Milano double-face
La solitudine degli adolescenti di Milano
"Traiettorie" è un documentario realizzato dai preadolescenti di tre scuole di Milano Sud grazie a un progetto del Ciai. «Tutti raccontano un quartiere che non è a misura loro, senza spazi per incontrarsi. Vedono la bellezza, ma colpisce l'assenza delle persone. È una generazione meno ribelle: ognuno cerca solo il suo piccolo spazio di pace», racconta Paola Cristoferi, la coordinatrice
Milano, Quartiere Stadera, istituto comprensivo di via Palmieri, scuola primaria di via Cesare Battisti: l’avventura dei presidi educativi territoriali di Ciai, nel 2010, è partita da qui. Nel frattempo in città sono nati altri tre presidi educativi e altri hanno aperto in altre città d’Italia, ma questo resta speciale. Ciai ha un’aula al terzo piano della scuola, accanto ad altre associazioni, che ogni pomeriggio si riempie di bambini. Stadera è un quartiere di case popolari e di associazioni militanti, dove il fatto che gli abitanti abbiano origini in altre regioni o in altri paesi non ha impedito il maturare di un forte senso di appartenenza.
«È un quartiere ha accolto tutte le migrazioni, dai veneti ai nordafricani. Ci sono tante situazioni di fragilità e insieme questo è “lo scrigno” di realtà storiche del terzo settore milanese. C’è anche un vivo orgoglio di appartenere a Stadera», annota Paola Cristoferi, coordinatrice dei progetti educativi di Ciai. Ci sono tante contraddizioni, camminando lungo la via: da un lato hai la scuola montessoriana e dall’altro le case occupate e lo spaccio al parchetto. Alla primaria di via Cesare Battisti c’è un’alta percentuale di alunni con background migratorio: «Fra loro tanti sono chiamati a compiti di cura nei confronti dei fratellini. Il nostro presidio educativo ha l’ambizione di non essere solo un doposcuola, ma uno spazio di accompagnamento educativo, in cui fare esperienze, avere stimoli di alta qualità, socializzare poter vivere la propria infanzia», spiega.
Il presidio educativo Ciai al quartiere Stadera è uno dei cento luoghi che VITA ha raccontato nella “mappa dell’attivismo” sul numero di settembre, dedicato a Milano e ai suoi paradossi: città sempre più esclusiva ma anche escludente, invaghita delle weeks ma anche capace di un vero attivismo rigenerativo sui territori.
Le Milano che non si parlano
Qui i linguaggi artistici sono la chiave principale: teatro, arte, attività manipolativa, grafica… tutto è utile per fare esperienza dell’espressività, di chi si è e di che cosa si può essere capaci di fare, se accompagnati. «Abbiamo portato i bambini a visitare il quartiere e la città, dalla Fondazione Prada alla sede della Regione, ricostruendone una mappa fatta con i loro occhi: volevamo superare la separazione tra due mondi che a volte sembrano non parlarsi». I partecipanti sono alunni iscritti alla scuola, segnalati dagli insegnanti o “inviati” dal quartiere stesso. Ci si concentra in particolare sulla fascia d’età che va dalla IV primaria alla I secondaria di secondo grado: «È il momento in cui si gioca la relazione con la scuola e in cui prende forma il rischio di abbandono. In quella fase un ragazzino sente e decide se ha la possibilità di emergere o se la scuola la vivrà a fatica, uscendone a spinte. È per questo che interveniamo qui», spiega Cristoferi.
Le proposte del presidio educativo non sono mai generiche per quella fascia d’età, ma specifiche per quel gruppo di ragazzi
Partire dai ragazzi
Il punto di forza della proposta è la profonda conoscenza dei partecipanti: «Essendo i ragazzini alunni della scuola, il programma delle attività per i ragazzi e per le famiglie è disegnato esattamente su quel gruppo: le proposte non sono mai generiche per quella fascia d’età, ma specifiche per quel gruppo di ragazzi», continua Cristoferi. Parte del lavoro riguarda i genitori: «Il coordinatore e il supervisore non si limitano solo a fare da guida per gli aspetti metodologici, ma si occupano anche di definire e realizzare le attività con le famiglie, in tanti aspetti. Ci sono bambini che arrivano con un sacchetto di patatine per pranzo, altri che vanno a scuola con l’ansia. Può sembrare una banalità ma non lo è affatto: l’esistenza di una rete, l’avere delle relazioni facilitate con altri soggetti del quartiere rende tutto più semplice, così che quando si intercetta una situazione di bisogno è davvero immediato l’attivazione dell’aiuto più appropriato». Il presidio vive grazie ai volontari: dai giovani in servizio civile agli scout, dai sostenitori Ciai ad alcuni adulti del quartiere che si sono messi in gioco per i bambini. «È bello che ci siano tante generazioni contemporaneamente», annota Paola.
Milano Sud: vediamoci dal kebabbaro
Proprio i preadolescenti di Milano Sud hanno raccontato la “loro” Milano nel documentario Traiettorie, che a fine maggio è stato proiettato nelle tre scuole coinvolte – l’istituto comprensivo statale Capponi alla Barona, Filzi al Vigenitno e Sottocorno a Rogoredo. Non c’erano solo i ragazzi e le ragazze, gli insegnanti e le famiglie, ma anche la popolazione del quartiere. Il progetto Prismi (dove Prismi sta per Percorsi e Relazioni per l’Inclusione nel Sud Milano) nasce dalla collaborazione tra Ciai, Associazione Psyché, Associazione verdeFestival, Celim, Cinemovel Foundation, Fondazione Snam e le tre scuole ed è stato finanziato dal Dipartimento per le Politiche di Coesione e per il Sud nell’ambito del Fondo Sviluppo e Coesione.
Milano è la protagonista del numero di VITA magazine di settembre: “Milano double-face” offre una lucida analisi dei molteplici aspetti che caratterizzano questa città così discussa, tanto esclusiva quanto escludente. Se hai un abbonamento scopri tutti i contenuti (e grazie per il supporto che ci dai). Se invece desideri abbonarti, puoi farlo da qui.
«Insieme ci siamo dati l’obiettivo di mettere a sistema nelle scuole un modello di intervento integrato, che accompagni le alunne e gli alunni nel passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di I grado e li supporti nell’esplorazione delle proprie risorse, interne ed esterne e nell’acquisizione degli strumenti necessari per iniziare a costruire il bagaglio per il viaggio verso il proprio futuro», racconta Cristoferi. Un bagaglio arricchito dalle esperienze che favoriscono una maggiore conoscenza di sé e del mondo che vivono ogni giorno, che stimolino il pensiero critico, che facciano emergere talenti e promuovano autostima, motivazione e impegno. Prismi ha portato dentro le tre scuole tanti linguaggi diversi, dalla slum poetry all’arteterapia: «In seconda e terza media abbiamo chiesto un passetto in più, di prendere parola e iniziare a dire come stanno».
Hanno portato i loro luoghi importanti: il gelataio, la piazza, il kebabbaro. Da lì capisci che non ci sono luoghi di aggregazione per loro
Il Laboratorio Cine-in-giro, curato da Cinemovel Foundation, ha portato i bambini e le bambine in giro per il loro quartiere armati di videocamera e microfono, per raccontarlo come lo vivono loro», spiega Cristoferi. Il documentario è stato realizzato dai ragazzi e dalle ragazze stessi, con la direzione creativa di Michele Rho e Marco Scotuzzi: «Hanno raccontato se stessi, attraverso gli spazi. Il loro racconto naturalmente ha delle ingenuità, ma anche la potenza della immediatezza, che se c’è una continua mediazione dell’adulto non raggiungi».
Hanno portato i loro luoghi importanti: il gelataio, la piazza, il kebabbaro: «Così per esempio capisci che non ci sono luoghi di aggregazione per loro, solo quelli», annota Paola. Raccontano la bellezza, perché vedono la bellezza: «C’è un ragazzo che racconta di come ami restare sul bus fino al capolinea, per arrivare al confine con la campagna. Tanti ragazzi che vivono ai limiti della città hanno raccontato la loro relazione con gli spazi della natura, di tramonti e di alberi». E insieme però «colpisce anche nel loro racconto l’assenza delle persone».
Tutti raccontano una città che non è a misura loro, da cui doversi difendere per i rumori, i pericoli… Non c’è un senso di volersi riappropriare, anche violentemente, degli spazi: c’è più la voglia di andare lontano, per esempio in campagna. È una generazione meno ribelle, ma che cerca il suo piccolo spazio di pace
Una solitudine saggia
È un racconto da cui emerge – conclude Cristoferi – «una saggezza solitaria o una solitudine saggia. Ognuno racconta la sua adolescenza e la sua ricerca di pace, tutti raccontano una città che non è a misura loro, da cui doversi difendere per i rumori, i pericoli… Non c’è un senso di volersi riappropriare, anche violentemente degli spazi: c’è più la voglia di andare lontano, in campagna. È una generazione meno ribelle, ma che cerca il suo piccolo spazio di pace. Nel documentario ci sono tante chicche, è uno strumento per noi adulti per metterci in ascolto dei ragazzi. Ora bisogna decidere come usare quello che ci hanno detto».
Le immagini del presidio educativo Ciai e del laboratorio Cine-in-giro sono dell’ufficio stampa di Ciai
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