Welfare

La strana alleanza del «rimandiamoli a casa»

Destra e sinistra compatte nel sostenere i rimpatri volontari

di Maurizio Regosa

Crescono le amministrazioni locali che vogliono adottare questa misura. Che a Rovigo è stata proposta da Rifondazione comunista
e a Trento dalla Lega Nord.
In alcuni casi coinvolte
anche le associazioni.
Come la Caritas di Vicenza
Quattrocento euro li promette Rovigo. Molti di più li propone Vicenza. Un bonus lo reclama la Lega Nord a Trento. A Schio, Azione sociale chiede, dall’opposizione, una buonuscita per gli immigrati che se ne vanno. A Pisa, il Pd al governo stringe patti in tal senso con i senegalesi. È il partito (trasversale e in crescita) del «mandiamoli a casa». Dove “loro” sono gli stranieri, “noi” sono i sindaci e gli assessori che propongono ai migranti di tornare nel Paese d’origine. Sia pure con diverse motivazioni: le giunte rosse sono più attente alle ragioni umanitarie, quelle leghiste e di destra si preoccupano della crisi e vogliono difendere il lavoro degli italiani. Il risultato è che troppe soluzioni “fai-da-te” rimbalzano su e giù per lo Stivale.
Una proposta, molti equivoci
«Non vogliamo promuovere i rimpatri volontari», premette Giovanna Pineda, assessore all’Immigrazione di Rovigo (Rifondazione comunista), «per ora è solo un’idea, maturata anche nell’attuale clima sociale, nel fallimento delle politiche dell’immigrazione. Lavorando con il terzo settore e i centri d’ascolto, abbiamo saputo che alcuni regolari che hanno perso il lavoro o stanno per perderlo hanno espresso il desiderio di tornare. Abbiamo pensato di aiutarli. Mi spiace che questa volontà non sia stata compresa». Si riferisce, l’assessore, alle polemiche del suo “popolo” che, sul blog, non gliele ha mandate a dire: «Rileggiti il Capitale», «Sei una razzista».

Uscita e rientro
Diverso il caso di Vicenza che ha stanziato 50mila euro per sostenere progetti di rimpatrio volontario assistito tramite la Caritas. «La crisi colpisce gli extracomunitari e sempre più famiglie chiedono di rientrare», spiega l’assessore ai Servizi sociali, Giovanni Giuliari. «In 5 anni, abbiamo aiutato 70 persone a tornare a casa», gli fa eco don Giovanni Sandonà, responsabile della Caritas locale, «accompagnandole in un percorso durato anche due anni: stranieri in situazione di grave emarginazione che noi non abbiamo “convinto” in alcun modo. Gli siamo stati accanto e abbiamo poi verificato l’eventuale volontà di un ritorno». Anche oggi che sta cambiando il target (sempre più a voler rientrare sono “semplici” vittime della crisi), don Sandonà non rinuncia a dettare le condizioni per un progetto serio di rimpatrio: «Saremo noi a verificare l’effettiva volontà dei richiedenti, a supervisionare il lavoro e creare un progetto di reinserimento».
Sola andata
Un aspetto che non interessa al centrodestra. A Trento, ad esempio, la Lega ha proposto un incentivo per coloro che andandosene si impegnano a non tornare per almeno dieci anni. Un’idea che il partito del Senatur lancia solo dall’opposizione. Dove governa, come a Pontida, non ci pensa neppure. «Soldi perché se ne vadano? Magari, ma non funziona», dice il sindaco Pierguido Vanalli che aggiunge: «Chi ci garantisce che se ne vadano davvero? Metteremmo in moto un meccanismo come quello delle badanti, assunte oggi dagli extracomunitari. L’unica è fare accordi internazionali». Un riferimento non proprio casuale: è proprio la Lega l’autrice di un articolo della legge 69 (su crescita, semplificazione e competitività) che prevede più sostegno allo sviluppo per quei Paesi che favoriscono il rimpatrio volontario dei concittadini che in Italia si trovino disoccupati. Chiamatela, se volete, moral suasion?


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