbero non bastare. A ricordarlo, tra gli altri, è Maurizio Ferrera che sulle pagine di Vita sostiene la necessità di “tosare” le pensioni più che i servizi. Invece i tagli sono lineari proprio per la spesa pubblica sanitaria e assistenziale, mentre invece per le pensioni si tratta di un ridimensionamento soft e diluito in un arco temporale medio lungo. Informazioni aggiornate su Il Sole di oggi. Resta da capire come si riorganizzarà la base produttiva del welfare dei servizi che altrimenti rischia di rimanere orfana del suo principale riferimento in termini di politiche e di risorse economiche. Una tendenza ben visibile e per certi versi già in atto consiste nella creazione di reti di offerta che stringono sugli elementi di standardizzazione attrverso marchi, franchising, ecc. e che si finanziano grazie alla spesa privata out of pocket e ai meccanismi di assicurazione integrativa normati attraverso le relazioni industriali. Un’altra tendenza, meno visibile e chiamata in causa anche dall’ultima puntina di Riccardo Bonacina, riguarda i sistemi locali di welfare, terreno di coltura per molte imprese sociali e organizzazioni non profit. Per ora questi sistemi hanno funzionato replicando su base locale lo schema del welfare State vecchia maniera, assegnando centralità all’amministrazione pubblica. Ora devono metter mano al loro tesoretto: relazioni comunitarie dalle quali passano risorse di varia natura e tipologia che possono garantire sostenibilità all’offerta di servizi. Pochi punti percentuali finora ma, pena un clamoroso defoult locale, devono diventare una componente strutturale. Ci vorrebbe, da questo punto di vista, un sistema di rating capace di misurare la capacità di attivazione di risorse comunitarie nei diversi welfare. Un distretto sociale con la tripla A nel coinvolgere volontariato, attrarre donazioni e asset potrebbe non solo reggere meglio alla crisi del welfare redistributivo (poco importa se centrale o federale), ma addirittura trovare risorse per andare oltre la resilienza e proporre servizi innovativi. Del resto pare che nell’etimologia di crisi ci sia anche la voce “cambiamento”.
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