Cultura

La spirale dell’abbandono divora le città

Mauro Magatti, che ha coordinato la ricerca promossa dalla Caritas italiana in collaborazione con l’università Cattolica...a cura di, Daniela Verlicchi

di Redazione

Allo Zen di Palermo il 1° giugno, a Scampia a fine giugno e al Begato di Genova a settembre: è una vera e propria tournée quella di Mauro Magatti, preside della facoltà di Sociologia all?università Cattolica, che ha optato per una presentazione itinerante di La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane (Il Mulino, libro più cd con foto). Uno studio approfondito su dieci ?quartieri sensibili?, durato due anni, che rientra nel progetto Aree metropolitane di Caritas italiana ed è stato realizzato in collaborazione con la Cattolica. Quello che emerge è un concetto di periferia che non ha niente a che fare con i canoni classici di ?distanza spaziale dal centro?. Piuttosto, periferia è un grumo di angoscia sociale abbandonato dalle istituzioni, dai cittadini e dalle attività economiche. Per colpa anche di un terzo settore privo di capacità progettuale di ampio respiro.

Vita: Definite ?inadeguato? il concetto di periferia. Perché?
Mauro Magatti: I quartieri problematici non sono più quelli ai margini della città. Ci sono zone centrali degradate e periferie che si stanno riqualificando. Assistiamo a una riorganizzazione del territorio urbano in base a legami, disconnessioni e flussi. Tutto questo ha poco a che fare con la distanza spaziale dal centro.

Vita: E con cosa ha a che fare? Come si sviluppa questo processo?
Magatti: Il problema è la separazione tra certe aree – io le chiamo ?quartieri sensibili? – e il resto della città. È come se il tessuto urbano si stesse strappando. Alcune parti della città si stanno allontanando: le forze che prima le tenevano insieme, dalle organizzazioni sindacali ai sentimenti religiosi e comunitari, sono venute meno. È un fenomeno strutturale nelle metropoli moderne: in Europa, anzi, è meno evidente che altrove perché i tessuti urbani tradizionalmente sono molto uniti, anche se presentano al loro interno molte diseguaglianze sociali.

Vita: Nella ricerca si parla di città abbandonate: abbandonate da chi? È la solita lamentela rispetto alla politica?
Magatti: Non solo. Sono aree abbandonate anche dalle attività economiche, dalla scuola, dalle forze dell?ordine e dai cittadini stessi, che appena possono si spostano verso il centro. Il risultato è che una porzione di città diventa progressivamente autoreferenziale, ci rimane solo chi non ha la possibilità di muoversi e quindi con la sensazione di essere imprigionato in essa. Nella ricerca l?abbiamo chiamata la ?spirale dell?abbandono?. E in questo processo, anche il terzo settore ha la sua parte di responsabilità.

Vita: Quale?
Magatti: Le organizzazioni non profit spesso mancano di progettualità simbolica. Ci si limita a fare il proprio intervento, spesso emergenziale e limitato a un certo ambito, e si rinuncia a una visione d?insieme.

Vita: Periferie e sicurezza: un binomio obbligato?
Magatti: È il risvolto della medaglia. Quanto più ci si sente abbandonati a se stessi, tanto più si ha paura. Paradossalmente, quando c?è una forma di organizzazione del territorio, fosse anche di stampo criminale, come la mafia, c?è una diversa percezione di sicurezza. I cittadini si sentono meno soli e l?angoscia diminuisce, perché c?è un ordine sociale, anche se illegale. L?angoscia nasce dal vuoto di potere. Nel quartiere Begato di Genova, i cittadini possono essere taglieggiati anche sull?uso dell?ascensore. Questo genera angoscia: scendere in strada e non sapere cosa ti può capitare.

Vita: Cosa hanno in comune le dieci periferie e in cosa si differenziano?
Magatti: In comune hanno questa sensazione di angoscia e separazione da tutto il resto della città. Come dicevo, le forze che prima tenevano insieme queste porzioni di città stanno venendo meno. Al Nord questo è accompagnato dalla disgregazione della classe operaia e dall?arrivo di quote massicce di immigrati. Al Sud invece è connesso alla presa di potere della criminalità organizzata e alla persistenza di disagi sociali, come la disoccupazione cronica.

Vita: A dicembre la soluzione politica al problema periferie era smembrare i campi rom, oggi è eliminare i ghetti monoculturali: corriamo dietro alla cronaca?
Magatti: Le città stanno cambiando da tempo: è chiaro che se non c?è l?emergenza, i giornali non ne parlano. Questo è un momento cruciale: i processi di abbandono sono già cominciati ma abbiamo ancora la possibilità di modificarli. Tra dieci anni, non l?avremo più.

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