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La strage vista dai media arabi

Dall'Egitto agli Emirati arabi ecco come il massacro è stato trattato dalla grande stampa musulmana

di Martino Pillitteri

Mentre i copti fanno autocritica sulle dinamiche interne alla loro comunità su uno dei più importanti giornali egiziani per essersi troppo chiusi nei confronti dei musulmani, i quotidiani degli Emirati accusano il governo di Mubarak di non processare i responsabili delle violenze contro i cristiani d’Egitto.

Al Masry al youm: Uno dei quotidiani meno politically correct dell’Egitto pubblica un articolo di autocritica da parte della comunità copta. «La Chiesa è il nostro leader spirituale e politico, ma ha riempito il vuoto lasciato dalla politica. Il ruolo della Chiesa va oltre i suoi confini. La Chiesa ci unisce e non promuove l’associazione con i non cristiani. Ci sentiamo come stranieri, come degli ospiti in casa nostra. La Chiesa ha ottenuto una certa credibilità nel proteggere i propri fedeli, ma in cambio ha giurato fedeltà al regime di Mubarak. Lo scorso ottobre, in un discorso televisivo, il papa  copto Shenouda ha appoggiato la candidatura di Gamal Mubarak come prossimo presidente. Gamal è il figlio dell’attuale rais egiziano…La Chiesa Copta è diventata una società alternativa per i cristiani; è un club sociale, una scuola, un ospedale.

TheNational: Per il quotidiano pubblicato negli Emirati Arabi  la responsabilità è del governo egiziano.  «L’esplosione della violenza nel villaggio di Nag Hamadi, un villaggio  noto per la  una serie  pregresse  di tensioni religiose tra copti e musulmani, serve da richiamo per ricordare il fallimento cronico del governo  nei confronti della gestione delle criticità settarie nella società in un momento in cui la militanza islamista è in ascesa» Un attro articolo riporta una nota ufficiale dell’associazione Egyptians Against Religious Discrimination: «la violenza settaria è in aumento in questi anni. Lo Stato è soft nell’affrontare il problema. I responsabili dei reati non vengono mai processati. Quando 21 cristiani furono uccisi nel villaggio di El Kosheh nel 200, nessuno tra i 90 denunciati è stato condannato. I colpevoli non vengono puniti perché i giudici temono delle ripercussioni. La colpa è del sistema educativo egiziano che inculca sciovinismo  nei giovani. Gli imam estremisti sono liberi di parlare della superiorità dell’Islam senza impunità. Il sistema educativo è pieno di testi religiosi che dipingono i non musulmani come dei miscredenti, come se l’Islam sia l’unica religione giusta». Per quanto riguarda la versione del governo, TheNational scrive che «gli incidenti come questi non sono settari ma intra-familiari indipendentemente dalla religione delle persone».

Gulf News: Pura cronaca per l’altro quotidiano degli Emirati Arabi e  secondo quello scritto nel sottotitolo «i tre uomini arrestati avevano precedenti penali» giustizia sembra quasi fatta. Tuttavia,  una frase finale del pezzo “Egypt police arrest Christmas murder suspects”  evidenzia che la tragedia non è un incidente di percorso nelle pacifiche relazione tra musulmani e copti: «questo  ultimo attacco sembra essere stato pianificato, ed è in contrasto con la violenza spontanea che in passato è esplosa tra musulmani e copti».

Al Alarabiya: Nessun commento ma solo estratti da agenizie. Il canale satellitare news saudita non punta il dito contro nessuno, non cerca di giustificare nè di proteggere le parti in casua. E’ interessante notare però che tra i recenti articoli, Al Alarabiya aveva pubblicato un approfondimento intitolato “I copti protestano per l’islamizzazione del Cairo” e anche un pezzo intitolato “I Copti Egiziani sperano nell’apparizione della Vergine Maria” .Secondo l’articolo, da quando, il 10 dicembre scorso un uomo di fede islamica ha detto di aver visto l’immagine illuminata della vergine Maria sopra il tetto della Chiesa del paesino di Al-Warrak, migliaia di fedeli cristiani si piazzano davanti alla Chiesa sperando in un’altra apparizione. «Una possibile benedizione sarebbe necessaria per il morale di una minoranza cristiana che si lamenta della discriminazione e della marginalizzazione in un paese a maggioranza musulmana».

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