Welfare

La Social card perde 26 milioni

I conti "segreti" della tessera voluta da Tremonti

di Francesco Dente

A tanto ammontano le spese di spedizione e produzione della carta. A cui vanno aggiunti quelli di attestazione Isee e ricarica. In tutto va così in fumo il 4% dello stanziamentoVentisei milioni. Da tirar fuori, quasi per intero, ogni anno. Non sono tanti, specie se si considera la portata dell’intervento messo in campo, ma non sono neanche pochi. È il costo massimo che lo Stato sopporterà per la gestione amministrativa della social card, lo strumento voluto dal ministro Tremonti per sostenere i consumi delle famiglie in difficoltà che contano anziani over 65 e minori di 3 anni. La stima è di Franco Pesaresi, presidente dell’Anoss, l’Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari, che ha curato un dossier sulla carta acquisti. Lo studio conferma una serie di dubbi sulla regolamentazione e sulla dimensione dei benefici introdotti e fa luce su aspetti non ancora esplorati nel dibattito sulla carta acquisti.
Punti deboli che se non saranno modificati, osserva il presidente dell’Anoss, difficilmente cambieranno gli insoddisfacenti risultati ottenuti finora: attivate solo 560mila carte, rispetto a una previsione di 1,3 milioni. Il riferimento è ai requisiti di accesso «arbitrari» – le famiglie povere che, ad esempio, hanno un bambino di quattro anni, osserva Pesaresi, non avranno nulla e questo è «evidentemente iniquo e privo di giustificazione» – ma anche all’anonimato, al finanziamento privato della carta, all’esperienza degli altri Paesi.

Il costo amministrativo
Secondo l’Anoss il costo di gestione di ogni carta è di 20 euro. Pesaresi, tariffe alla mano, ha calcolato la spesa per: spedizione della lettera alle famiglie, produzione della tessera, attestazione Isee e ricarica affidata alle Poste. Totale: 26 milioni di euro che, diviso 1,3 milioni di social card previste, fa 20 euro. Il costo complessivo, osserva il presidente dell’associazione, pari al 4% dello stanziamento per la social card «supera largamente quell’1,5% di spese amministrative» ipotizzato dal decreto attuativo.

La carta non è anonima
Le istruzioni per l’utilizzo della carta presso gli esercizi commerciali convenzionati prevedono che sulla ricevuta emessa dal Pos sia apposta la firma del titolare (come avviene per le carte di credito), conforme a quella apposta sul retro della carta, e che, inoltre, gli esercizi commerciali possano richiedere al titolare l’esibizione di un documento di riconoscimento. È del tutto evidente, per l’Anoss, che l’uso della social card non può essere anonimo. Se è vero infatti che il Garante per la privacy ha vietato che sulla carta sia stampato il nome del titolare, per il resto, scrive Pesaresi: «Le procedure richiedono la firma e la possibile identificazione del possessore».

Il finanziamento privato
Il Fondo per la carta acquisti (420 milioni) è finanziato in buona parte da donazioni di Eni (200) ed Enel (50 milioni). Donazioni che le due società hanno effettuato attraverso le rispettive fondazioni sociali Eni Foundation ed Enel Cuore. Motivo del passaggio, spiega l’Anoss, la possibilità di dedurre il contributo dalle tasse (nel limite del 2% di impresa). Quanto all’Eni, Pesaresi pone due interrogativi. Il primo sul «conflitto di interessi» del ministero dell’Economia che fa una richiesta di donazione all’Eni, di cui è azionista di maggioranza. Secondo: «È corretto che lo Stato, che è azionista della società per azioni, richieda formalmente a questa una donazione a suo favore modificando in modo significativo il risultato d’esercizio della società?».

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