Mondo

La svolta di Obama non convice Amnesty International

Gli Usa più «morbidi» con il presidente Al Bashir, colpevole di crimini contro l'umanità

di Emanuela Citterio

L’amministrazione Obama cambia approccio sul Darfur. È una delle svolte più clamorose di politica estera della Casa Bianca. Se in campagna elettorale Barack Obama aveva annunciato la “linea dura” nei confronti del governo sudanese responsabile dei crimini in Darfur, ieri Hillary Clinton ha annunciato la nuova linea, sulla base di una dichiarazione scritta del presidente Usa: «Se il governo del Sudan agisce per migliorare la situazione sul terreno ci saranno incentivi. Se non lo farà, aumenteranno le pressioni da parte degli Stati Uniti e della comunità internazionale».

Gli Usa hanno optato per un approccio pragmatico e per il dialogo con il Sudan, classificato dalla precedente amministrazione fra gli “Stati-canaglia”. Una svolta non indolore. La dichiarazione di ieri arriva dopo sette mesi di discussioni all’interno della stessa amministrazione Usa: fra i falchi guidati da Susan Rice, sostenitori della linea dura nei confronti di Karthoum e del presidente sudanese Omar Al Bashir (accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale), e le colombe che sostengono la nuova linea pro-dialogo dell’inviato speciale per il Sudan, il generale in pensione Scott Gration.

La Clinton ieri ha usato ancora la parola “genocidio” per definire la crisi umanitaria in corso in Darfur, ma ha parlato di un nuovo «approccio inclusivo» nei confronti del Sudan, che punta alla fine delle violenze in Darfur e allo stesso tempo alla messa in atto dell’accordo di pace del 2005 fra Nord e Sud Sudan in vista del referendum sull’indipendenza del Sud previsto per il 2011.

La svolta degli Usa è destinata a far discutere. E non ha lasciato indifferenti gli attivisti pro-Darfur e le organizzazioni per la difesa dei diritti umani.

«Se il metodo individuato dalla Casa bianca per porre fine al genocidio in Darfur è quello del dialogo Amnesty International non può che essere d’accordo» dice a Vita.it Riccardo Noury, portavoce di AI in Italia, «però deve essere chiaro che il dialogo non può essere costruito sull’impunità: il presidente del Sudan Al Bashir è ricercato dal Tribunale penale internazionale, eppure se ne va in giro indisturbato per l’Africa. Di recente è stato in Libia e in Uganda. Per Amnesty International la sua consegna al Tpi è un punto fermo dal quale non si può prescindere».

«Il presidente Obama aveva assicurato in varie occasioni elettorali che appena eletto avrebbe assunto una posizione molto dura nei confronti del governo sudanese se non avesse posto fine al conflitto in atto in Darfur» scrive in una  nota Italians for Darfur, promotrice con l’Intergruppo parlamentare Italia-Darfur di una missione in Sudan conclusasi il 13 ottobre. «La nuova strategia di “pressioni e incentivi” annunciata ieri dalla Casa Bianca rappresenta ancora un’incognita…Di certo auspichiamo che ora si passi dalle azioni ai fatti e che innanzitutto gli USA si impegnino a mantenere il dossier Darfur in cima all’agenda politica e umanitaria internazionale: solo non spegnendo i riflettori su questo conflitto sarà possibile avviare un’azione più determinata di quanto non sia stato finora da parte della comunità internazionale nei confronti del regime guidato dal presidente Al Bashir, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità».

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