Famiglia
La shoah e le smanie per la villeggiatura
La nuova straordinaria opera di Appelfeld
Dopo diverse vicissitudini editoriali, torna a presentarsi sotto l?ala di un grande editore uno dei maggiori scrittori del mondo, Aharon Appelfeld, classe 1932, originario della Bucovina (tra Romania e Ucraina) e oggi cittadino israeliano. Vorrei fermare la mia attenzione su un punto solo: la scrittura di Appelfeld. Lo scrittore la presenta in modo esemplare quando, nell?introduzione alla sua Storia di una vita, dice da un lato che «la nostra memoria è fuggevole e selettiva» e che «prende dal denso flusso degli eventi alcuni particolari, a volte fatti di poca importanza, li immagazzina e in un certo momento li riporta a galla» e, dall?altro lato, che «ciò che è rimasto a tratti sembra un nulla e, malgrado ciò, quando ho accostato le parti ho sentito che non solo gli anni le uniscono, ma anche un senso».
Da queste frasi traggo una parola: il verbo accostare. La scrittura di Appelfeld è una scrittura fatta di accostamenti. In Badenheim 1939 la tragedia che si addensa su una cittadina turistica dell?Austria non viene narrata attraverso gli eventi principali, le cause, i principi di modificazione degli eventi, ma solo tramite gli effetti visibili. I piccoli fatti si compongono, uno accanto all?altro, come scene in sé compiute, spesso marginali, quasi insignificanti: sono quadretti, istantanee, polaroid. Percepiamo che il tempo non è presente dentro quelle immagini, ma tra un?immagine e l?altra. Il cambiamento avviene per passaggi minimi, inavvertibili. È un mondo a pezzi, che lo scrittore, pian piano – senza preoccuparsi troppo di dare al tutto una coerenza ferrea o di dire sempre cose decisive – mette insieme: accosta, appunto.
Tra un?immagine e l?altra avvertiamo il silenzio del tempo, la sua crudeltà, le sue possibilità maligne. Ma Appelfeld non rinuncia per questo a mostrarci la bellezza di quelle scene semplici. Nonostante il male sia alle porte, pronto a rovinare questa bellezza, la penna dello scrittore ne salva ugualmente dei pezzi, li custodisce. L?orrore della storia non può mai cancellare un inizio che sta prima del tempo. La bellezza è questo inizio, perché conserva il segreto che precede il tempo. Anche i simboli, candelabri che illuminano il paesaggio interiore del libro, emergono quasi casualmente, elementi naturali accanto agli altri: come elementi donati.
Questa è la scrittura di Appelfeld. Anche nei momenti più crudeli noi percepiamo la parola, il volto, il fatto (piccolo o grande che sia) come un regalo che lo scrittore riceve e rimette sulla pagina così come l?ha ricevuto. Così il senso del tempo si rivela, come nella Bibbia, storia dopo storia, episodio dopo episodio, scena dopo scena, non come una costruzione dello scrittore ma come qualcosa che emerge dal racconto in modo discreto ma anche inesorabile.
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