Non profit

La strage da arsenico continua

Pozzi avvelenati in Bangladesh. L’Unicef precisa i termini del suo intervento. Ma...

di Riccardo Bonacina

Gentile direttore, in merito all?articolo ?Arsenico nei pozzi: avvelenati a migliaia? apparso su Vita del 27 novembre, vorrei precisare che questo grave problema è dovuto esclusivamente a fenomeni naturali, verificatosi tra l?altro anche nel sud dell?Inghilterra, in Messico, i, in Cile, in Bolivia, in Argentina, a Taiwan e in Mongolia. Il paradosso di considerarlo ?conseguenza di un colossale programma di ?acqua sicura? promosso alla fine degli anni 70 dal governo bengalese in collaborazione con l?Unicef? non fornisce un?informazione corretta; ciò può essere frainteso dai lettori e di conseguenza può danneggiare l?immagine dell?Unicef e il suo intenso lavoro sul campo, in un paese che ha bisogno di aiuto. Vorrei pertanto sottolineare che:
a) l?Unicef sta fornendo assistenza per esaminare pozzi e tubature e promuovere alternative come la raccolta dell?acqua piovana e sistemi di filtro a basso costo, che rimuovano l?arsenico e altri inquinanti.
b) l?Unicef sta promuovendo una campagna nazionale per informare famiglie, insegnanti, operatori sanitari e comunitari su questi sistemi alternativi e su come collaudare le nuove tubature per garantire che l?arsenico venga eliminato.
c) l?approvvigionamento di acqua potabile sana è essenziale per la sopravvivenza dei bambini in Bangladesh. Per combattere il colera, il governo locale con l?aiuto di Unicef, ha iniziato, 25 anni fa, a interrare le tubature come alternativa all?acqua di fiume e di stagno che era fortemente contaminata dai batteri fecali. L?Unicef ha costruito 900 mila pozzi assicurando acqua potabile a molti bambini.
d) nel 1990, più di 250 mila bambini sotto i 5 anni sono morti a causa della diarrea, vera malattia ?killer? per l?infanzia di questo paese. Dal 1996, grazie al lavoro del governo, dell?Unicef e di altre agenzie, questo numero è sceso a 110.000 morti l?anno.
e) L?Unicef continua ad aiutare il governo nella sua azione di controllo dei pozzi e revisione delle tubature. Dai dati in nostro possesso, risulta ?contaminati? il 20% dei pozzi esaminati.
Roberto Salvan,
direttore gen. Unicef Italia

Risponde R. Bonacina: ci siamo limitati a riportare in poche righe una notizia che, d?altronde, lei stesso conferma: che cioè migliaia di persone sono rimaste avvelenate dall?arsenico in Bangladesh, e che la causa prima di questo avvelenamento (di origine naturale, ci mancherebbe altro: nessuno si è mai sognato di ipotizzare dolo) sono i profondi pozzi che il governo del Bangladesh ha interrato grazie all?aiuto dell?Unicef. Non è certo la prima volta al mondo che una lodevole iniziativa, avviata a fin di bene, si tramuta in un boomerang.
Ci preme solo puntualizzare che la notizia da noi data per riparare al silenzio dei media italiani è stata ripresa da alcuni dei giornali più prestigiosi del mondo, dall?Herald Tribune al Pais, che l?hanno messa con rilievo in prima pagina, a seguito di un articolo di Barry Bearak del New York Times. L?Herald dell?11 novembre riportava tale articolo in apertura di giornale, raccontando gli effetti raccapriccianti di questa ?morte lenta? per decine di migliaia di bengalesi, e parlando del ?più grande avvelenamento di massa della storia?. Un esperto dell?Oms afferma che ancora non si sa quanti milioni di bengalesi siano stati intossicati, e che le morti potrebbero essere centinaia di migliaia. Siamo d?accordo con lei sulla necessità di combattere la diarrea, ma non si può non prendere in considerazione pericoli in grado di causare ancora più vittime. Un esperto della Banca Mondiale stima a 18 milioni le persone contaminate: dato che, ne converrà, colpisce di più che non il dire che i pozzi contaminati sono il 20% di quelli esaminati. Adesso i controlli vengono fatti, meno male. Ma se ci si fosse pensato per tempo?

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.