Formazione
La solitudine è più cattiva della prigione dei Talebani
Il direttore della ong tedesca per cui lavorano gli occidentali sotto processo a Kabul accusa: «Schroeder non ha mosso un dito per salvare i nostri amici»
di Redazione
Sono rinchiusi in una prigione della città dove nessuno vorrebbe essere, Kabul, e rischiano la punizione che nessuno dovrebbe ricevere, la pena di morte. Gli otto operatori umanitari occidentali accusati dai Talebani di proselitismo cristiano sono sotto le bombe, lontani dalla loro famiglia, dinanzi a una corte non certo imparziale e senza la possibilità di difendersi. In più, i quattro tedeschi (gli altri sono due ragazze americane e una coppia australiana) si sentono abbandonati dal loro governo. La denuncia viene da Udo Stolte, direttore di Shelter, l?ong con sede a Braunschweig, in Bassa Sassonia (niente a che vedere, quindi, con l?americana Shelter now international con cui spesso i media l?hanno confusa) per cui gli otto lavorano e che assiste in Pakistan 10mila famiglie di profughi al mese per conto dell?Alto commissariato Onu per i rifugiati. Secondo Stolte, che respinge le accuse di proselitismo, il motivo per cui Georg Taubmann, 45 anni, Margrit Stebner, 43, Silke Dürrkopf, 36, Katrin Jelinek, 29, sono sotto processo, con la religione non ha niente a che vedere. Lo contattiamo l?8 ottobre, il giorno dopo l?attacco. La linea è disturbata da fruscii e interferenze che Stolte, scherzando, spiega: «Sono in molti a preoccuparsi per noi».
Vita: Come stanno i vostri collaboratori?
Udo Stolte: Sono vivi, i bombardamenti americani non li hanno colpiti. Hanno sofferto di malattie comuni per quelle zone, come diarrea e infezioni, ma ora sono guariti. Dal punto di vista morale i tedeschi stanno bene, perché sono abituati a restare lontano da casa; non posso dire altrettanto per le americane, che sono molto scosse, ma sono giovani e non erano mai state in missione così a lungo. Degli australiani non so nulla. Certo, adesso c?è incertezza a causa della guerra, la loro sorte è appesa a un filo e così suppongo che il morale di tutti sarà calato.
Vita: Il governo tedesco vi sostiene?
Stolte: Il ministero degli Esteri sta facendo tutto il possibile. Se penso ai politici, però, li trovo troppo silenziosi. Altri capi di Stato hanno tenuto un atteggiamento diverso nei confronti dei loro connazionali. Il presidente Bush ha detto ai Talebani che le vite delle americane detenute ?non sono negoziabili?, Blair è volato a Islamabad appena ha saputo del rapimento della giornalista inglese. Schroeder che cosa ha fatto per i nostri amici?
Vita: Le accuse di proselitismo sono infondate? Voi siete una ong che si definisce cristiana, e i due australiani, per esempio, facevano capo a un centro missionario protestante di Perth.
Stolte: Noi non siamo missionari. Siamo in Afghanistan da vent?anni e non abbiamo mai avuto problemi. I nostri operatori conoscono la cultura e la lingua, e hanno retto la convivenza con i Talebani attenendosi a una serie di norme inconcepibili per gli occidentali. Abbiamo sempre rispettato i divieti. Se avessimo veramente fatto proselitismo, la polizia talebana non se ne sarebbe forse accorta prima? Certo nei discorsi l?argomento religioso poteva emergere, ma solo così, per parlare. A questa stregua avrebbero potuto prendersela con qualsiasi altra ong occidentale.
Vita: E allora perché hanno colpito proprio voi?
Stolte: Io un?idea ce l?ho: prima della cattura dei nostri operatori, l?Acnur aveva deciso di affidarci la gestione del più grande campo per profughi interni dell?Afghanistan, a Herat. Avremmo distribuito migliaia di tonnellate di cibo al mese. Al di là dei motivi religiosi, forse questo ha dato fastidio a qualcuno.
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