Mondo
La Somalia si gioca il futuro
A Londra il summit fra i leader somali e 53 rappresentanti internazionali
Guerra civile, pirateria, terrorismo, stabilizzazione politica, sviluppo e ricostruzione. Questo il menù proposto dagli organizzatori della Conferenza internazionale che a Londra ha riunito leader somali e una cinquantina di rappresentanti della Comunità internazionale.
Non è la prima volta che i governi e le istituzionali internazionali organizzavano un vertice per riportare la pace e la stabilità di un paese afflitto da vent’anni di guerra civile. Per scongiurare il rischio di un ennesimo fallimento, il Regno Unito aveva imposto nell’agenda la necessità di tracciare un futuro politico della Somalia. Prima di sbarcare a Londra, il ministro somalo Abdiweli Mohamed Ali (in foto) aveva ribadito da Bruxelles la sua volontà di adottare un ‘Piano Marshall’, condizione sine qua non “per porre fine a vent’anni di caos politico”. Ma le intenzioni del governo Cameron, che ha deciso di fare della Somalia una priorità della sua politica estera, e del suo omologo somalo, sono rimaste lettera morte. Il Piano Marshall non c’è stato. “Anche perché la Turchia è già pronta ad ospitare un’altra conferenza internazionale in giugno” ha dichiarato a Vita Mario Raffaelli, ex inviato speciale del governo italiano in Somalia.
A Londra è stato annunciato la creazione di un “fondo di stabilità”, con l’obiettivo di rafforzare il controllo sulle regioni del Paese strappate ai miliziani somali Shabaab, esclusi dalla conferenza, e in cui il governo britannico intende destinare 23 milioni di euro.
L’annuncio ha coinciso con due notizie che potrebbero segnare una svolta tutta da decifrare per il futuro prossimo della Somalia. Da un lato, le truppe etiopi e somale hanno conquistato la città di Baidoa, considerata il bastione degli Shabaab nella Somalia meridionale; dall’altro lato, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità una risoluzione che porta gli effettivi della forza dell’Unione africana in Somalia (Amisom) a 17.731 uomini, contro gli attuali 12.000. Composta quasi interamente da soldati originari dell’Uganda e del Burundi, Amisom ingloberà i militari kenioti già presenti nel paese e raggiungerà così la zona meridionale e centrale del Paese. Il budget della missione passerà da 300 a 550 milioni di dollari l’anno, con l’Unione europea come principale finanziatore.
Sul versante politico, la Comunità internazionale vuole spingere i leader delle istituzioni transitorie somale ad adottare un nuovo progetto che prevede la creazione di uno Stato federale rappresentativo che sostituirebbe l’attuale Governo federale di transizione (TFG), debole quanto corrotto, e il cui mandato scade il 31 agosto 2012. Tra le proposte racchiuse nel progetto sono previste delle sanzioni ONU contro gli attori somali che si renderebbero colpevoli di ritardare la creazione delle nuove istituzioni. Basterà per risolvere i conflitti locali che stanno alla radice della guerra civile somala?
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