Non profit
La società civile cè, ma fuori dai recinti dei partiti
32 associazioni di 28 Paesi del vecchio continente hanno risposto a un sondaggio. Che viene presentato a Riva del Garda il 24 giugno.
L?astensionismo degli elettori europei è figlio dello scollamento tra società civile e istituzioni politiche: un gap che va colmato con interventi legislativi comunitari, ma soprattutto con un salto culturale dei governi. è questo il messaggio che Cittadinanzattiva lancia venerdì 24 giugno, quando apre a Riva del Garda il suo congresso nazionale, con i rappresentanti della società civile di tutta Europa.
Le organizzazioni civiche nell?Unione europea sono un arcipelago poco conosciuto dal pubblico, spesso confuso con altre forme di associazionismo. Acn – Active Citizenship Network, il network europeo di Cittadinanzattiva, ha analizzato il loro ruolo e il rapporto con le istituzioni governative in una ricerca che ha coinvolto 32 organizzazioni di 28 Paesi, diverse nella forma giuridica ma accomunate dall?obiettivo di partecipare attivamente alla cura dei beni comuni e alla tutela dei diritti. «Non volevamo indagare il volontariato o l?associazionismo nel loro complesso, ma il fenomeno detto della sussidiarietà orizzontale, ovvero il ruolo di supplenza a compiti che sarebbero propri dello Stato nel loro complesso, un ruolo che lo Stato riconosce con la legge e con il sostegno finanziario», spiega il coordinatore della ricerca, Giovanni Moro.
Un obiettivo difficile a partire dai dati statistici, che nella maggior parte dei casi (15 Stati) sono troppo ampi, comprendendo le forme associative più disparate, dai partiti politici agli enti religiosi. Sono almeno trenta le differenti definizioni riferite, nei diversi Paesi, alle organizzazioni di cittadini. Ma gli ostacoli formali non hanno impedito ai ricercatori di riscontrare una grandissima vitalità, confermata anche dall?interesse verso la ricerca: hanno infatti risposto ai questionari il 61% degli intervistati, percentuale record per un sondaggio d?opinione. Tra di loro, associazioni di consumatori, gruppi ambientalisti, organizzazioni sanitarie, ma pure giornalisti, studiosi e imprenditori.
«Nei Paesi dell?ex blocco sovietico ci aspettavamo di trovare un livello di organizzazione inferiore all?Occidente, invece non abbiamo niente da insegnare. Hanno recuperato molto in fretta il tempo perduto, forse proprio perché la ricostruzione sociale è stata una delle priorità delle nuove democrazie», spiega Moro.
Qual è lo status delle organizzazioni di cittadini dal punto di vista delle strutture istituzionali nazionali? In 16 Paesi il ruolo dei cittadini nella vita pubblica è definito dalla Costituzione, in 22 da leggi, in 4 da regolamenti e atti amministrativi, in uno solo in carte e protocolli.
Quanto alle istituzioni incaricate del riconoscimento, il ministero degli Interni e il ministero della Giustizia sono le due istituzioni maggiormente coinvolte. «Un segnale della schizofrenia che ancora pervade i governi: da un lato hanno bisogno di cittadini organizzati, dall?altro li temono come pericolosi concorrenti», dice ancora Moro. «La seconda causa che porta a negare legittimità alle organizzazioni, dopo le irregolarità amministrative, è la minaccia alla pubblica sicurezza».
Per quanto riguarda le forme di sostegno economico, la più diffusa è l?esenzione fiscale (19 Paesi) seguita dalle sovvenzioni ai progetti (8 Paesi). In 19 è in vigore la deducibilità fiscale delle donazioni da parte di singoli o di imprese, ma le percentuali sono ovunque piuttosto basse.
«La volontà politica di sostenere la società civil è un fatto acquisito in tutta Europa», conclude Moro. Ma il gap tra politica e realtà quotidiana, però, è una delle criticità emerse dalla ricerca con maggiore evidenza».
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