Welfare

La soluzione per l’Emergenza Nord Africa? Ascoltare il non profit

"Basta sprecare soldi per gli alberghi, ora si moltiplichino le esperienze virtuose che già ci sono": gli enti gestori fanno fronte comune all'indomani della miniproroga di due mesi per l'assistenza ai profughi dalla Libia

di Daniele Biella

“L’Emergenza Nord Africa è iniziata male, ma sta finendo ancora peggio. Si poteva fare molto di più”. Sta tutta nelle parole di Domenico Lucano, sindaco di Riace e fondatore dell’Associazione Città futura Giuseppe Puglisi, che dal 1998 accoglie migliaia di persone in quello che è considerato il paese più accogliente d’Italia, la delusione di chi sperava un percorso d’integrazione migliore per i 26mila migranti fuggiti a metà 2011 dalla guerra in Libia. “Sono stati spesi troppi soldi in modo indiscriminato, chi ci ha guadagnato sono gli albergatori (fino a 46 euro al giorno per ogni profugo dati dallo Stato agli enti gestori, senza far distinzione tra strutture alberghiere o centri in cui la persona trovava anche supporto legale, medico e psicologico, ndr)”, prosegue Lucano, “si doveva passare molti mesi fa dalla gestione emergenziale coordinata dalla Protezione civile a quella ordinaria del ministero degli Interni, cosa che sta avvenendo solo in questi giorni”.

Lucano, come molti altri responsabili di enti gestori, verrà convocato in questi giorni nella prefettura di competenza per capire come cambieranno le carte in tavola. “Presumibilmente si passerà a una gestione simile al modello Sprar”, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che a Riace è già attivo con ottimi risultati da anni e che oggi consente ad almeno 100 persone di vivere nel borgo cittadino a braccetto con la comunità locale. Lo Sprar prevede un’accoglienza da sei mesi a un anno, nella quale trovare casa e lavoro per poi vivere in autonomia. “Ma si doveva arrivare prima a questa scelta, che è positiva ma la cui ricaduta è depotenziata dalla troppa attesa”, interviene Mauro Maurino, consigliere del consorzio Connecting people, che in Piemonte si occupa di 450 persone diffuse su strutture in diverse cittadini tra cui Settimo torinese. “Perché concedere il permesso umanitario a tutti solo nel novembre 2012? Si potevano evitare mesi di lungaggini burocratiche per le richieste di asilo respinte, ma soprattutto si poteva iniziare prima un percorso di inserimento lavorativo che ora invece è tutto concentrato in pochi mesi”.

Connecting people sta promuovendo a proprie spese l’iniziativa Pole, che sta per ‘Progetto oltre l’emergenza’ ed è una rete attiva di soggetti, dagli enti locali alle imprese, dal profit al non profit, per inserire nella società le singole persone accompagnandole a trovare un alloggio e un lavoro tramite l’attivazione di tirocini e borse lavoro: “sta funzionando bene e spero possa essere da esempio per il futuro prossimo, nonostante per ora non siamo praticamente mai stati convocati a un tavolo decisionale per la gestione del post Emergenza Nord Africa”, specifica Maurino. Anche in altre realtà territoriali è attiva la formula dello spendere di propria tasca, magari tramite i fondi accantonati proprio dal progetto di accoglienza nazionale, per far nascere prassi virtuose di inserimento comunitario dei profughi: per esempio nel milanese, ma anche nella zona di Monza e Brianza, dove il consorzio Cs&l, che si occupa di 200 profughi sparsi in strutture private nei territori di Monza, Vimercate e Limbiate, ha dato a chi lo ritenesse opportuno (quando ancora la proroga non si era concretizzata) una quota per vivere in modo autonomo i primi tempi pagandosi affitto e vitto: “c’è stata una buona risposta, e molti di loro ora si possono considerare usciti in modo positivo dal progetto nazionale”, spiega Enrico Davolio, presidente di Cs&l e direttore della Cooperativa sociale Aeris, che gestisce nello specifico la quotidianità degli accolti in collaborazione con i Comuni interessati e le associazioni cittadine. “Siamo anche noi in attesa di ricevere indicazioni dalla prefettura, quel che è certo è che si è arrivati alla fine del 2012 con molta incertezza data la proroga che non arrivava”.

Il lavoro degli operatori è stato assiduo più che mai sotto le feste natalizie: la condizione psicologica dei migranti e l’incertezza per il loro futuro sta facendo vivere situazioni delicate e difficili da gestire in tutta Italia. “Si parta da queste esperienze riuscite di accompagnamento verso l’autonomia”, indica Berardino Guarino, direttore dell'ufficio progetti del Centro Astalli di Roma, uno degli enti più esperti di gestione di richiedenti asilo, che conta una struttura di 120 posti per gli utenti dello Sprar, e nel solo 2012 ha assistito 25mila rifugiati per motivi legali, medici o scolastici, molti dei quali provenienti dalla Libia. “In molte parti d’Italia, enti gestori non profit, amministrazioni comunali e privati hanno lavorato molto bene: il Governo chieda consigli a loro per le decisioni da prendere dal prossimo primo marzo per le migliaia di persone dell’Emergenza Nord Africa ancora oggi in difficoltà”.


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