Cultura
La società col turbo ha fuso il motore
Ulrich Beck è il sociologo che contesta la religione della crescita. I suoi saggi dimostrano che l'alternativa al modello occidentale è in cantiere. Meno utopistica di quel che sembri
Europa Felix
di Ulrich Beck
Carocci, Lire 18.000
L’Europa è finalmente unita in nome della flessibilità. Saremo più flessibili, dunque, ma anche più felici? L’ultima, provocatoria tesi di Urlich Beck, docente all’Università di Monaco e alla London School of Economics, è fuori dagli schemi, paradossale come sempre. E come il titolo del suo ultimo libro, Europa felix (Carocci, 18.000). «Chi promette di avere la ricetta contro l’occupazione dice il falso», scrive amaramente Beck. Perché è vero che negli ultimi vent’anni i Paesi dell’Unione si sono arricchiti del 50-70%. Ed è anche vero che l’economia è cresciuta molto più rapidamente della popolazione. Ma è anche vero che l’Ue conta oggi «venti milioni di disoccupati, cinquanta milioni di poveri e cinque milioni di senzatetto».
L’analisi di Beck non ha ombre, solo luci inquietanti. I tre modelli di futuro sociale presentati in questo inizio di millennio dai vari soggetti politici – «paradiso degli investimenti», «terza via», «miracolo economico-ecologico» – concordano su un punto fondamentale: per ricreare la piena occupazione, e dunque la felicità sociale, bastano un po’ di buona volontà e uno sforzo comune. Un perno che al sociologo tedesco non appare solo «politicamente semplicistico», ma «addirittura irresponsabile». Perché è ciò che nasconde a non reggere: «la religione della crescita», la fede nella necessità di una «nuova crescita turbo» che renderebbe possibile anche un rinnovamento complessivo della società del lavoro.
«Non si può far finta», chiosa polemicamente Beck, «di non accorgersi che i logoranti dubbi sulla religione della crescita siano soverchiati dall’equipaggiamento morale». Come dire che chiunque, per salvare la società del lavoro, punti sulla crescita punta in realtà «ecologicamente e socialmente sulle cause che la minacciano», sulle contrapposizioni piuttosto che sulle conciliazioni: tra economia ed ecologia, tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri. «La produttività logora i propri artefici», stigmatizza Beck, perché si creano nuovi posti di lavoro solo se l’economia cresce sensibilmente più dell’efficienza dei lavoratori. Per questo tutti i politici promettono nuovi posti di lavoro ma non dicono mai dove, dove li creeranno. Perché nessuno ha il coraggio di dire che «l’equazione più crescita uguale più posti di lavoro» non vale più perché ormai da troppo tempo la crescita riposa sostanzialmente su salti tecnologici, quindi sulla diminuzione di ciò che un tempo era chiamato il lavoro.
Da qui però, come un improvviso ultimo salto mortale, la società dei disoccupati felici di Beck. Solo in una società che trasformi la mancanza di lavoro in abbondanza di tempo e in spazi politici da ideare liberamente è possibile essere felici. Solo dalla rottura, la ricerca e il conflitto tra vecchio concetto di lavoro totale e nuove bugie per la sua riesumazione è possibile rianimare politicamente la società «al di là dell’imperialismo del lavoro», sino a rifondarla. Ma per questo fine, conclude Beck, è «indispensabile che il pluralismo delle attività – lavoro salariato, domestico, autonomo, e il (non) lavoro d’impegno civile – sia riconosciuto e valorizzato. Creando un contratto sociale di base, un “contratto di attività” che consenta alle persone di scegliere e di cambiare tra diversi ambiti di occupazione».
Sembra un’utopia, chiude Beck, ma è piuttosto una linea di sviluppo sempre più presente. E soprattutto deve essere un’indicazione di direzione contro lo smarrimento e l’apoliticità del neofeudalesimo proposto dai vari sostenitori della nuova crescita turbo.
In uscita
L’Italia ha scoperto Ulrich Beck e le proposte degli editori si moltiplicano. Una scelta comprensibile visto l’attenzione ai temi del globalismo in vista del prossimo G8 genovese. La prossima uscita, prevista per fine maggio, la propone Asterios, un editore triestino che di Beck ha già pubblicato Il manifesto cosmopolitico (30 pagine, L. 7.000). La società globale del rischio (240 pagine, L. 39.000) raccoglie alcuni saggi in cui il sociologo tedesco propone una visione politica dettata dalla condivisione del rischio, nuova base di coesione sociale.
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