Formazione

La tecnologia in classe fa crollare i drop out

Indire ha osservato 19 scuole che utilizzano le tecnologie nella didattica per almeno la metà delle ore e con almeno l'80% degli studenti dotati di un computer. Crollano gli abbandoni e le assenze, schizzano i risultati nelle prove invalsi, i docenti in formazione sono il doppio che nelle altre scuole della stessa provincia

di Sara De Carli

La tecnologia fa bene alla scuola? L’Italia ha appena varato il suo primo Piano Nazionale Scuola Digitale, 35 azioni e un miliardo di euro, mentre l’Ocse pochi mesi fa ha detto che l'apprendimento peggiora nelle classi dove si usa troppo la tecnologia. Chi ha ragione?

Indire ha realizzato una ricerca – One to one nella didattica, esiti e processi rilevanti – per valutare cosa succede quando una scuola intera utilizza in maniera sistematica le nuove tecnologie a scopo didattico, coinvolgendo almeno l’80% degli studenti, in tutte le discipline e per più del 50% delle ore. Ha messo sotto la lente 19 scuole superiori fra quelle aderenti al Movimento Avanguardie Educative e quelle che hanno ricevuto i finanziamenti di Scuole 2.0 e Classi 2.0, per un totale di 14.152 studenti e 1.273 docenti. I risultati sono sorprendenti: «diminuiscono le assenze, i drop out crollano, riducendosi di 2/3 rispetto alle medie delle province di riferimento, i risultati nelle prove Invalsi sono anche di 17 punti sopra il benchmark di riferimento nella provincia, gli insegnanti coinvolti in formazione sono più del doppio della media», dice Giovanni Biondi, presidente di Indire. Davanti a questi dati, afferma il presidente, «possiamo dire la tecnologia fa bene alla scuola». Eccoli nel dettaglio.

Abbandono

Quasi tutti gli istituti considerati presentano complessivamente tassi di abbandono inferiori rispetto alle provincie di appartenenza. Nello specifico i tassi di abbandono si attestano in un range tra lo 0% e l’8%: l’obiettivo nazionale per il 2020 è arrivare al 15-16 % in Italia.

Ore di assenza

Gli studenti fanno anche 15 ore di assenza in meno in un anno rispetto ai compagni delle scuole della stessa provincia. In generale le ore di assenza aumentano con il salire dell’età dei ragazzi, cosa che si verifica anche in queste scuole, ma cresce anche lo scostamento rispetto alla media: uno studente di quarta superiore che frequenta queste scuole, in sintesi, fa molte meno assenze dei suoi coetanei iscritti ad altre scuole e in proporzione è più assiduo alla frequenza anche rispetto a un suo compagno di prima.

Esiti

Confrontando i risultati nelle prove standardizzate in italiano e matematica, sia rispetto alle scuole della stessa provincia sia rispetto alle scuole con il medesimo indice di stato socio-economico, quasi tutti gli istituti ottengono risultati superiori. In italiano il range varia da uno scarto di +1,8 a + 12,6 punti percentuali rispetto alle medie di scuole con medesimo ESCS, in matematica fra +0,1/+0,3 (quindi non significativo) e un + 17,1 punti percentuali.

Iscrizioni all’università

Guardando il numero di alunni del liceo che si iscrivono all’università, tranne per un caso, i tassi di immatricolazione degli studenti si situano tra il 60% e il 90%, a fronte di dati provinciali che si posizionano intorno al 50%. Significa che se la media della provincia è che solo un liceale su due va all’università, da queste scuole si iscrive all’Università almeno uno studente in più ogni 10 e alcune arrivano a mandarcene anche 9 su 10.

Lavoro

Per quanto riguarda invece l’inserimento nel mondo del lavoro dei ragazzi che freqeuntano istituti tecnici o professionali, le percentuali di inserimento vanno dal 38% al 70% nelle scuole del campione, mentre le medie provinciali si attestano intorno al 40%.

Quota di flessibilità

Queste scuole vivono la loro autonomia più delle altre: dichiarano di utilizzare le possibilità offerte della quota di flessibilità nell’orario curriculare e attraverso il 20% del curricolo di scuola in modo nettamente superiore rispetto a quanto riportano le scuole delle province di riferimento. Il 68% delle scuole del campione fa ampliamento dell’offerta formativa in orario curricolare, contro il 45% delle scuole della provincia.

Formazione dei docenti

E’ coinvolta nella formazione una percentuale di docenti che risulta essere quasi il doppio rispetto a quella delle scuole delle province di appartenenza: il 43% contro il 26%. Inoltre partecipano ad un alto numero di reti (5-6), spesso collaborano con Università di riferimento ed enti pubblici.

Foto FREDERICK FLORIN/AFP/Getty Images

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