Nigeria, Kenya, Repubblica democratica del Congo, Mozambico. Ma soprattutto Somalia. Sono alcuni degli approdi africani delle navi dei veleni. Le recenti rivelazioni del pentito della ?ndrangheta Francesco Fonti stanno arricchendo di particolari la mappa del traffico internazionale di rifiuti tossici via mare, con le sue rotte dalle coste italiane fino all’Africa. «La Somalia è piena zeppa di schifezze. Ci saranno andate una quarantina di navi», ha dichiarato Fonti. E ancora: «La strada Garowe-Bosaso è lastricata di scorie e ce ne sono anche lungo la strada tra Berbera e Sillil, vicino Bosaso. E tra Durbo e Ceel Gaal». Rivelazioni che riportano a galla misteri insoluti, tra cui l’uccisione nel 94 a Mogadiscio di Ilaria Alpi, andata a raccogliere informazioni sulle navi dei veleni proprio a Bosaso. «Il ritrovamento della nave al largo delle coste calabresi è solo un piccolo spaccato di quel traffico illegale su cui il WWF richiama fin dal 1997 la necessità di indagare», afferma Michele Candotti, direttore generale del WWF Italia. Nel 2004 fu lo tsunami a scoperchiare i misteri sepolti sotto il suolo somalo. «Alcune popolazioni della costa settentrionale somala vennero colpite da patologie insolite che l’Unep (il programma dell’Onu per l’ambiente, ndr) riferiva a gravi fenomeni di inquinamento provocato dai rifiuti disseppelliti dal maremoto», spiega Candotti. «La verità è che sono molte le aree dove cercare le navi dei veleni. In Calabria ma anche nella costa ionica. In Somalia ma anche in Sierra Leone e Guinea». Emanuela Citterio
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