Cultura
La situazione dei soccorsi. Quello strano mistero dei profughi
Nei primi giorni di conflitto non è scappato nessuno. Perché? Intorno a Bagdad cè il deserto. E poi...
Il bilancio della prima settimana di aiuti umanitari ai civili iracheni è racchiuso nel Rap delle ong. Che non è una canzone, ma un formulario di tre pagine, in inglese Rapid Assessment Process, distribuito dall?Onu in cui inserire informazioni utili sulla necessità di cibo, assistenza medica, acqua o altri aiuti nell?Iraq del dopo conflitto. Ma finché il ?regno? di Saddam Hussein non sarà ?pacificato?, fanno sapere da Washington, il personale di ong e agenzie umanitarie evacuate prima della guerra non ha il permesso di entrare in Iraq. Ai civili ci pensano i soldati inglesi e americani. “Entro 36 ore”, dichiara il 23 marzo in diretta tv il presidente Bush. Che però lascia scadere il suo ultimatum umanitario: solo il 25 marzo la Bbc avvista la prima nave di aiuti nel porto iracheno di Umm Qasr. Possibile?
Tante tende per 20 persone
Sì. Durante la prima settimana di guerra, le agenzie Onu e la società civile di stanza nel Golfo hanno concentrato i loro sforzi nei Paesi confinanti con l?Iraq. Obiettivo: assistere i 600 mila profughi che l?Onu stimava sarebbero fuggiti ai primi accenni di bombardamenti. “Sarebbero “, perché, al 25 marzo, gli unici ad aver utilizzato gli oltre 20 campi profughi allestiti tra Siria, Giordania e Iran, sono stati 14 iracheni. È una buona o una cattiva notizia che in sette giorni di guerra questa volta nessuno si sia dato alla fuga?
“Gli iracheni hanno paura delle bombe che cadono anche di giorno e per il momento hanno cibo sufficiente”, spiegano dall?Acnur. Ma fra le ong impegnate in Iraq serpeggia il sospetto che potrebbero essere i soldati iracheni a impedire la fuga dei civili. La macchina umanitaria è pronta. In Giordania, dove l?Acnur, Oxfam e l?Hashemite Charity Organization gestiscono il campo di Ruwaished pronto ad accogliere 2mila persone. Al confine tra Turchia e Iraq, monitorato da unità mobili dell?Agenzia Onu per i rifugiati, e anche in Kuwait dove 45 cooperative ogni giorno preparano razioni alimentari con cui sfamare civili e prigionieri di guerra. Ogni cooperativa ne confeziona circa mille al giorno.
Ma non è da questi kit che dipenderà la sopravvivenza di 22 milioni di iracheni se la fase di ?pacificazione? dovesse durare a lungo e le ong non potessero intervenire. Per loro l?unica speranza è riattivare il programma Oil for food, petrolio in cambio di cibo, da cui prima del conflitto dipendeva il 60% della popolazione.
L?inutile richiesta di Kofi Annan
Programma che potrebbe essere immediatamente riattivato per un periodo di 45 giorni con una nuova risoluzione dell?Onu. Che però tarda ad arrivare. Già. Perché se Kofi Annan si dice disposto a riaprire lo scambio di petrolio e cibo anche sotto il controllo delle forze d?occupazione “per il bene degli iracheni”, Francia, Cina, Russia e Siria non ne vogliono sapere. L?Onu non deve scendere a patti col nemico, e poco importa se ci sono 8,9 miliardi di dollari che attendono di essere spesi in aiuti umanitari.
Ma il segretario generale delle Nazioni Unite è alle prese con un altro problema: “Finita la guerra, Bush intende governare l?Iraq con un corpo di pace americano bypassando completamente l?Onu”, svela il New York Times del 25 marzo. E i guai per il numero uno del Palazzo di Vetro non finiscono qui: tutte le sue agenzie impegnate nel Golfo sono in rosso. A cominciare dall?Acnur. Forse per la vergogna, tra il 24 e il 25 marzo, Bruxelles ha stanziato 100 milioni di euro per aiuti immediati, Tony Blair ha donato 45 milioni di euro all?Onu, il Giappone 5 milioni di dollari e perfino l?Italia è scesa in campo. Per aiutare i profughi, il 25 marzo, il sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver ha stanziato 10 milioni di euro. Quando arriveranno a destinazione? Laura Boldrini dell?Acnur, cui andrà la metà dello stanziamento, risponde così: “Manca un atto concreto del governo che vuol proteggere i rifugiati ma non ha adottato la direttiva europea che consente di farlo”.
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