Non profit

La società dei pixel oscura i nostri volti

Cesare Scoccimarro e Stefania Bastianello, Adina onlus

di Redazione

La tendenza a “camuffare” le immagini sui giornali è emblematica del modo in cui i media rifiutano la diversitàCesare Scoccimarro ha 45 anni, è malato di Sla. Insieme alla moglie Stefania Bastianello ha dato vita ad Adina onlus, associazione per i diritti dei disabili e delle persone non autosufficienti.Non è del tutto vero che i disabili non si facciano sentire, e se è vero lo è solo in parte. Il problema serio riguarda i media che filtrano i contenuti, appiattendoli su una prevalente cultura della morte. Il caso dell’inglese Craig Ewert, 59enne malato di sclerosi laterale amiotrofica che si è tolto la vita in una clinica svizzera di fronte alle telecamere della diretta tv, è un chiaro e drammatico esempio di come la cultura della morte fa scalpore, quella della vita no.
La seconda riflessione riguarda, a nostro avviso, la necessità di creare una super associazione che raccolga sotto un unico cappello tutte le associazioni dei disabili, tutelandone e rappresentandone i diritti indipendentemente dalla singola patologia. Ci sembra, infatti, che quelle attualmente esistenti, come la Fish o la Ledha, non abbiano sufficiente forza contrattuale. Fra le molteplici voci che dalla società civile si sono levate attorno alla vicenda Englaro è mancata quella del mondo della disabilità: le realtà oggi rappresentative non hanno la forza necessaria per fare udire le proprie ragioni.
I disabili non sono mai stati nella pubblica piazza: i casi citati di Rosanna Benzi e Nadia Di Bella non sono che meravigliose eccezioni, espresse da un contesto culturale e da una società “civile” molto diversi da quelli attuali. Da allora è cambiato qualcosa nel tipo di obiettivi da considerarsi desiderabili e perseguibili: oggi, senz’altro la carriera, la bellezza, il benessere economico; certamente non l’accoglienza della disabilità e del capitale sociale. Ma soprattutto è cambiato il nostro modo di rapportarci all’esistenza, incapaci di guardare alla realtà tutta, anche nell’asprezza e nella diversità delle sue manifestazioni. Emblematica la tendenza aberrante che sta prendendo piede in tv e sui giornali di pixelare i volti dei disabili. È accaduto recentemente su un importante quotidiano a una persona amica, un grande uomo colpito da sindrome locked-in, la cui immagine è stata ritenuta non idonea al sentimento di pudore dei lettori. Ci chiediamo di cosa si stia parlando, di cosa stiano parlando i media: della realtà, fatta anche di dolore, di apparente bruttezza (che spesso è tale solo per chi la guarda, non per chi la vive), o di pura fantasia?! Noi disabili ci siamo: sta anche a voi volerci vedere.

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