Mondo
La strage degli innocenti
Nel Canale di Sicilia ogni giorno è una mattanza. Negli ultimi giorni sono affogate oltre 700 persone cui si aggiungono centinaia di dispersi. Ma a rendere tutto più macabro è il numero di bambini, anche piccolissimi, che continuano a perdere la vita in mare. Sarebbero oltre 40 in tre giorni
«La foto di mio figlio sulla spiaggia di Bodrum è un simbolo, eppure niente è cambiato per chi sta scappando da fame e paura». A parlare è Abdullah Kurdi, padre di Aylan, il bambino simbolo delle stragi in mare.
L’amarezza nelle sue parole rende l’accusa all’Europa ancora più dura: «I bambini profughi continuano ad affogare ogni giorno, la guerra in Siria non è stata fermata. Vedo Stati che costruiscono muri e altri che non ci vogliono accogliere. Il mio Alan è morto per niente, poco è cambiato».
E infatti negli ultimi tre giorni i numeri della tragedia sono esplosi. 700 affogati certi, centinaia di dispersi. Di questi almeno 40 bimbi, anche piccolissimi, di pochi mesi. Proprio i bambini sono l'accento su una tragedia già disperata.
A dirlo non sono solo i dati dell’Unhcr ma anche le relazioni delle ong impegnate nell’accoglienza. Save The Children sottolinea come «nei primi 5 mesi del 2016 è triplicato il numero dei minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle coste italiane: dai 1600 circa del 2015, si è passati agli oltre 4500. Di questi, la maggior parte è arrivata in Sicilia». Più minori partono, più minori approdano e più minori rischiano di non arrivare.
Il riattivarsi del traffico di migranti nel Mediterraneo però non è il solo deja vu. A non essere inedita è anche la risposta italiana ed europea. Siamo di nuovo in emergenza, per l’ennesimo anno consecutivo.
«Non possiamo parlare al momento di un aumento significativo di migranti rispetto allo scorso anno. Né tanto meno si può parlare di invasione, come qualcuno incautamente afferma. Ma di vero quest'anno c'è che si registra un incremento imprevisto di minori stranieri che giungono senza genitori», dice Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save The Children. Eppure, «le strutture di accoglienza, in particolare quelle che danno la prima ospitalità, sono già in difficoltà. Tra il numero maggiore di adolescenti e bambini da ospitare e le lungaggini di una burocrazia complessa che rallentano il trasferimento nelle strutture di seconda accoglienza, spesso i centri sono esposti al sovraffollamento».
Anche Papa Francesco è tornato a parlare del dramma dei profughi. E proprio in riferimento ai bambini. Durante l’incontro con i 500 bimbi profughi giunti dalla Calabria con il «Treno dei bambini» ha portato con sé e mostrato ai piccoli il giubbotto salvagente di una bambina profuga morta in mare; al Papa lo ha regalato un volontario mercoledì scorso all’udienza generale.
«Mi ha portato questo giubbetto», raccontato papa Francesco, «e piangendo un po’ mi ha detto: “Padre, non ce l’ho fatta. C’era una bambina, sulle onde, ma non ce l’ho fatta a salvarla. Soltanto è rimasto il giubbetto”. Questo giubbetto è di quella bambina. Non voglio rattristarvi – dice ancora Bergoglio ai bambini – ma voi siete coraggiosi e conoscete la verità. Sono in pericolo: tanti ragazzi, bambini, bambine, uomini, donne, sono in pericolo. Pensiamo a questa bambina? Come si chiamava? Ma, non so: una bambina senza nome. Ognuno di voi le dia il nome che vuole, nel suo cuore. Lei è in cielo, lei ci guarda».
I migranti «non sono un pericolo, ma sono in pericolo» ha concluso il Pontefice.
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