Mondo
La televisione italiana ignora la crisi climatica
L’ong Greenpeace e l'Osservatorio di Pavia hanno analizzato le modalità in cui telegiornali, talk e programmi di approfondimento affrontano la crisi climatica
di Luca Cereda
Dopo aver rivelato il modo in cui le principali testate di carta in Italia raccontano la crisi climatica, Greenpeace Italia e l’Osservatorio di Pavia hanno pubblicato una nuova analisi. A finire sotto i riflettori, stavolta, sono i telegiornali e le trasmissioni tv di approfondimento. E il risultato non si discosta, sostanzialmente, da quello dei giornali: per loro la crisi non esiste, e se c’è è un’appendice alla realtà che viviamo.
Lo studio ha preso in esame il periodo gennaio-aprile 2022 per tutte le edizioni di prima serata dei telegiornali andati in onda su Rai, La7 e Mediaset. Oltre a un campione di sei trasmissioni televisive tra talk e programmi di approfondimento: Unomattina e Cartabianca per la Rai, L’Aria che tira e Otto e mezzo per La7, Mattino 5 news e Quarta Repubblica per Mediaset.
La crisi climatica in Italia non fa notizia
I risultati della ricerca mostrano che nei quattro mesi in cui è stata condotta, i telegiornali hanno trasmesso 14.211 notizie, ma solo 96 hanno trattato la crisi climatica. Pari ad appena lo 0,7% del totale, con il fanalino di coda del TG La7 e del TG4, che in media hanno parlato di cambiamenti climatici appena una volta ogni due mesi.
Non è più confortante l’operato delle trasmissioni televisive che punta sull’approfondimento, in cui si è parlato della crisi climatica in appena 24 puntate delle 388 andate in onda nei quattro mesi dell’indagine. Significa che il tema è stato toccato solo nel 6% del totale delle trasmissioni. Il programma più virtuoso è Cartabianca (Rai), che ha affrontato il tema in un terzo delle puntate trasmesse e sempre in modo esplicito. Mentre Unomattina (Rai) è la trasmissione che ha parlato di crisi climatica nel maggior numero di puntate, pari a 12. In fondo alla classifica ancora La/ con le sue due trasmissioni: L’Aria che tira, che non ha mai parlato della crisi climatica, mentre Otto e mezzo l’ha fatto soltanto una volta e in modo implicito.
A rimetterci sono i telespettatori, ovvero i cittadini
Questo studio evidenzia come la crisi climatica non sia ancora riuscita a farsi strada in televisione. Che resta il principale mezzo di informazione per la maggioranza degli italiani. Sebbene la dipendenza dell’informazione televisiva appaia meno marcata anche se maggioritaria nel nostro Paese, resta il fatto che in tv la crisi climatica è sempre raccontata come un problema prettamente ambientale e il soggetto che ha più voce sono gli esperti, anziché le aziende come avviene sulla stampa – nei telegiornali i combustibili fossili sono citati fra le cause appena una volta su dieci. Inoltre non viene mai indicato alcun colpevole del riscaldamento globale. Di cui l’uomo è responsabile, ma con carichi ben redistribuiti. In modo analogo, tornando allo studio di Greenpeace e dell’ateneo lombardo, nei programmi televisivi le compagnie petrolifere sono state citate solo una volta tra i responsabili. Infine, il problema del greenwashing non viene mai menzionato né dai telegiornali né dalle trasmissioni di approfondimento.
Il greewashing tra policy “furbette” e rischi (elevati)
Il controllo e l’analisi dei media promosso da Greenpeace Italia rientra nella campagna “Stranger Green” contro il greenwashing e la pericolosa dipendenza del mondo dell’informazione e della cultura dai finanziamenti delle aziende inquinanti. L’analisi della stampa e della televisione continuerà per l’intero 2022. I risultati saranno resi pubblici ogni quattro mesi.
L’obiettivo è quello di sollevare un dibattito pubblico sulla necessità di liberare il giornalismo italiano dai condizionamenti dell’industria del gas e del petrolio. E offrire a cittadine e cittadini un’informazione corretta sui cambiamenti climatici. Infatti insieme a più di trenta organizzazioni internazionali, Greenpeace sostiene inoltre una Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende legate ai combustibili fossili. Che minacciano la libertà di stampa e la salute delle persone e del Pianeta. Se entro ottobre la petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti” raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine alla propaganda ingannevole delle aziende inquinanti che alimentano la crisi climatica.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.