Cultura

La storia segreta dell’emigrazione Quando i razzisti sputavano su di noi

Indignazioni. Il libro-choc di Antonio Stella. Storia sorprendente della xenofobia antitaliana in cui si scoprono analogie con quello che succede oggi agli immigrati. Abbandonati dai paesi d’origine.

di Ettore Colombo

A mio nonno Toni Cajo che mangiò pane e disprezzo in Prussia e in Ungheria e sarebbe schifato dagli smemorati che sputano oggi su quelli come lui». Basta leggere la frase posta ad epigrafe del nuovo libro di Gian Antonio Stella, L?orda. Quando gli albanesi eravamo noi (Rizzoli, 290 pagine, 17 euro) per capire che uno dei giornalisti principe del Corriere della Sera è indignato. «Mio nonno era un morto di fame emigrato e io sono sempre stato fiero di lui, ma da quando ho scoperto che vita faceva mi fa ancora più pena e più tenerezza e gli voglio ancora più bene. A lui e a quelli come lui». E non da oggi. «Almeno», spiega, «da quando, nel nostro Paese è cominciata a montare un?onda di xenofobia e di razzismo insopportabile, inaccettabile. Uno come Giancarlo Gentilini, sindaco di Treviso, ad esempio, passa per un personaggio pittoresco, bonario, tutt?al più ridicolo, ma le sue frasi sugli immigrati sono terribili, degne di un Haider, ma anche di un Hitler, Goebbels, Goering. Basta togliere la parola ?immigrati? e sostituirla con ?ebrei? che viene fuori l?armamentario del peggior razzista». Stella, però, non ce l?ha solo con Gentilini. E non ha paura a dirlo. «Anche il presidente del Consiglio, Berlusconi che, davanti alle telecamere di Porta a Porta, si chiede perché mai la xenofobia debba avere un?accezione negativa, m?inquieta. E non solo perché mi viene voglia di regalargli un vocabolario Treccani, invece dei palinsesti tv che legge abitualmente, per fargli conoscere l?unica definizione possibile di xenofobia, quella schifosa, ma anche perché non esistono, nel nostro Paese, soltanto personaggi macchietta ma pericolosi come Bossi che dicono stupidaggini a getto continuo sugli immigrati, ma anche una larga fetta della popolazione italiana razzista. Persone ricche, istruite, perbene, che magari non leggono troppi libri, ma che la pensano come Gentilini». Stella ha studiato, cercando le tracce di un passato rimosso. «Come Pollicino ho solo messo assieme documenti, uno dietro l?altro», si schermisce. Letto tutto d?un fiato, però, Pollicino fa effetto e colpisce come un pugno nello stomaco. è una storia per nulla pacifica e corretta, quella di Stella. «La xenofobia antitaliana», attacca lui, «ha origini antiche. Quella più forte e radicata è figlia di un fortissimo pregiudizio anticattolico e antipapalino del mondo tedesco e anglosassone protestante, che poi è quello che ha costruito Paesi come gli Stati Uniti d?America o l?Australia, e che si scagliava contro la religiosità popolare, padana o napoletana che fosse, di matrice cattolica. Poi c?è un pregiudizio che viene dalla letteratura: chi ha fatto più danni all?immagine degli italiani forse è stato proprio Shakespeare che descrive, senza averla mai vista, un?Italia di rovine e violenza, immagine che ha attraversato tutta la letteratura di viaggio del Seicento e Settecento. Decine e decine di scrittori venuti in Italia per fare il Gran Tour hanno descritto un?Italia che noi abbiamo rimosso ma che ha pesato tantissimo nell?immaginario collettivo delle altre nazioni: ?Bel Paese, brutta gente?. Un?Italia popolata da tagliagole che andavano da Piacenza a Napoli, di donne e uomini sporchi. Il problema è che è vero: gli italiani erano rissosi. Veneti e lombardi oggi dicono che lo erano ?i teroni?, ma la rissosità è stata un fenomeno anche del Nord, zeppo di briganti, banditi e tagliagole». Poi il racconto di Stella continua, si accalora, diventa denuncia. Storica, politica, sociale, civile. «Quando siamo arrivati oltre confine o sbarcati oltre oceano questa era l?immagine degli italiani. E purtroppo era anche vera, in parte. La mafia l?abbiamo inventata ed esportata noi, il traffico di bambini o la prostituzione l?abbiamo praticata ovunque. Ne abbiamo fatte di tutti i colori, persino mettendo bombe da tutte le parti: abbiamo ucciso presidenti e imperatori in mezz?Europa. Negli Stati Uniti abbiamo fatto 33 morti e 200 feriti a Wall Street, nel 1920, molto prima di Bin Laden. Un attentato spaventoso che ha fatto epoca nella storia americana e che fu compiuto da anarchici italiani». Ma allora la colpa è nostra, chiediamo. «No, è soltanto che, come tutti gli immigrati del mondo, messi in situazione di difficoltà e fuggendo da fame e disperazione, brutti, sporchi e cattivi lo eravamo per davvero. Ci facevano dormire in centinaia in pochi metri quadrati, ci insultavano, ci consideravano peggio dei negri e ucciderci raramente era reato, più spesso era considerato legittima difesa. Succedeva in Svizzera, nel 1971: per un italiano ucciso, 18 mesi di carcere. Meno che per un cane». «Eravamo la feccia del pianeta», continua. «Non potevamo mandare i figli nelle scuole dei bianchi, in Louisiana. Ci impedivano l?accesso nelle sale di terza classe a Basilea. Subivamo campagne d?odio, ci trattavano come bestie, ci consideravano tutti tanti assassini, prostitute, criminali, violenti. In Australia ci hanno sempre trattato da animali. Negli Stati Uniti c?erano gli scienziati dell?igiene e quelli della razza che ci consideravano ?mediterranei negroidi, tendenzialmente africani? tutti, dalla Sicilia a Genova, da Roma al NordEst. Non andavano troppo per il sottile, con gli italiani, e non oso pensare a cosa sarebbe potuto succedere se negli Usa fosse andato al potere un Hitler o un Mussolini, negli anni 20, quando andava di moda la caccia all?italiano e ci linciavano per strada». Il giudizio di Stella è impietoso verso i razzisti di ieri, certo, americani o europei che fossero, ma lo è altrettanto verso i razzisti di oggi, verso chi schifa gli immigrati come ieri gli altri schifavano noi. «Noi», accusa, «ricordiamo solo quelli che hanno fatto fortuna o che si sono salvati, i più fortunati. Ma dal nostro Paese se ne sono andati in 27 milioni nel secolo del grande esodo, dal 1876 al 1976. Nei libri di storia, nelle cerimonie ufficiali dell?Italia risorgimentale, fascista, repubblicana, non c?è traccia di loro. L?Italia se n?è fottuta, dei suoi cittadini di terza classe. Ho voluto raccontare la storia della xenofobia antitaliana e il perché abbiamo offerto motivi agli altri di essere razzisti con noi perché credo che chiunque capiti in una società ostile e in situazioni di degrado, come gli immigrati, commette degli errori. E l?unico, legittimo desiderio che ha è quello di sopravvivere. A qualunque costo. L?abbiamo fatto noi nel resto del mondo, lo stanno facendo da noi oggi. Non sono un ?buonista? e non credo che l?Italia possa accogliere con disinvoltura milioni di persone, ma voler preservare regole, equilibri, culture è altra cosa dal giocare coi sentimenti sporchi della gente. A chi dice ?no agli immigrati perché puzzano? metto mano alla penna, l?unica arma che ho, e mi ribello».


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