Economia

La svolta del Fisco verso l’economia sociale

La conferma delle agevolazioni per le start-up innovative e in particolare quelle a vocazione sociale e la normativa che va prefigurandosi sulle imprese sociali testimoniano un nuovo atteggiamento del Fisco. Nei confronti di questo mondo di nuova economia «pare che almeno il concetto delle agevolazioni sia finalmente passato». L'intervento dell'avvocato esperto in non profit Roberto Randazzo

di Roberto Randazzo

L’estensione al 2016 delle agevolazioni fiscali per gli investimenti in start-up innovative, conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, quanto questo settore si stia consolidando e quanto i pionieri che, già in tempi non sospetti, scommettevano sul futuro di questo modo di fare impresa, avessero ragione a crederci e a provarci. L’estensione riguarda anche le agevolazioni “maggiorate” per gli investimenti in start-up a vocazione sociale e, anche in questo caso, gli scettici della prima ora dovranno forse rivedere le proprie valutazioni. Un ragionamento che non deve essere focalizzato i maniera miope sul settore delle start-up, ma che deve essere utilizzato – come ho già avuto modo di commentare all’apparizione della normativa sulle start-up innovative – come parametro di riferimento e modello di ispirazione per l’intero sistema dell’imprenditoria sociale.

Ecco come.

Ricordiamo che la normativa (D.Lgs. n. 179/2012) ha individuato caratteristiche e requisiti delle start-up innovative. All’interno di questa definizione vanno poi ricomprese due specifiche “sotto-categorie” che, fermo restando il rispetto dei medesimi requisiti previsti indistintamente per tutte le start-up, godono però di maggiori benefici in relazione alla specificità del settore in cui operano. Si tratta delle start-up innovative a vocazione sociale (SIAVS), e delle start-up che sviluppano e commercializzano prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico. La scelta di incrementare le agevolazioni per chi investe nelle SIAVS rappresenta un nuovo tentativo, sempre più strutturato e consapevole, di far crescere la cultura dell’imprenditoria sociale in Italia nelle sue forme più virtuose e innovative.

Nuovo, ma non ultimo. Il testo della Legge Delega per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e del servizio civile universale, approvato lo scorso 30 marzo dal Senato, prevede, infatti, per le imprese sociali, la possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici (crowdfunding), in analogia a quanto previsto per le start-up innovative.

Come scrivevo un anno fa, commentando proprio il testo della Legge Delega che, all’epoca, sembrava in dirittura d’arrivo, le agevolazioni fiscali e la possibilità di distribuire gli utili, sbandierati come spauracchio, andavano invece accolti e applicati tanto per le start-up innovative, quanto per le imprese sociali, come una vera e propria chiave di volta per incentivare la crescita di questo settore. Pare che almeno il concetto delle agevolazioni sia finalmente passato. La Legge Delega, tanto nella precedente, quanto nell’ultimissima versione, parla, infatti, all’art 9, di “misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale” e quindi di incentivi per gli investitori che intendono rischiare il proprio denaro nelle imprese sociali. Niente di più simile alle deduzioni/detrazioni sugli investimenti effettuati nel capitale sociale, previsti dalla norma sulle start-up a vocazione sociale (Legge 17 Dicembre 2012 n.221).

Non deve quindi sorprendere che il nuovo Decreto attuativo a firma del Ministro dell’Economia e Finanze e del Ministro dello Sviluppo Economico, dello scorso 2 marzo e in fase di pubblicazione, abbia semplicemente rivisitato e aggiornato le norme di attuazione connesse alle agevolazioni fiscali già definite dal precedente decreto del 30/01/2014, confermandone, se non incrementandone, la portata e gli obiettivi.

Il cerchio si chiude, o meglio si apre, in chiave europea, con il parere favorevole della Commissione Europea all’estensione, anche al 2016, degli aiuti di Stato con cui l’Italia intende agevolare gli investimenti in start-up innovative (decisione del 14 dicembre 2015, SA43005 – 2015/N). Parere che, di fatto, ha spianato la strada all’ultimo decreto attuativo.

Non resta quindi che capire chi e come potrà quindi usufruire di queste agevolazioni. Ai privati, persone fisiche (soggetti IRPEF), che investono in start-up innovative viene riconosciuta una detrazione Irpef dall’imposta lorda del 19% sull’investimento effettuato, nel limite complessivo annuale di 500.000 euro. Si tratta quindi di una detrazione massima pari a 95.000 euro su base annua. Il beneficio fiscale è maggiore, come detto, se l’investimento riguarda le SIAV. In particolare, è prevista una detrazione Irpef del 25%, fermo restando il limite massimo di somma investita di 500.000 euro per periodo d’imposta. La detrazione massima sarà quindi, in questo caso, di 125.000 euro.

Le imprese (soggetti IRES), possono invece dedurre dal reddito imponibile il 20% della somma investita nel capitale sociale di una o più start-up innovative, per un importo non superiore a 1.800.000 euro per ciascun periodo d’imposta. Provando, anche in questo caso, a fare due conti, significa che, a fronte di un investimento agevolabile di un importo massimo di 1.800.000 euro per anno, l’investitore, soggetto IRES, potrà godere di una deduzione dal proprio reddito imponibile di 360.000 euro, corrispondente al 20 per cento dell’investimento agevolabile. La percentuale sale al 27% nel caso d’investimenti in SIAV. Le agevolazioni possono essere riconosciute fino a un ammontare complessivo di conferimenti non superiore a 15.000.000 euro per ciascuna start-up innovativa (in precedenza tale limite era fissato in 2.500.000 euro).

L’investimento, in una o più start-up innovative, può essere effettuato direttamente dall’investitore ma anche, come previsto dall’articolo 2, comma 2, del decreto attuativo, indirettamente attraverso il ricorso ad intermediari “qualificati” che investono prevalentemente in start-up innovative, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio (“OICR”) oppure altre società di capitali che investono prevalentemente in start-up innovative. Diciamo che il legislatore ha fornito un chiarimento ad un tema che, in precedenza era rimasto in dubbio e oggetto di diverse interpretazioni da parte di esperti ed operatori. Di certo, una gran bella notizia per quei soggetti che da qualche tempo sono all’opera per la costruzione di fondi di impact investing focalizzati su imprese sociali e che, magari, saranno più attratti dalle start-up innovative a vocazione sociale rispetto alle … imprese sociali!! Se vogliamo, una beffa per il mondo dell’imprenditoria sociale che intende realmente innovare e progredire, anche grazie all’attrazione di nuovi capitali ed investimenti e che da tempo attende di liberarsi dai vincoli del divieto di distribuzione degli utili e quindi di remunerazione del capitale (con "cap", of course!). Vincolo, quest'ultimo, che una norma mal pensata (155/2006) ed anacronistica, ha finito per essere beffardo da quando è entrata in vigore la disciplina sulle start-up innovative che, invece, al termine del periodo di divieto possono distribuire liberamente gli utili (e quindi remunerare anche gli investimenti in equity). Insomma, un sorpasso a destra dell'impresa sociale su questo aspetto che sembra una beffa. O piuttosto, un pungolo per il legislatore, visto che su questa materia è chiamato a pronunciarsi in base a quanto prevede la Legge Delega, considerato che l'art. 9, 1 Comma, lett. f) – 2) stabilisce la previsione di misure agevolative volte a favorire gli investimenti nel capitale delle imprese sociali.

Infine, il decreto ha individuato una serie di condizioni necessarie per poter usufruire delle agevolazioni. Tra queste spiccano il limite quantitativo del conferimento da parte degli investitori (già richiamato), il mantenimento dell’investimento per almeno tre anni, la conservazione di specifica documentazione tra cui una copia del piano d’investimento (business plan) della start-up innovativa (contenente informazioni dettagliate sull’attività svolta, sui prodotti e servizi, sull’andamento, previsto o attuale, delle vendite e dei profitti), nonché il divieto per la società di distribuire utili per tutta la durata del godimento del regime agevolato, pena la perdita di tutti i benefici, inclusi gli incentivi goduti dagli investitori. Dopodiché, nessun limite è previsto alla distribuzione degli utili. Un altro stimolo per il legislatore della riforma del Terzo Settore quando dovrà occuparsi dei temi contenuti nell’articolo 6 della Legge Delega e che dovrà navigare in acque agitate, se non tempestose, considerando il colorito e, in alcuni frangenti anacronistico, dibattito che si è tenuto al Senato la scorsa settimana su questo articolo.

Il quadro che emerge da questa carrellata sommaria, quindi, non è quello di una serie d’iniziative frastagliate e disomogenee volte ad incentivare lo sviluppo delle start-up innovative in Italia, ma piuttosto quello di un programma articolato che, non senza difficoltà e sacrifici da parte dei vari attori coinvolti, punta a far emergere le energie migliori del Paese e che individua nell’innovazione e nell’impatto sociale i due cardini sui cui potrebbe avere più senso scommettere e provare a costruire un nuovo modo di fare nuova impresa, anche sociale, in Italia. E, auspicabilmente, ispirare il legislatore nel lavoro di riforma della disciplina dell'impresa sociale.

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