Non profit

La storia al contrario di Punta Perotti: così i terreni sono tornati ai costruttori

Sul lungomare di Bari

di Redazione

Là dove c’era una città, ora c’è l’erba. La storia di Punta Perotti, il complesso edilizio realizzato a metà anni 90 sul lungomare sud di Bari e demolito nel 2006, è un po’ come la storia del “ragazzo della via Gluck” cantata da Celentano. Al contrario, però. Là dove erano stati tirati su i tre palazzi di 13 piani, ora c’è infatti un grande prato pubblico attrezzato. Rischia tuttavia di essere solo in parte una storia a lieto fine. Formalmente, anzi, non lo è già più. Ma andiamo per ordine.
I suoli su cui sorgeva la saracinesca del litorale barese, dopo una battaglia processuale durata un decennio, furono definitivamente confiscati e assegnati al Comune che trasformò la spianata in parco. L’inaugurazione, a metà marzo 2008, coincise con la tredicesima Giornata della memoria e dell’impegno organizzata da Libera e Avviso pubblico in memoria delle vittime delle mafie. L’area verde fu ribattezzata Parco della Legalità. L’intricata vicenda giudiziaria ha avuto però un colpo di coda nel 2010 quando la Corte di Giustizia di Strasburgo, su ricorso delle tre società costruttrici di Punta Perotti, ha ribaltato le decisioni della magistratura italiana. La Corte europea ha dichiarato infatti illegittima la confisca dei suoli. Arbitraria, anzi. I giudici, che hanno anche condannato l’Italia a risarcire i danni morali e patrimoniali ai costruttori, hanno sentenziato che l’estensione della confisca anche ai terreni non costruiti era ingiustificata, che sarebbe stato sufficiente prevedere solo la demolizione delle tre torri e dichiarare privo di effetti il piano di lottizzazione e, in un certo senso, hanno ironizzato sul fatto che l’area fosse stata data al Comune. Lo stesso ente cioè che aveva rilasciato i permessi illegittimi. La magistratura comunitaria, soprattutto, ha decretato che non ci può essere esproprio senza base legale, cioè senza condanna degli imputati. Per l’ovvia ragione che «non può esserci una pena se non c’è una colpa».
Il bello del caso barese sta infatti proprio in questo. Le tre imprese costruttrici non sono state mai condannate perché non hanno commesso reato. La responsabilità, semmai, è di chi ha dato l’ok per quei tre palazzoni e del ginepraio di norme urbanistiche che regolano la materia. In virtù della decisione europea, l’8 febbraio i terreni sono stati restituiti alle società ricorrenti. Il Parco, al momento, è ancora aperto. Ma se i costruttori di Punta Perotti volessero recintare il polmone verde o chiuderlo, ora potrebbero farlo.

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