Famiglia
La storia di Creonte re di Sanpatrignano
L'attore-regista e autore sfida passioni epolemiche non ancora sopite e racconta il tormento interiore del fondatoredella più famosa comunità terapeutica del mondo.
A lla fine ce l?ha fatta, a portare la più controversa e attuale parabola dell?amore in teatro. Dopo mesi di tentativi, mille polemiche e un?ordinanza del giudice che quasi un anno fa ha sospeso la rappresentazione ormai alla vigilia della prima, Franco Branciaroli, prim?attore d?Italia e in questa occasione anche regista e drammaturgo, ha portato in scena la tragedia della morte di Roberto Maranzano avvenuta il 4 maggio del 1993 nella comunità di san Patrignano. Anzi, la tragedia dell?uomo Vincenzo Muccioli. La prima versione si intitolava ?Nostra signora dei tossici? ed era stata giudicata troppo offensiva nei confronti della memoria di Muccioli da parte degli eredi e della comunità di san Patrignano che lo hanno denunciato per diffamazione. La seconda versione, invece, rivista e corretta, si chiama ?Cos?è l?amore? e usa l?archetipo della tragedia di Sofocle, Antigone, per mettere ancor più a fuoco il dramma interiore di un uomo, Vincenzo Muccioli che, in nome della salvezza, del bene, della bontà, della compassione, dell?amore, rimane invischiato nel male, nel dolore sino alla morte. Il dramma di un uomo che Branciaroli definisce «forse il più grande martire dei nostri giorni perchè è comunque morto per gli altri, perché ha saputo donare tutta la sua vita». Come nella tragedia di Sofocle, in ?Cos?è l?amore? di Branciaroli c?è un regno, la Città del sole (la comunità di san Patrignano), c?è un sovrano, Creonte, (Muccioli), c?è Antigone (un tossico) che si ribella alle leggi dello stato-comunità per dare sepoltura al fratello ucciso Polinice (Roberto). Ma le similitudini finiscono qui perchè ?Cos?è l?amore? parla di un fatto dell?altro ieri, di un personaggio che sucita ancora passioni, di un uomo la cui opera continua. «Il mio testo parla innanzittutto della contraddizione che esiste fra la salvezza come organizzazione della compagine umana e l?amore», racconta Branciaroli a ?Vita?. «La vicenda di Muccioli dimostra fino a che punto il volere il bene dell?altro può complicare le cose. Quando si va oltre il gesto individuale e la volontà di bene ti porta a costruire un grande ingranaggio per salvare gli uomini caricandolo di valori e virtù alla fine si paga un prezzo molto alto», si cita Branciaroli autore, «alla fine Muccioli-Creonte, ammettendo la sua sconfitta, dice: ?il mondo lo sento reale e soffro, mi pesa addosso, su tutto il corpo preme. Mi sento vecchio. Tutto è fatto allo stesso modo, tutto ha paura della morte, tutto ha la stessa crudeltà?. Ed è proprio in quel preciso momento, quello della morte, che forse Creonte-Muccioli capisce che non basta tutta la volontà di un uomo a salvare il mondo. Ha pagato il suo amore con il prezzo più alto: la morte».
Sul nostro quaderno appuntiamo qualche passaggio carpito allo spettacolo, la querela degli eredi ha impedito una qualsiasi pubblicizzazione del testo. Ecco uno dei monologhi di Creonte-Muccioli, così come risultano dai nostri appunti: «Con la forza e la sottomissione ho cercato d?ottenere quello che molte altre volte è stato ottenuto senza alcun bisogno di metodi e sistemi: il bene. L?unico metodo che conoscevo all?inizio era la pazienza, avevo solo pazienza. Pazienza di dialogare, pazienza d?amare, pazienza di capire. Certo di bene ne veniva fuori poco da quella montagna di dolore, ma il male non veniva mai ricompensato. L?obbedienza, invece, l?obbedienza cui in questi ultimi anni sono stati costretti, li ha guariti tutti, li ha salvati tutti, ma, ogni voltame lo confesso, è stata una specie diversa di fallimento, ma solo per me, la Città del sole ne usciva vittoriosa: il male ha sopportato di essere chiamato disciplina. Abbiamo creduto che qui dentro non sarebbe stata più necesaria la pietà finché un cadavere sull?uscio mi ha riportato la tenebra. Cosa vuoi dirci Polinice con la tua morte? Che nemmeno la vita vale l?annientamento della pietà? Io vorrei gridarti: era per il tuo bene! Ma non posso; solo col bene si edifica il bene, ecco il punto! E tutti gli altri che ho strappato al male con il male? Senza eccezione che la tua. La tua morte rende ingiusta la loro salvezza? O la tua morte è il prezzo per redimere la salvezza degli altri ottenuta con la menzogna dell?organizzazione?»
Un personaggio davvero da tragedia, come dimostrano questi appunti da un monologo. Un personaggio che sapeva ricostruire l?anima delle persone, restituire la vita a persone ormai appassite ma che alla fine è crollato insieme al suo regno di salvezza. «Quello che mi atterrisce», dice Creonte in ?Cos?é l?amore?, «è che per me si sono avverate le parole dell?apostolo Paolo: ?Quando voglio fare il bene, il male è accanto a me?». L?impossibilità di fare del bene senza fare del male è ciò che agli occhi di Branciaroli fa di Muccioli un martire vero. «Non è morto in nome dello Stato, o per la democrazia o per colpa della giustizia, è morto vittima delle sue stesse contraddizioni». Portare in scena ?Cos?è l?amore?, per Branciaroli è stata anche la vittoria di un teatro diverso che unisce la carnalità, il corpo, il sangue dell?uomo di tutti i tempi alla realtà, anzi all?attualità che sul palco oggi nessuno racconta. Arte quindi, ma soprattutto passione civile. L?autore-attore è d?accordo con la provocazione di Goffredo Fofi che in queste pagine accusa:?Letteratura e teatro sono questioni troppo serie per lascoarle in mano ai letterati?». Per Franco Branciaroli: «Il teatro di oggi fa schifo, non racconta storie, non dà informazioni. Ma allora a che serve? Come è successo nella letteratura o la pittura, anche il teatro è stato sconfitto dalla tecnica e dalla multimedialità. Il futuro? Sul palco c?é qualcosa che non ci può essere da nessuna altra parte: il corpo. Il corpo violentato che fa male e soffre. Il corpo fatto di carne e non di immagini. Non a caso, in ?Cos?é l?amore?, ha potuto permettere al morto di tornare, parlare e danzare. Se poi si pensa che per gli spettatori si parla di qualcosa di reale, di veramente accaduto nel nostro Paese a un ragazzo come tanti, nella nostra società, beh immagino che possa essere anche emozionante». Un teatro che non è facile da capire, soprattuto per i critici abituati a rimbalzare fra Pirandello e Shakespeare, spesso mal recitati. «Non capiscono niente», attacca Branciaroli, che per anni ha recitato le opere di Giovanni Testori. «Tutti hanno pensato che il mio testo fosse una rivisitazione della tragedia di Sofocle. E non hanno capito che si trattava di un pretesto, di una struttura mitica che mi permettesse di non rimanere intrappolato fra denunce e polemiche sterili e riuscire così a portare a teatro la vita, la vita di un nostro contemporaneo. Soprattutto i critici non hanno capito che parlavo dell?amore, quello vero».
Il 2 giugno Franco Branciaroli dovrà presentarsi davanti al giudice per rispondere della querela presentata dalla comunità di san Patrignano. «Non so proprio cosa andrò a dire», confessa l?attore, «La rappresentazione non è andata in scena, il primo testo, quello che secondo gli eredi faceva emergere un Muccioli colpevole di favoreggiamento, non c?è più. Del resto non c?è mai stato. Cosa devo fare allora? Non sono né così presuntuoso né così imbecille da pensare che in teatro si possano dare giudizi morali o fare processi. Soprattutto sono cosciente che la vicenda di Muccioli è per me quello che mi ha suggerito e suscitato e non la cronaca».
Ora Branciaroli, cinquantenne infaticabile e affascinante, sta scrivendo un altro testo che vorrebbe portare in scena, un?altra tragedia della realtà, o meglio della storia: il nazismo. La storia di un capo del terzo Reich la cui identità viene nascosta ai figli dalla moglie che, per salvarlo da Norimberga, lo presenta loro come lo zio finchè un giorno tutti scopriranno la verità. «Si tratta di una metafora per riflettere sulla natura intrinseca del nazismo che non può essere solo ridotta alla violenza fisica con cui è stato compiuto il genocido. Il nazismo non ha solo ucciso, soprattuto ha ridotto le persone a delle cose. Una violenza feroce, perversa, che può essere ritrovata anche nel mondo di oggi».
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