Latte alla melamina. Mozzarella alla diossina. Nuovi casi
che riportano al centro il tema dell’etichetta trasparente per i prodotti alimentari, la migliore garanzia per i consumatori di Elisa Cozzarini
G li italiani si fidano del cibo che mangiano e di chi lo produce. Però chiedono più controlli in tutte le fasi di produzione, sulle materie prime, sulla scadenza e freschezza del cibo in vendita. Lo dice il sondaggio Gusto responsabile? realizzato da Doxa -Federalimentare. Il 73% del campione di mille intervistati è soddisfatto di ciò che consuma, nonostante scandali come il latte cinese alla melamina o la mozzarella campana alla diossina.
«Di controlli però non ce ne sono mai abbastanza e andrebbero potenziati», afferma Beppe Riccardi del Movimento Consumatori, «soprattutto alla frontiera. Ma quello che serve è la tracciabilità del prodotto. La migliore garanzia per i consumatori, infatti, è conoscere il processo produttivo di un alimento. Per la sicurezza è importante la possibilità di risalire all’origine del prodotto e bloccare i danni alla fonte».
Sulla tracciabilità insiste da tempo anche Coldiretti. Ad esempio, nel caso del latte, i rischi di contaminazione si evitano scegliendo quello proveniente dalle stalle italiane, che assicura qualità e sicurezza alimentare. Il latte fresco è tra i prodotti, assieme all’ortofrutta, le carni bovine e avicole, le uova, il miele, la passata di pomodoro e i prodotti ittici, per cui in Italia è necessaria per legge l’indicazione d’origine. «Ora occorre varare norme anche per altri prodotti nazionali come l’olio d’oliva, le carni suine e ovine, i prodotti dolciari, i succhi di frutta, il latte a lunga conservazione, i grassi e gli oli vegetali. Attendiamo che il ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia faccia i relativi decreti, come promesso», continua Riccardi.
L’Italia, con la legge 204 del 2004, aveva già reso obbligatoria, dal 1° gennaio 2005, la completa rintracciabilità dei prodotti. Questa norma risulta però in contrasto con il diritto comunitario e la Commissione europea ha chiesto che venisse applicata esclusivamente ai prodotti nazionali e non a quelli provenienti da altri Paesi. A detta dell’associazione di categoria Federalimentare, «il far sapere l’origine dei prodotti e le trasformazioni successive non è necessario e genererebbe confusione nel consumatore. La sicurezza e la qualità date dalla “marca”, le analisi dell’autocontrollo e i controlli pubblici effettuati ogni anno dai vari enti preposti, sono garanzie sufficienti». Riccardi obietta che è fondamentale la libertà di scelta: «Se un consumatore vuole acquistare un prodotto straniero, è liberissimo di farlo, come pure se vuole sceglierne uno nazionale. Ma come fa a decidere se non può conoscerne l’origine? Lasciamo che sia il consumatore a scegliere, non solo chi produce».
Silvia Biasetto , uno dei curatori di Italia a tavola 2008 , il quinto rapporto sulla sicurezza alimentare realizzato da Legambiente e Movimento per la difesa del cittadino, afferma: «Con il passare degli anni abbiamo constatato che il numero dei controlli aumenta e man mano si agisce in modo più mirato. Ad esempio, di recente si è iniziato a fare verifiche anche sui prodotti venduti via Internet e sugli ogm. Questo indica un’attenzione ai cambiamenti del mercato. Noi pensiamo però che bisognerebbe lavorare di più sulle percentuali di campionamento. Per la Cina, ad esempio, l’1% non basta. Un altro punto su cui sarebbe necessario lavorare è l’informazione ai consumatori. Le istituzioni che fanno i controlli dovrebbero comunicare in modo più trasparente con il pubblico, evitando che le notizie vengano date dalla stampa con toni allarmistici. Questo crea il panico e non giova né ai produttori né ai consumatori».
Chi controlla?
Sono diversi gli organi che vigilano sulla sicurezza alimentare. Quest’anno i Nas, Nuclei antisofisticazioni e sanità dell’Arma dei Carabinieri, hanno effettuato 19.358 ispezioni, arrestato 48 persone e contestato oltre 4mila infrazioni di natura penale e 12mila di carattere amministrativo. Un ruolo importante lo svolgono anche il Corpo forestale dello Stato, le Capitanerie di Porto, la Guardia di Finanza, l’Istituto controllo qualità del ministero delle Politiche agricole e le Asl. I controlli alle frontiere sono effettuati dagli Usmaf – Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera per gli alimenti vegetali provenienti da Paesi non Ue e dai Pif – Posti d’ispezione frontaliera per i cibi di origine animale. Conclude Francesco Ferrante di Legambiente: «A garanzia della salute dei consumatori e delle produzioni eccellenti sarebbe utile lavorare meglio anche sulla prevenzione, non solo sulla repressione. Sarebbe necessaria una maggiore incisività dell’Efsa, l’Agenzia per la sicurezza alimentare europea, che, invece, continua ad autorizzare senza troppi scrupoli il via libera a prodotti di cui non abbiamo davvero bisogno, di fatto invalidando gli sforzi a tutela della qualità e del benessere agricolo e alimentare in Italia».
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