Famiglia

La terra trema i volontari no

Il sisma nell'umbria e nelle marche dimostra quanto il volontariato italiano sia cresciuto.

di Paolo Giovannelli

Uomini e donne. Veri. Che quassù, sugli altipiani e le montagne del confine appenninico fra Marche e Umbria, dove il sisma ha scaricato tutta la cattiveria del suo uno-due, hanno fatto concretamente vedere quanto il volontariato italiano sia cresciuto. Sono arrivati immediatamente, nel buio della notte di venerdì 26 scorso, dopo la scossa di ottavo grado. Hanno lottato con la paura dei primi terribili attimi, imbrigliando il caos coi propri ponti-radio, hanno subito salvato vite; con la loro umanità e i limitati aiuti in dotazione a bordo dei loro mezzi sono riusciti a tranquillizzare chi si è ritrovato miracolosamente in strada. «Non credevo nemmeno che esistessero», è la schietta considerazione di Antonio, un anziano del paesino di Colfiorito attorniato da altri compagni di sventura: «Grazie a loro, non ci manca nulla. Non siamo soddisfatti, siamo soddisfattissimi». Sul versante umbro, quello che abbiamo percorso, stessa musica dagli sfollati dei campi di assistenza della pianura di Assisi, da quelli delle tendopoli di Nocera umbra e attorno a Foligno. Ma anche nelle vicine Marche il coro è unanime. Nella dignità del dolore, rispondono senza esitare: «Volontari? Eroici». E ai volontari è toccato superare anche le inefficienze dello Stato, evidenziatesi particolarmente a livello locale: nei Comuni umbro-marchigiani, nonostante la nota vocazione ai terremoti del territorio, non hanno mai troppo attentamente studiato i piani dell?emergenza antisismica. Quelli della Misericordia di Siena, allertati dalla loro Confederazione nazionale sul territorio di Nocera umbra, lo confermano: «C?è stata una sottostima globale dell?evento», inizia a raccontare Fabio Lusini. «Lo Stato, nell?emergenza, si è mosso burocraticamente. Tende e coperte sono arrivate con ventiquattro ore di ritardo»? «E qui», lo interrompe bruscamente un collega seduto sull?ingresso di una roulotte e stanco per essersi arrampicato fino alle frazioni più estreme come Bagnara e Capanne, «non c?era proprio nessuno a coordinarci. Penso che ignorino ancora quanti di noi hanno a disposizione. Ma una settimana fa, nel dramma, la gente non ha ovviamente distinto le responsabilità e anche noi volontari siamo stati aggrediti, pur non avendo nessuna colpa per ciò che stava accadendo». La Misericordia senese, muovendosi autonomamente ha salvato persone che, dopo quasi due giorni dal sisma, non avevano visto anima viva. Nocera, città famosa per le sue acque minerali e in rovina al 90%, con il centro storico off limits e l?acquedotto completamente ?saltato?, ha potuto bere solo grazie ai volontari dell?antincendio boschivo laziale che hanno piazzato un acquedotto volante, usando tre autobotti. I volontari, con l?aiuto di Vigili del Fuoco, hanno anche svuotato dai medicinali il Pronto soccorso del distrutto ospedale nocerino. Un?opera preziosissima, che ha permesso di fronteggiare sia le crisi d?ansia fra la popolazione che continuare a somministrare le terapie ordinarie, specie agli anziani. Da un?altra zona calda del sisma, Colfiorito, parla il capitano Emerico Maria Lancetti della Croce rossa militare: «Distribuiamo 2400 pasti al giorno, che scout e altri volontari non organizzati in associazioni consegnano nei paesini di montagna. Non ci sono state incertezze: i volontari giunti fin qui hanno sempre operato con efficacia, sapendo bene cosa fare». I quarantuno uomini del capitano Lancetti hanno piazzato anche un potabilizzatore d?acqua, un?apparecchiatura imponente: «Qui le falde sono inquinate, probabilmente da nitrati», osserva Lancetti. «Ma noi siamo in grado di togliere le impurità e poi distribuiamo alla popolazione buste d?acqua da un litro. Da consumarsi preferibilmente entro un anno». Al momento dell?ultima scossa, l?Istituto serafico di Assisi ospitava circa ottanta bambini sordo-ciechi e cerebrolesi, con gravi difficoltà motorie. Metà della struttura, realizzata fra il 1936 e il 1940 con la tipica pietra rosa del luogo, è inagibile. Ora i ragazzi sono ricoverati in una tendopoli allestita dai volontari della Croce rossa, proprio sul piazzale dell?istituto: «Encomiabili», grida quasi il direttore del ?Serafico?, Gino Brunozzi. Ci hanno consegnato un campo perfetto in una manciata di ore. Un?efficienza incredibile. Anche i più giovani, certo ben formati, hanno operato senza alcuno spreco di forze. Andandosene solo quando tutto era tranquillo». »Ma», ha proseguito Brunozzi, voglio ringraziare anche chi ci ha fatto sentire, anche telefonicamente, la propria solidarietà, offrendosi di accogliere i nostri assistiti. Quindi un grazie alle strutture presenti in Umbria, ma anche al ?Filo d?oro? di Osimo, al ?Don Orione? di Napoli e alla ?Stella Maris? di Pisa». A poche centinaia di metri dal ?Serafico?, le nude mani e una strumentazione ?francescana? ?setacci e pennelli) sono i mezzi più idonei che cinquanta volontari possono per ora utilizzare nel difficile tentativo di recuperare pezzi degli affreschi di Cimabue crollati dalla volta. Fra loro personale delle Misericordie, i volontari-specialisti nella tutela dei beni culturali di Venezia e scout dell?Agesci. «Abbiamo ingaggiato», afferma Paolo Borghini, della Confederazione nazionale delle Misericordie, «una gara contro il tempo. Se piove, anche quel poco che è rimasto sarà distrutto». Per loro l?elogio della coordinatrice inviata dalla soprintendenza archeologica dell?Umbria, Paola Passalacqua: «Stanno lavorando alacremente. Dal giorno dopo il sisma, raccolgono e catalogano ogni frammento, secondo una precisa tipologia». Barbara Morandi, volontaria della Protezione civile del Comune di Venezia per la tutela dei beni culturali, ripercorre velocemente la storia della sua unità: «Ci siamo costituiti un paio di anni fa per tutelare il patrimonio artistico di Venezia. Abbiamo quindi seguito corsi di specializzazione sui danni che l?umidità crea ad archivi e edifici storico-religiosi. Siamo gli unici in Italia». Al suo fianco Fabiano Girardi, scout Agesci di Treviso: «Noi», dice, «non siamo esperti sulle opere d?arte. Però siamo qui per aiutare. Come semplice manovalanza». Le ?penne nere? in congedo dell?Associazione nazionale alpini (Ana), si incontrano sia nell?area dell?epicentro del terremoto, dove le scosse hanno spaccato le carreggiate per tutta la loro larghezza, che nelle retrovie del disastro. Un gruppo abruzzese, proveniente da Cerchio dell?Aquila, allertato dalla sede centrale di Milano, cucina allegramente con una batteria da campo a gasolio, per 85 persone, alla tendopoli dello stadio degli Ulivi di Assisi. Li guida Filippo D?Alessandro: «Siamo arrivati il giorno dopo il sisma, alle 4 del mattino. Qui», assicura, «garantiamo almeno altri dieci giorni di assistenza». La radio del leader del nucleo veneto della Protezione civile di Valle dell?Agno, Ruggero Galasso, annuncia che bisogna partire. Il mitico draghetto ?Grisù? sorride sulla fiancata delle loro jeep. Questi volontari sono già intervenuti in Friuli nel ?76, quattro anni dopo in Irpinia e poi nella recente alluvione del Piemonte. Gente che in situazioni del genere sa cosa fare. E lo fa meglio di chiunque altro. ?


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